AVROCAR, LA RIVOLUZIONE MANCATA DEL VOLO
Anche grazie agli studi di Leonardo da Vinci sui volatili, l’aeroplano è nato con le ali ed è rimasto più o meno così fino a oggi. Ma la forma dell’ala – e la sua capacità di creare una forza portante quando investita da un flusso d’aria – non è l’unica che si possa sfruttare per volare.
Ad esempio per alzarsi da terra si potrebbe sfruttare l’“effetto Coanda”: un fenomeno utilizzato per la prima volta dall’inventore romeno Henri Coanda nel 1910, benché fosse stato scoperto dal fisico britannico Thomas Young più di un secolo prima.
Proprio sulla base di questa idea, tra il 1953 e il 1958 la ditta canadese Avro studiò un progetto per un caccia dalle caratteristiche eccezionali: supersonico, ma allo stesso tempo in grado di decollare verticalmente e fermarsi sospeso nell’aria come un elicottero. Nel 1958 decise di realizzarne prima una versione più piccola, chiamata Avrocar. Nei tre anni successivi i prototipi volarono e molte difficoltà tecniche vennero superate. Sfortunatamente le prestazioni non furono mai all’altezza delle promesse. E l’aeronautica militare americana, che stava finanziando il progetto, decise di abbandonarlo.
COM'ERA FATTO (E PERCHÈ VENNE ABBANDONATO)
Aveva tre motori a jet che soffiavano su una turbina, la quale a sua volta metteva in rotazione un grosso compressore centrale. L’aria aspirata, miscelata con i gas dai motori a reazione, veniva convogliata internamente fino al bordo del disco, dove veniva espulsa verso il basso creando il cuscino d’aria che sosteneva il velivolo.
L’Avrocar avrebbe dovuto raggiungere una velocità massima di 400-500 km/h e una quota operativa di 3.000 metri. Invece non riuscì ad alzarsi oltre 1 metro da terra. E anche la massima velocità era assai deludente: circa 50 km/h.
NUOVA VITA AL COANDA
In base all'effetto Coanda il getto di un qualsiasi fluido, come per esempio l’acqua o l’aria, tende ad aderire a una superficie vicina e a seguirne il contorno. Per provarlo basta avvicinare un cucchiaio al getto d’acqua del rubinetto!
Questo effetto venne sfruttato per molte applicazioni nell’aerodinamica: tanti aeroplani usano infatti dei sistemi per generarlo migliorando le prestazioni delle ali, soprattutto alle basse velocità. Per qualche anno è stato usato anche nelle auto di Formula 1. In quel caso, si sfruttavano i getti degli scarichi del motore, soffiandoli direttamente sulle superfici aerodinamiche che servivano a migliorare l’aderenza alla strada: grazie all’effetto, i profili funzionavano meglio generando minore resistenza.