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FocusJunior.itScuolaStoriaA spasso nel tempo: 24 ore nell’Antica Grecia. Come si viveva a Sparta?

A spasso nel tempo: 24 ore nell’Antica Grecia. Come si viveva a Sparta?

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A Sparta, antica città greca, grande rivale di Atene, per i maschi contava soltanto essere capaci di combattere valorosamente. Ecco il racconto (immaginario) di Aristodemo...

Se le giornate in città ti sembrano noiose e tutte uguali... Forse hai ragione! O forse non ti sei mai messo/a nei panni degli Spartani. In realtà, le giornate a Sparta, nell'Antica Grecia, non erano così diverse. Ma attenzione, si tratta di un racconto particolare: a parlare è infatti un bambino, Aristodemo, che ti farà scoprire le grandi differenze tra l'essere nati maschio o femmina a Sparta!

Il racconto di 24 ore a Sparta

A Sparta, la mia città, fin da quando sono nato, la mia nutrice mi ha insegnato a non piangere, a non lamentarmi e a mangiare qualunque cosa senza fare lo schizzinoso. Non ho mai avuto paura del buio e nemmeno di stare da solo, però adesso la mia sorellina mi manca.

I maschi spartani devo essere forti

La mia sorellina Timea pratica molti sport, si esercita nella lotta, nel lancio del disco e del giavellotto; sta imparando a danzare e a cantare, per diventare tra qualche anno una spartana bella e forte. Per me, invece, le cose sono un po’ diverse.

L’anno scorso, appena ho compiuto sette anni, mi sono dovuto separare da lei e dalla mia famiglia: il paidonomos, il supervisore incaricato della mia educazione, ha riunito me e i miei coetanei, ci ha fatto tagliare i capelli a zero e ci ha diviso in compagnie, comandate da ragazzi più grandi, gli efebi.

A Sparta si sta sempre nudi!

Camminiamo sempre scalzi e restiamo nudi sia quando giochiamo sia quando ci alleniamo. Leggo e scrivo a stento, conosco la musica appena a sufficienza, perché quello che conta qui a Sparta è solo saper obbedire ai superiori e combattere valorosamente: per questo mi costringono a esercitarmi ogni giorno. Gli anziani assistono ai nostri esercizi e a volte fanno di tutto per farci litigare, per capire chi di noi è il più coraggioso e aggressivo...

«Aristodemo!». Accidenti, l’istruttore si è accorto che ho la testa fra le nuvole, ora saranno guai. Mi prende per un braccio,mi butta per terra e mi fa frustare a lungo da uno dei mastigoforoi, quelli che noi chiamiamo “bastonatori”.

Non piango, non mi lamento: è la punizione che merito, lo so. E poi, a dirla tutta, ormai ci ho fatto l’abitudine.

Praticare la caccia agli schiavi nell'Antica Grecia

Tra qualche anno dovrò affrontare prove ben più dure: un amico mi ha raccontato che per diventare cittadini di Sparta a tutti gli effetti, intorno ai 18 anni gli efebi devono superare la cripteia. In pratica vengono lasciati per alcuni giorni da soli, in campagna o nei boschi, armati solo di un coltello: possono uscire solamente di notte, come i licantropi, per dare la caccia agli schiavi. Il loro compito è ammazzarne almeno uno.

L’idea non mi piace molto, ma mi consola sapere che dovranno passare anni prima che tocchi a me.

A cena si beve brodo nero

Una volta che il bastonatore ha finito, mi rialzo e riprendo gli esercizi con la spada insieme agli altri, finché non tramonta il sole. Prima di indossare la mia unica tunica, cerco di ripulirmi da polvere e sudore. Non posso usare né acqua né olio: ci vengono concessi solo nei rarissimi giorni di festa.

Non mi consola il pensiero della cena. Dopo tante ore di esercizi abbiamo tutti fame, ma come sempre il pasto che ci viene servito è scarsissimo: il solito pessimo brodo nero, con pochissima carne che galleggia nel vino e nel sangue di maiale. Il mio stomaco brontola: potrei cacciare o rubare, ma se non voglio incontrare di nuovo il bastonatore non devo farmi scoprire.

E che sonno, questi piccoli spartani!

Propendo per la caccia, quando mi torna in mente quel che è successo nell’altra compagnia pochi giorni fa: un ragazzo che aveva catturato una volpe, per non farsi scoprire, se l’è nascosta sotto al mantello. Quella per liberarsi ha cominciato a mordergli la pancia e lui non ha fiatato... finché non è morto sbranato. Al pensiero mi è passata la fame. Proverò a sgraffignare qualcosa in cucina domani.

Mesto, me ne torno nella mia camerata: il pagliericcio me lo sono fatto da solo, spezzando a mani nude la cima delle canne che crescono sul fiume Eurota. Ci ho aggiunto, ora che è inverno, anche dei licofoni, un tipo par ticolare di cardo che rende il giaciglio più caldo. Non il massimo della comodità, ma sono talmente stanco che mi sdraio e... zzzz.

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