Focus.it

FocusJunior.it

FocusJunior.itScuolaStoriaTrucchi, tinte e anelli: i segreti di bellezza delle donne etrusche

Trucchi, tinte e anelli: i segreti di bellezza delle donne etrusche

Stampa
Trucchi, tinte e anelli: i segreti di bellezza delle donne etrusche
Getty Images

Sebbene la civiltà etrusca sia ancora oggi una grande mistero per gli studiosi, una cosa è certa: la donna era pari all'uomo e sapeva come prendersi cura del proprio aspetto

Che mistero, questi Etruschi! Una civiltà che si sviluppò soprattutto in Toscana e nel Lazio, ma che si spinse ben oltre ed ebbe rapporti con tutti i maggiori popoli dell'epoca. Un popolo che rappresenta ancora una delle più grandi incognite per gli studiosi, che stanno cercando da lungo tempo di capirne l'origine, la provenienza, la lingua, i costumi. C'è chi dice che sono autoctoni, c'è chi dice che provenissero dall'Anatolia. Di una cosa, però, gli storici sono certi: le donne etrusche erano considerate al pari degli uomini.

Autonoma, emancipata e per molti versi moderna, la donna etrusca partecipava alla vita sociale e pubblica. Non solo. Curava tantissimo il proprio corpo e la propria bellezza, a tal punto che per esaltarla aveva sviluppato una vera e propria arte.

Come si curava il corpo la donna etrusca?

La donna etrusca era raffinata, anche nel trucco. Nonostante all'epoca alcuni storici, proprio per essere così emancipata, la considerassero "scostumata", in realtà era elegante. Un'eleganza testimoniata anche dal loro stesso trucco, molto leggero e sobrio. Usavano belletti e profumi, unguenti che provenivano dall'Egitto, dalla Siria e dalla Fenicia; facevano uso di maschere in caso di pelle grassa, composte di farina d'orzo, lenticchie e gusci d'uovo, mescolati con miele, narciso, resina e amido.

Per il corpo possedevano un vero armamentario. Usavano i situle, una sorta di secchi, per contenere l'acqua a cui venivano aggiunti saponi di cenere e argilla; si detergevano con oli a base di rosmarino e salvia. Per togliersi i peli superflui, avevano pinzette simili a quelle moderne; il "nettaunghie" e il "nettaorecchie" per pulire, ovviamente, unghie e orecchie. Usavano balsami e unguenti (arybolloi, lekitoi, pissidi, askoi, ecc.) con forme molto belle e simboleggianti animali: cigni, anatre, cerbiatti e a volte busti e teste femminili. In più, scatolette di legno con belletti per "colorare" le guance.

Le donne etrusche usavano mettersi anelli alle dita dei piedi e delle mani. In alcuni corredi funebri sono stati trovati decine di vasetti, strumenti per l'uso dei cosmetici, pettini in osso, specchi, pinzette, cucchiaini, spatole, palettine per miscelare ed applicare i cosmetici, bullae (contenitori per profumi da appendere al collo), spille per capelli, orecchini, bracciali, balsamari e molto altro. A Vulci esiste una tomba chiamata "Tomba della truccatrice", risalente al III secolo A.C., in cui sono stati trovati un laghinos (vaso lungo a forma di bottiglia, che veniva riempito di vino in occasione di processioni e funzioni religiose), poi forbici, cucchiai, spatole, ecc.

Cos'era la cista, il beauty-case etrusco

La cista era il beauty-case delle etrusche. Essa conteneva tutto il necessario per la bellezza esteriore. Era spesso di forma cilindrica, con rivestimenti di bronzo, avorio, cuoio, oro e argento. La cista era prodotta soprattutto a Praeneste (l'attuale Palestrina), nel Lazio. In essa le donne portavano specchi, sacchetti di cuoio con sabbia che veniva mescolata con olio per pulire la pelle; poi gioielli, oggetti in osso e avorio, pissidi di cosmetici, astucci per il trucco. La cista faceva sempre parte del corredo funerario di una donna e ne definiva la classe sociale.

Lo specchio

Lo specchio aveva un ruolo rilevante tra gli accessori femminili. Di solito riportava nel dorso delle scene tratte dalla mitologia greca o dalla vita quotidiana, oppure soggetti greci mescolati con quelli etruschi. Le decorazioni riguardavano scene di amore e fecondità, oppure di trucco e vestizione. Lo specchio era formato da un disco piatto leggermente convesso, in cui la faccia riflettente era in bronzo e a volte in argento; il dorso aveva le raffigurazioni incise. Il manico poteva essere anch'esso in bronzo, oppure in legno, osso o avorio. Gli etruschi erano grandi produttori di specchi, tanto che questi oggetti diventarono presto tipici del loro artigianato. C'erano atelier specializzati nella fabbricazione di specchi, come a Volterra e a Chiusi.

Il colore della pelle, gli occhi e le labbra

Le etrusche avevano balsamari contenenti una specie di fondotinta per il viso e per le braccia, composto da argilla, terra d'ocra e talco, amalgamato con piccole dosi di grasso animale. Per esaltare il candore della pelle, sul volto veniva spolverato il far clusinum (farro coltivato a Chiusi), una farina dalla polvere molto fine. Per le sopracciglia usavano il "nerofumo", composto da carbone di ossa animali e grasso; era utilizzato anche per il contorno degli occhi.

Gli ombretti erano composti di coloranti minerali e vegetali, mescolati con sostanze grasse. Erano in voga il colorito rosato (ottenuto con petali di rosa), il verde (con malachite), e soprattutto il giallo (con fiori di croco) che venivano applicati sulle palpebre. Sulle labbra si usava il rosso acceso, ottenuto da una terra chiamata milton o applicando una pasta rossa a base di cinabro e sego.

Capelli e acconciature delle donne etrusche

Le donne etrusche si tingevano i capelli. Le chiome diventate grigie per l'età venivano tinte con composti di iperico, salvia e lenticchie. Ma sia le donne che gli uomini amavano sfoggiare chiome bionde o rosse, che di solito contrastavano con le sopracciglia scure e il trucco nero intorno agli occhi. Per schiarire i capelli utilizzavano aceto con olio di lentisco o succo di mela cotogna e ligustro. Per decolorare i capelli, le etrusche usavano lisciva, una soluzione liquida a base di cenere e acqua. Inoltre, venivano assai utilizzati per i capelli oli e pomate importate dall'Oriente. Le pettinature più in voga erano: capelli divisi in due grosse bande e raccolti dietro la testa in una lunga treccina o due che cadevano sul petto. Oppure capelli raccolti in sagome trapezoidali. I lunghi ciuffi erano trattenuti a volte con aghi e crinali, o raccolti sulla nuca in crocchie. Oppure, ancora, frange e capelli lunghi raccolti in una treccia sulla schiena, con due piccole trecce che cadevano ai lati del volto. I fermatrecce erano realizzati in oro, argento, bronzo, e a volte venivano usati diademi e fibule con raffinate decorazioni. Per slanciare la figura, la donna poteva indossare il tutulus, un cappello con una cupola rialzata (la statura media delle donne etrusche si aggirava, secondo le stime degli studiosi, sui 155 centimetri). Ma le donne potevano portare anche capelli non lunghi raccolti in una cuffia (sakkos) o annodati dietro la nuca (krobylos) con dei nastri, a volte con ricci attorno al volto. Oppure si portavano i capelli con una scriminatura centrale, trattenuti da un'anadema, ossia una semplice fascia, o con ciocche intrecciate ad onde (melonenfrisur).

I profumi, i portaprofumi, i cosmetici e le essenze

I portaprofumi (aryballoi e alabastra) erano di ceramica (o di alabastro se prodotti a Volterra) e contenevano un unguento profumato (irinon) che era ottenuto con la triturazione della radice di iris macerata in olio freddo. I portaunguenti, come i lydia, contenevano la bakkaris, cosmetico per il viso composto da estratto di malva rosa e olio.

Tra i profumi più ricercati c'erano il cipro, lo zafferano, la cannella, il cinnamomo, l'aloe, il sandalo, il bergamotto, la lavanda, il pino. Le fragranze più apprezzate e a buon mercato, come ginestra, pino e mirto, erano conservate in contenitori di alabastro di Volterra. Alcuni profumi di origine animale, come il castano e il muschio, erano anche usati come afrodisiaci. L'ambra grigia, molto costosa, era l'essenza più ricercata.

FONTI:

  • Camporeale G., Gli Etruschi. Storia e civiltà, Utet, 2015
  • D'Aversa A., La donna etrusca, Claudiana, 1985
  • Eco U., Storia della bellezza, Bompiani, 2004
  • De Cesaris R., Trucco e bellezza nell'antichità, Sillabe, 2019
CATEGORY: 1