Nell' antico Egitto, per i libri, si usavano il papiro e la pergamena perché la carta non esisteva ancora e si facevano delle competizioni per avere la biblioteca più grande e ricca. Nell'antica Roma si cercava di essere ammirati e rispettati collezionando libri. Chi li comprava, spesso non li leggeva neanche: li teneva lì, in bella mostra, in modo che tutti li potessero vedere. C'era chi vendeva case, terreni e animali per comprarsi una bella biblioteca. Torniamo indietro di un bel po' di secoli. In Egitto.
Siamo nella terra dei Faraoni, oltre 2.200 anni fa. Tolomeo V Epifane, re dell’Egitto, decide di non esportare più il papiro a Pergamo (città che oggi si chiama Bergama e si trova in Turchia) perché vuole che Alessandria d'Egitto possieda la biblioteca più grande. Visto che la biblioteca di Pergamo sta accumulando tantissimi libri e sta diventando famosa, il re dell'Egitto, bloccando le esportazioni di papiro a tale città, interrompe così anche la crescita di quella biblioteca. Eumene II, re di Pergamo, realizza un piano bizzarro: rapisce il grande saggio Aristofane di Bisanzio, direttore della biblioteca di Alessandria d'Egitto, e lo porta a Pergamo. Ma arriva il colpo di scena: Tolomeo V rapisce a sua volta il “suo” Aristofane di Bisanzio e lo mette in un carcere dove nessuno può arrivare. Il re di Pergamo non sa più che pesci prendere. In questi casi si deve aguzzare l'ingegno. La soluzione, pian piano, arriva: viene inventata la pergamena. Ma Pergamo non riesce comunque a raggiungere la grandezza e il prestigio di quella di Alessandria, la quale arriva ad avere 700.000 volumi. Se da una parte la pergamena permetteva la scrittura su ambedue le facce (specie quella fatta con pelle di vitello, molto spessa) e resisteva di più al tempo (sono state trovate intatte pergamene di oltre 2.000 anni fa), dall’altra aveva costi di manifattura e difficoltà di produzione molto più alti del papiro. Inoltre, mentre la pergamena era di origine animale (pelle di vacca, maiale, capra e vitello), il papiro era di origine vegetale (si ricavava da un arbusto, il papyrus, dei luoghi paludosi d'Egitto, Siria, Palestina e Sicilia). A partire dal secolo IV dopo Cristo, la pergamena si diffuse in tutta Europa e rimpiazzò il papiro.
Fra i 700.000 volumi della biblioteca di Alessandria d'Egitto si trovavano molte opere di antichi scrittori greci. Forse avrete sentito parlare di Aristotele, ad esempio. Ebbene, di lui e di altri grandi scrittori greci non conosciamo tutte le opere perché molte andarono perdute e ora ve ne spiego il motivo. Nel 48 avanti Cristo, più di 2.000 anni fa, l'imperatore romano Giulio Cesare e il suo esercito incendiarono gran parte della biblioteca e con essa un gran numero di opere che sparirono per sempre nel fuoco. Gli scritti che sopravvissero a quell’incendio furono distrutti 400 anni dopo dai primi monaci cristiani guidati da Teofilo. Che triste destino questa biblioteca! Una Biblioteca che che era stata progettata da un ex tiranno di Atene che si chiamava Demetrio di Falera ed era un collezionista di libri. Il suo progetto, però, fu realizzato soltanto tanti anni dopo, nel 300 avanti Cristo, dal re Filadelfo. Demetrio riunì 200.000 volumi, diventati 700.000 sotto il re Tolomeo Evergete (il cui regno durò dal 246 al 221 avanti Cristo), grande cercatore di libri. Tempo dopo l'imperatore romano Marco Antonio, dopo aver conquistato Pergamo, rubò alla biblioteca di quella città 200.000 volumi che regalò alla sua amata Cleopatra.
Nell'antica Roma, qualche anno prima della nascita di Gesù Cristo, si era diffuso il fenomeno delle biblioteche private. Eh sì, cari miei, perché in quegli anni, a Roma, per essere apprezzati si doveva possedere una grande biblioteca nella propria casa. Si collezionavano libri non tanto per leggerli, quanto per essere ammirati. Chi aveva molti libri poteva invitare tanta gente a casa propria, tra cui personaggi potenti con cui era anche possibile tessere trame per scalare i gradini del potere. Ogni “vip” romano possedeva una grande collezione di libri. In quegli anni, esattamente nel 39 a. C., a Roma fu anche costruita la prima biblioteca pubblica.
Con così tanti “affamati” di libri, alcuni presero la palla al balzo e diventarono editori. Il commercio dei libri si sviluppò e gli scrittori potevano vendere agli editori le proprie opere. Gli editori pagavano loro una somma complessiva o i diritti per ogni copia venduta. Fra i rappresentanti di questo nuovo mestiere ce ne furono alcuni che diventarono famosi pubblicando fino a mille copie per edizione, con questo procedimento: il manoscritto originale dell'opera veniva dettato allo stesso tempo a molti amanuensi (che scrivevano a mano) che nella lingua latina erano chiamati librarii e che spesso erano schiavi stranieri. Essendo stranieri, appunto, non conoscevano bene il latino e nella scrittura commettevano molti errori. Per darvi un'idea dell'ansia di possedere libri che c'era a Roma, leggete cosa scriveva Luciano di Samosata nel suo scritto “Contro un ignorante che comprava molti libri”: “Chiara è la ragione di questa cura che hai per i libri, ed io non la capivo. (...) Dovresti venderli subito a qualche persona istruita (…). Ma se sei deciso a continuare in questa pazzia vai, compra libri, tienili chiusi in casa e goditi la gloria di possederli: ma non toccarli mai, né leggerli... (...) Tu credi di rimediare alla tua ignoranza e di abbagliare con la gran quantità di libri...”.