La storia del microscopio semplice si intreccia con quella della lente di ingrandimento e degli strumenti ottici che la sfruttano. Alcuni storici della scienza ritengano che l'invenzione del microscopio sia del grande Galileo Galilei che, nel 1624, avrebbe messo a punto un telescopio di dimensioni ridotte, chiamato occhialino.
Secondo altri studiosi, invece, l'invenzione sarebbe di Zacaria Jannsen, un olandese che, nel 1595, avrebbe creato il prototipo di uno strumento lungo circa 40 centimetri, composto da tre tubi che scorrevano uno dentro l’altro. Sarebbero poi stati i figli di Zacaria a perfezionare l'invenzione.
DAL MICROSCOPIO OTTICO AL MICROSCOPIO ELETTRONICO
Il microscopio elettronico, invece, fu ideato negli anni '30 del secolo scorso da Manfred von Ardenne e Ernst Ruska. Con il microscopio elettronico l’oggetto sul vetrino viene esaminato con un fascio di elettroni, anziché con la luce visibile. Il risultato è che l'ingrandimento di un particolare può superare le 100 mila volte.
Negli anni successivi sono stati inventati altri tipi di microscopio. Il più potente è quello chiamato microscopio a effetto tunnel ed è stato creato a Zurigo, nel 1981, da Gerd Binnig e Heinrich Rohrer: può ingrandire la materia fino a ben 100 milioni di volte!
Per questa invenzione i due, che erano scienziati all'Ibm (per decenni la più importante azienda tecnologica americana), hanno ricevuto il premio Nobel!
MA COME FUNZIONA?
Il microscopio ottico utilizza la luce per ingrandire l'immagine di un oggetto facendola passare attraverso una lente. La forma più "basic" di questo rivoluzionario strumento è composta da due sistemi di lenti, un obiettivo e un oculare, ossia quella parte dove inseriamo l'occhio per guardare il soggetto dell'osservazione.
L'obiettivo restituisce un'immagine ingrandita dell'oggetto reale, la quale si forma nel punto focale dell'oculare. La capacità d'ingrandimento totale del microscopio è data dalla lunghezza focale dei due sistemi di lenti.
Oltre alla strumentazione "ottica", il microscopio si compone di dispositivi per regolare la distanza dell'obiettivo dall'oggetto (e quindi modificare l'ingrandimento) e un piano dove posizionare i vetrini contenenti di campioni da analizzare. Tale piano, detto "portacampioni" reca un foro per far passare la luce emessa sotto il piano o riflessa da uno specchio.