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A spasso nel tempo: 24 ore nell’Olanda durante il Secolo d’oro

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A spasso nel tempo: 24 ore nell’Olanda durante il Secolo d’oro
Giovanni Garattoni

Nel XVII secolo, il cosiddetto “secolo d’oro”, l’Olanda fu l’unico Paese d’Europa che non subì la crisi economica. Ma non tutti navigavano nell’oro. Se eri una cameriera, figlia di un maniscalco, ad esempio...

Finalmente domenica! Oggi è il mio giorno libero e posso tornare a casa per riabbracciare i miei genitori e i miei fratelli più piccoli. In realtà, abitano anche loro ad Amsterdam, in Olanda, ma stanno fuori dal centro, lontano dalla dimora della famiglia dove presto servizio da più di un anno, precisamente dal 10 marzo 1612. Il mio padrone, un mercante d’arte, è ricco e vive con moglie e figli in un palazzotto a due piani, di fronte a uno dei numerosi canali scavati in città per trasportare le merci sull’acqua.

STANZA SINGOLA... IN CANTINA!

Anche se è festa mi sono svegliata presto, per abitudine: ho una stanza tutta per me in cantina, sotto la botola nella dispensa. Ci arrivo scendendo una scala a pioli, ma non è male come sembra: anche se il pavimento è di terra battuta, ho un letto abbastanza comodo, una coperta e un cuscino, il libro delle preghiere e una candela. «Agnes, puoi andare se vuoi» mi dice la padrona: solo lei ha la chiave con cui, la mattina, apre la porta di casa. Mi sistemo il colletto e annodo la cuffia bianca inamidata sotto il mento, in modo da lasciar fuori qualche ricciolo castano: sono pronta.

IN OLANDA SI SVOLGE TUTTO SUI CANALI

Le barche, che il giorno del mercato filano, piene di cavoli, pesce, maiali, fiori, legna e farina lungo il canale affollato, sono quasi tutte ferme. Mentre ci passo davanti, un barcaiolo che con la pertica sta spingendo la sua chiatta vuota mi lancia una lunga occhiata e mi saluta: io arrossisco, girandomi dall’altra parte, e quello si fa una risata. Ho quasi 16 anni e credo che presto mi fidanzerò: il figlio del macellaio, quello che lavora al banco del mercato dove si servono i miei padroni, mi fa gli occhi dolci da un po’. E mi offre sempre i pezzi di carne migliori: ieri mi ha persino regalato un po’ di bollito da portare ai miei genitori.

Da quando mio padre, un maniscalco, è rimasto ferito alla mano destra e non può più lavorare, la mia famiglia non se la passa bene: per questo sono dovuta andare a servizio. Papà se ne vergogna, ma a me non importa delle mani screpolate e della schiena che mi fa male: sono fiera di potergli portare ogni domenica qualche moneta.

MI ASPETTANO

Ormai mi sono lasciata alle spalle la piazza del mercato e inizio a percorrere una strada circondata da platani: riconosco in lontananza la mia casa, piccola e modesta. Mio padre è seduto fuori, ad aspettarmi, mamma e i miei fratellini mi abbracciano e mi fanno mille feste. Vogliono sapere cosa ho fatto durante la settimana: racconto che, dopo che i signori hanno pranzato, posso mangiare in cucina gli stessi piatti che ho servito a loro, che il pane di segale è molto più buono di questo scuro e che ogni giorno mangio carne o pesce. Non mi dilungo sulla fatica che faccio a strofinare i pavimenti di marmo, a strizzare e stirare il bucato, a spolverare le pesanti tende di seta e i quadri preziosi, a far brillare gli specchi, a cucinare e a servire a tavola.

Però quando i miei fratelli escono a giocare, mi sfogo con la mamma e le racconto i rimbrotti della cameriera più anziana, l’antipatia che la padrona nutre per me, gli scherzi pesanti dei suoi figli. Ma il sole inizia a calare, si è fatto tardi: devo lasciarli e mi si spezza il cuore. Non ci guardiamo in faccia, per non scoppiare a piangere. E prima che vada, mio padre mi abbraccia stretto stretto, in silenzio.

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