La Seconda Guerra Mondiale è stato uno dei momenti più tragici e importanti della Storia dell'uomo. Tra il 1939 e il 1945 il mondo intero fu teatro di combattimenti cruenti tra le Forze dell'Asse (Germania, Giappone, Italia e i loro Paesi "satelliti") e gli Alleati (U.S.A, Gran Bretagna e Unione Sovetica), travalicando i confini del semplice scontro tra eserciti e trasformandosi in una vera guerra idelogica tra visioni opposte e inconciliabili.
Le premesse del conflitto
Verso la fine degli anni '30, l'intera Europa osservava con attenzione ciò che stava avvenendo in Germania.
Dopo le grandi difficoltà derivate dalla sconfitta della Grande Guerra, i tedeschi avevano trovato nel partito nazionalsocialista di Adolf Hitler - il Führer, "il capo" - una nuova speranza per riportare il Paese al suo giusto posto tra le potenze internazionali.
Hitler, politico feroce e manipolatore, aveva preso il potere nel 1933 e non aveva perso tempo a riarmare l'esercito tedesco e a fare la voce grossa con i propri "vicini": nel 1938 infatti la Germania del Terzo Reich - questo era il nome del Nuovo Ordine sognato e realizzato da Hitler - aveva annesso l'Austria (fratelli di razza germanica) e la Cecoslovacchia (dove nel territorio dei Sudeti vivevano molti cittadini di "razza" tedesca), inglobandole nel proprio territorio.
Questa politica aggressiva destava la preoccupazione delle due potenze europee, Francia e Inghilterra, ma un po' per incapacità e un po' per il desiderio di non trascinare nuovamente i Paesi in una guerra, nessun serio provvedimento venne preso nei confronti dell'insaziabile Hitler, che nel frattempo aveva stretto alleanze con il Giappone - che in Asia aveva più o meno le stesse ambizioni espansionistiche ai danni della Cina - e l'Italia del "Duce" Benito Mussolini. Era il "Patto Tripartito" (o Asse Roma-Berlino-Tokyo).
Purtroppo la speranza che Hitler si sarebbe fermato alla Cecoslovacchia si sarebbero presto rivelate una pura illusione: la Germania nazista voleva conquistare il suo "Spazio vitale", lavare l'onta della sconfitta durante la Prima Guerra Mondiale e spazzare via gli ebrei dall'Europa. Per fare tutto questo, l'unica via era un nuovo conflitto
L'invasione della Polonia e lo scoppio della guerra
Nel 1939 la Germania era ormai tornata ad essere una potenza economica e militare. Lo sguardo di Hitler continuava a volgersi verso Est, verso la Polonia, per riprendersi la città di Danzica e il "corridoio polacco", una striscia di territorio che dal 1919 separava la Germania dalla Prussia Orientale, regione tedesca affacciata sul Mar Baltico.
Prima di muovere l'ormai inevitabile attacco, Hitler però si tutelò stringendo uno strano accordo con la grande potenza orientale: l'Unione Sovietica (o U.R.S.S) - del dittatore comunista Stalin. L'intesa di non aggressione, passata alla storia come il "Patto Molotov-Ribbentrop" (dal nome di due Ministri degli Esteri che lo stipularono) fece molto scalpore perché nazisti e comunisti erano grandi nemici ideologici.
Anni dopo però si venne a sapere la verità: il patto aveva delle clausole segrete che di fatto spartivano in due la Polonia l'Europa Nord-Orientale.
A questo punto il Führer poté scatenare la sua Wermacht, il potente e organizzato esercito tedesco, e il primo settembre 1939 le truppe tedesche aggredirono la Polonia.
Stavolta però Francia e Inghilterra non erano più disposte a soprassedere e dopo alcuni tentativi diplomatici falliti, il 3 settembre dichiararono guerra alla Germania.
Era iniziata la Seconda Guerra Mondiale.
1939-1940: HITLER È INARRESTABILE
Mentre Francia e Inghilterra indugiavano sul da farsi, la Wermacht sbaragliò in due settimane la debole (ma coraggiosa) resistenza polacca. A peggiorare le cose per i polacchi fu il "tradimento" dell'U.R.S:S, che dopo l'attacco tedesco inviò la sua Armata Rossa per colpire la Polonia anche da Est. Il Paese fu così smembrato tra Hitler e Stalin.
Dopo la Polonia, la Germania occupò anche la Danimarca e la Norvegia, Stati strategici dove instaurò governi collaborazionisti (ossia che "collaboravano" con gli invasori), mentre i russi sovietici s'impossessarono dei Paesi Baltici. Solo la Finlandia riuscì a combattere e mantenere una relativa indipendenza.
Sistemato l'Oriente, Hitler tornò ad occuparsi all'Occidente, dove Francia e Inghilterra avevano cominciato a muoversi ma senza grandi successi. La prima vittima designata del Terzo Reich doveva essere proprio la Francia, la grande rivale storica, che però si faceva forte di un'eccellente linea difensiva fortificata, la Linea Maginot. Hitler però non si fece scrupoli ad invadere i neutrali Paesi di Belgio, Olanda e Lussemburgo per aggirare l'ostacolo.
Il 10 maggio 1940 la Germania scatenò un nuovo Blitzkrieg ("guerra-lampo") che travolse gli eserciti anglo-francesi sul continente. A questo punto Mussolini si decise a rompere la sua non-belligeranza ed entrare in guerra (10 giugno 1940) per attaccare una Francia di fatto già sconfitta. Con questa mossa il Duce pensava di poter ottenere qualche conquista territoriale con il minimo sforzo.
Il 22 giugno dunque, in un clima di disperazione nazionale, la Francia firmò a Compiègne la sua resa: una fetta del Paese entrò a far parte del Reich, mentre le regioni sud-occidentali vennero poste sotto il governo della Repubblica di Vichy, guidato dal generale Pétain (che però era sottomesso al volere tedesco). La parte del governo francese che voleva continuare a combattere scappò a Londra e si raccolse intorno alla figura del generale Charles De Gaulle.
La vittoria di Hitler era stata totale anche se le truppe inglesi presenti sul continenti erano riusciti a scappare nella rocambolesca evacuazione di Dunkerque, dove centinaia di navi britanniche (molte delle quali erano civili e pescherecci) riuscirono a riportare a casa le proprie truppe prima dell'arrivo dei tedeschi.
In quei giorni sembrò un piccolo neo nel trionfo hitleriano, ma l'aver salvato quasi 200.000 uomini fu importante per riorganizzare l'esercito e tenere alto il morale in patria.
La battaglia aerea d'Inghilterra
In seguito alle schiaccianti vittorie militari, la Germania pareva ormai invincibile e gli stessi generali tedeschi - all'inizio molto diffidenti nei confronti di Hitler - rimasero folgorati da alcune intuizioni del loro Führer.
Dall'altra parte dell'Atlantico, gli U.S.A guardavano con una certa preoccupazione all'evolversi del conflitto (anche perché in Asia il Giappone stava aggredendo con successo i suoi avversari nell'Oceano Pacifico) e benché non ancora convinti dall'idea di un coinvolgimento diretto, continuavano a supportare la Gran Bretagna e approntavano i primi preparativi per un eventuale attacco (Es: introdussero la leva militare obbligatoria). Sul continente europeo però gli inglesi erano rimasti soli.
Hitler provò più volte a trattare la pace con promesse che non sarebbero mai state mantenute, ma il Parlamento inglese, incalzato dal nuovo e agguerrito Primo Ministro Winston Churchill, non si piegò mai, nonostante la sconfitta sembrasse davvero ad un passo.
Nell'estate del 1940, infatti, la Germania appariva in procinto di attuare l'Operazione Leone Marino, ossia la traversata del Canale della Manica e l'invasione via terra dell'isola britannica. Per poter fare ciò però, Hitler aveva bisogno che la sua aviazione, la Lutwaffe, "ripulisse" il cielo dagli aerei inglesi della Royal Air Force (RAF). Dopo settimane di bombardamenti su coste e città (Londra venne duramente colpita il 23 agosto 1940), la Lutwaffe provò forzare la mano per fiaccare la difesa inglese, ma la RAF riuscì a mantenere la supremazia aerea, permettendo all'industria bellica di riprendersi. Privo di adeguata copertura, Hitler dovette così rinunciare ad invadere l'Inghilterra.
Churchill e i suoi potevano riprendere fiato e riorganizzarsi.
La guerra si estende: recia, Jugoslavia e Africa settentrionale
Sebbene la Gran Bretagna fosse riuscita a resistere, la situazione europea era comunque totalmente favorevole alla causa del Terzo Reich, tanto che Hitler cominciò a pianificare la colossale invasione della Russia.
L'Unione Sovietica, patria del comunismo, era la naturale nemica della Germania nazista e per completare il suo disegno di dominio totale, non si sarebbe certo fatto alcuno scrupolo a "stracciare" il patto di Molotov-Ribbentrop.
Mentre i generali tedeschi organizzavano la spedizione però, il Führer doveva risolvere qualche grattacapo. Mussolini infatti, illudendosi di imitare i successi del "collega" germanico aveva aggredito la Grecia per ottenere sul campo un po' di onori militari. L'esercito italiano però non era certo quello tedesco e nonostante armi antiquate e attrezzature scadenti, i Greci non solo riuscirono a respingere l'offensiva, ma contrattaccarono.
Ciò costrinse Hitler a distrarsi dai suoi piani e a dover soccorrere l'alleato italiano: il 6 aprile 1941 la Wermacht attaccò la Jugoslavia e per maggio anche la Grecia venne regolato. Qualche storico pensa che l'aiuto dato a Mussolini comportò un certo ritardo nell'invasione della Russia, ritardo che, come vedremo, sarà fatale.
I problemi dell'Asse però non erano finiti. Un ulteriore teatro del conflitto si era infatti aperto in Nord Africa, dove gli inglesi avevano attaccato con successo le colonie italiane in Etiopia e Somalia. Il fronte africano era particolarmente importante perché la posta in gioco era il controllo del Mar Mediterraneo e dei giacimenti petroliferi nel vicino Medio-Oriente.
Per questo Hitler istituì l'Afrika Korps, un esercito di reparti corazzati che venne affidato al brillante generale Erwin Rommel, il quale, grazie alle sue stupefacenti strategie, venne soprannominato la "Volpe del Deserto".
Guidati da Rommel, italiani e tedeschi riuscirono a respingere gli inglesi, i quali però evitarono a loro volta la disfatta totale e continuarono a contendere all'Asse il dominio dell'Egitto, Paese altamente strategico che rappresentava la porta per il Medio Oriente (oltre che il principale sbocco sul mare).
1941: l'invasione della Russia
Con l'Operazione Barbarossa, Hitler puntava a sottomettere l'Unione Sovietica e tutti i suoi abitanti, ritenuti dalla folle ideologia nazista dei "subumani", creature biologicamente inferiori. Nei progetti nazisti infatti la vasta Russia, con i suoi infiniti campi, sarebbe diventato il "granaio" del Terzo Reich, con la popolazione praticamente ridotta in schiavitù e costretta a morire di fatica per i padroni germanici.
Con questi obiettivi il 22 giugno 1941 cominciò l'invasione dell'U.R.S.S. Nell'immensa operazione vennero coinvolti anche tanti italiani inquadrati nell'ARMIR (ARMata Italiana in Russia). Pochi di loro fecero ritorno.
Nei primi mesi, nonostante una strenua resistenza, la Wermacht compì un'inarrestabile avanzata, tanto che già a novembre i panzer tedeschi scorgevano in lontananza il profilo degli edifici di Mosca, la capitale sovietica. I soldati russi però non mollavano, sebbene la strategia di ritirata si stesse rivelando una vera catastrofe per civili: le truppe sovietiche infatti facevano terra bruciata di campi e villaggi in modo che i tedeschi che penetravano nel vasto territorio russo non riuscissero a trovare i rifornimenti necessari.
Le battaglie dunque si protrassero fino a quando le piogge autunnali cominciarono a rendere impraticabile il fangoso terreno russo, il quale s'indurì alle prime gelate dell'inverno incombente. L'esercito tedesco fu costretto ad arrestarsi. Nel frattempo, dall'altra del mondo, un altro evento stava per cambiare le sorti della guerra
Pearl Harbor e l'entrata in guerra degli U.S.A
Mentre la popolazione inglese collaborava instancabilmente nelle industrie belliche per tenere i soldati tedeschi lontani dalla loro amata isola, Churchill cercava disperatamente di convincere il presidente americano Franklin Delano Roosevelt a prendere parte alla lotta armata.
Il 14 agosto 1941 si era anche giunti alla firma della Carta Atlantica, un documento che fissava i princìpi di una collaborazione politica per tutelare le democrazie e le libertà dei popoli una volta sventata la minaccia nazi-fascista. Ci volle però un fatto eclatante per smuovere finalmente il gigante americano.
Nell'Oceano Pacifico il Giappone stava proseguendo la sua espansione con una determinazione (e una ferocia) pari a quella dell'alleato tedesco. Le coste cinesi erano ormai in mano nipponica e la marina aveva approfittato della caduta della Francia per appropriarsi delle sue colonie in Indocina. Rimaneva solo un ostacolo per la supremazia dell'Oceano Pacifico: gli ingombranti Stati Uniti d'America, che aiutavano la Cina e contrastavano l'approvvigionamento giapponese del preziosissimo petrolio.
Per risolvere una volta per tutte la situazione, il 7 dicembre 1941 il Giappone inviò una flotta aerea nella baia di Pearl Harbor (Hawaii), dov'era stanziata il grosso della flotta navale americana. L'attacco non fu anticipato da una formale dichiarazione di guerra e pertanto colse di sorpresa l'ignara marina statunitense: quel giorno vennero affondate 8 corazzate, 3 incrociatori e 188 aerei. Gli americani uccisi furono più di 3.000.
Fu un duro colpo, ma alcune ammiraglie si salvarono e l'economia americana era pronta a recuperare le perdite subite. Fu così che l'11 dicembre 1941 l'America entrò in guerra.
1941-1942: cambia il vento
L'ingresso degli U.S.A diede il via alla cosiddetta "Guerra del Pacifico", combattuta tra U.S.A e Giappone.
Nei primi mesi i giapponesi occuparono il Borneo, le Filippine e la Nuova Guinea, giungendo a minacciare perfino l'Australia. Il 7-8 maggio 1942 però gli americani riuscirono a riassestarsi, infliggendo una prima sconfitta alle truppe del Sol Levante nella battaglia del Mar dei Coralli.
In Africa invece l'avanzata di Rommel proseguiva vigorosa, ma anche qui le forse italo-tedesche si fermarono a El-Alamein nel giugno del 1942. Lo sforzo bellico cominciava a pesare alla Germania e l'entrata degli U.S.A aveva comportato alla causa degli Alleati un'iniezione decisiva non solo di uomini, ma anche di risorse.
1942, l'anno della svolta
Fronte orientale
Nell'estate del 1942 Hitler provò una nuova, potente incursione in territorio russo: se l'Unione Sovietica fosse caduta, la Germania avrebbe potuto sfruttare la infinite risorse naturali di quel Paese per concentrarsi sulla lotta contro inglesi e americani.
La strategia era avanzare dal'Ucraina e occupare la città di Stalingrado, luogo dal valore strategico (apriva la strada per il Caucaso) e simbolico, perché portava il nome del grande capo sovietico.
Il 17 luglio 1942 dunque, dopo una serie di vittorie tedesche, cominciò la Battaglia di Stalingrado. Sia Hitler he Stalin diedero ordine ai loro generali di combattere fino all'ultimo uomo.
Mentre il generale tedesco Von Paulus cercava di prendere la città (che era ormai un cumulo di macerie) però, l'Armata Russa cominciò ad avanzare e le armate del Terzo Reich si trovarono nel giro di poche settimane chiuse in una "sacca". Von Paulus era isolato e il 31 gennaio del 1943 dovette arrendersi al generale Zukov. Iniziava la disperata ritirata del Terzo Reich.
Fronte africano
In Africa le cose non andavano meglio. L'aiuto americano ribaltò i destini dello scontro e le truppe guidate dal generale Montgomery inflissero una sconfitta decisiva a Rommel nell'epica battaglia di El-Alamein (23 ottobre - 3 novembre 1942), dove tedeschi e italiani, nonostante una prova di grance coraggio e valore, persero definitivamente l'Egitto e il Nord Africa.
La guerra nel Pacifico
Anche nel Pacifico le cose si stavano mettendo male per l'Asse. Il 7 agosto 1942 infatti le truppe americane erano sbarcate sull'isola di Guadalcanal, nelle Salomone meridionali, dando inizio ad una battaglia (la Battaglia di Guadalcanal appunto) che il 9 febbraio 1943 consegnò agli americani un fondamentale punto strategico per navi e aerei da guerra.
1943, il crollo dell'Italia
L'Italia era il più debole degli alleati di Hitler. Americani e Inglesi lo sapevano e infatti, approfittando della conquista dell'avamposto africano, il già citato Montgomery e il generale Patton diedero il via allo sbarco in Sicilia, che il 10 luglio 1943 diede inizio alla Campagna d'Italia. Le truppe americane vennero accolte dai siciliani quasi come dei liberatori.
Con gli americani su territorio italiano e le privazioni della guerra che avevano fiaccato il popolo, il 25 luglio 1943 finalmente il Gran Consiglio del Fascismo tolse la fiducia a Mussolini, che venne incarcerato. Il nuovo governo fu affidato al generale Pietro Badoglio, che l'8 settembre firmò un armistizio con gli Alleati. Doveva essere la fine della guerra per l'Italia, ma ai soldati sparsi per il mondo al fianco die tedeschi - nostri alleati fino a quel momento - non ricevettero chiare direttive e la confusione fu grande (e portò a tragiche conseguenze).
Hitler prontamente ordinò l'invasione della penisola per combattere americani e inglesi nel Sud del Paese, liberò Mussolini e lo mise a capo della Repubblica Sociale di Salò (paesino vicino a Como), un governo-fantoccio che ormai era nelle mani del dittatore tedesco. Nel frattempo il Re d'Italia Vittorio Emanuele III scappò a Brindisi, lasciando Roma alla mercé delle truppe naziste.
L'Italia era divisa in due: da una parte i nazifascisti (e coloro che non vollero tradire l'alleato), dall'altra i partigiani, civili che imbracciarono le armi per compiere azioni di guerriglia e sabotaggio in modo da cacciare una volta per tutte l'oppressore.
1944-1945: la Seconda Guerra Mondiale volge al termine
Sul finire del 1943, il sogno di conquista di Hitler era definitivamente tramontato. La Wermacht batteva in ritirata a Est tra le gelide nevi della Russia, con soldati stanchi e affamati che morivano come mosche, gli americani avanzano da Sud in Italia e il Giappone stava subendo l'inarrestabile offensiva statunitense.
Ad acuire i problemi del Führer il 20 luglio 1944 ci fu anche un attentato (fallito) alla sua vita che coinvolse numerosi alti ufficiali della Wermacht (tra cui Rommel). Tale evento portò ad un inasprimento ulteriore delle misure di sicurezze e le SS, le micidiali squadre armate del partito nazista, imposero in Germania e nei suoi possedimenti un vero regime di terrore, dove rastrellamenti e omicidi di massa divennero all'ordine del giorno. Ma la fine del nazismo era sempre più vicina.
Il 6 giugno 1944 lo sbarco in Normandia (il D-Day) aveva portato truppe le anglo-americano sul suolo francese e nel giro di pochi mesi anche la Francia venne liberata. Il giorno prima, il 5 giugno, Roma era stata liberata. La Germania ora vedeva arrivare gli Alleati inglesi e americani da Ovest e Sud e i Russi da Est.
La caduta del Terzo Reich
L'esito disastroso della guerra danneggiò gravemente la salute psico-fisica di Hitler, il quale si ostinava a combattere nonostante i suoi esercito fossero ormai in rovina.
All'inizio del 1945 i russi sfondarono in Polonia. Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche aprivano i cancelli di Auschwitz, rivelando al mondo l'orrore dell'Olocausto. Dal 1942 infatti i nazisti avevano dato il via alla Soluzione Finale, un diabolico progetto di sterminio che portò alla deportazione e all'uccisione nelle camere a gas dei campi di concentramento di milioni di ebrei e prigionieri.
Il 13 aprile cadde anche l'Austria, e poi fu il turno dell'Italia, con la liberazione di Milano (25 aprile 1945), Genova e Torino. Nel clima festante per la fine di un incubo, Benito Mussolini cercò di scappare insieme all'amante Clara Petacci, ma i partigiani lo catturarono a Dongo il 27 aprile e lo fucilarono il giorno seguente, esponendo le sue spoglie (e quelle della Petacci) a Milano, in Piazza Loreto. Adesso Hitler era davvero solo.
Nascosto in un bunker sotto la Cancelleria, il Führer diede ordine che tutte le poche infrastrutture non devastate dai bombardamenti venissero distrutte. Nella sua pazzia voleva che il popolo tedesco, dimostratosi debole, morisse insieme a lui. Fortunatamente almeno questo atroce comando non venne eseguito.
Il 30 aprile 1945, con i sovietici che erano arrivati a Berlino, Hitler si uccise insieme alla moglie (sposata poche ore prima) Eva Braun. Il 7-8 maggio la Germania si arrese senza condizioni.
La resa del Giappone
Nonostante la fine dei suoi alleati, il Giappone proseguiva la sua lotta nel Pacifico. Gli sbarchi americani a Iwo Jima (febbraio-marzo 1945) e a Okinawa (aprile-giugno 1945) avevano di fatto sancito la vittoria americana, ma i soldati nipponici - guidati da uno spirito guerriero incrollabile e da secoli di bushido, il codice comportamentale dei samurai - erano intenzionati a combattere fino alla fine.
Per chiudere la partita una volta per tutte, il neo-presidente Harry Truman (vice-presidente americano subentrato al defunto Roosevelt) decise di ricorrere ad un nuovo tipo di arma, appena sviluppato dagli scienziati militari statunitensi.
Il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica cadeva sulla città di Hiroshima, mentre il 9 agosto fu la volta di Nagasaki. Di fronte a tanta devastazione,, l'imperatore Hirohito annunciò la resa del suo Paese.
Il 2 settembre 1945 la Seconda Guerra Mondiale era finita e aveva provocato oltre 40 milioni di vittime tra militari e civili.
FONTI: Treccani, Focus, Elementi di Storia (Zanichelli)