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Napoleone Bonaparte da soldato a imperatore

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Napoleone Bonaparte in esilio sull'isola di Sant’Elena racconta alla nostra giornalista-inviata nel tempo, la propria infanzia e come si preparò a diventare imperatore, ma le sue vittorie e le sue sconfitte come quella fatale di Waterloo.

Non c'è niente di meglio del mare, del sole e di un'isoletta nell'Oceano Atlantico per godersi questo tiepido inizio d'aprile del 1821. Peccato che non mi trovi qui a Sant'Elena in vacanza, ma per intervistare un genio della guerra. Chi è? Vi aiuto: il 2 dicembre 1804, nella cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, si auto-incoronò “imperatore dei francesi per volontà del popolo”. E anche se adesso è confinato su quest'isola e non se la passa molto bene, il suo nome rimarrà famoso per sempre. Bravi: è proprio Napoleone Bonaparte!

Di sicuro, dato che è nato in Corsica, su un'isola, si sentirà a suo agio qua...
«Cosa fa, ironizza?».

Non mi permetterei mai! Però, che caratterino...
«Mi scusi, ma i giornalisti non sono mai stati molto gentili nei miei confronti. Non immagina quanti quotidiani ho fatto chiudere, quando ero imperatore. E poi sì, sono suscettibile: a scuola mi prendevano in giro e ne ho sofferto molto».

Vittima di bullismo, lei?! Mi dispiace così tanto... Ma perché i suoi coetanei la tormentavano?
«A nove anni, mio padre mi fece entrare nella scuola militare di Brienne–le-Château. L'istituto si trovava in Francia e i miei compagni mi presero di mira: mi chiamavano “straniero” perché venivo dalla Corsica e mi deridevano perché parlavo il dialetto della mia terra e col francese non me la cavavo tanto bene. Inoltre ironizzavano sul mio peso perché ero troppo magro, sul colore della mia pelle olivastra perché era troppo scura e sulla mia altezza... Parbleu! Le sembro poi così basso?».

Ehmm, nooo... ma anche se lo fosse, non ci troverei nulla di male! Piuttosto: in che modo riuscì a superare quel brutto periodo?
«Mi rifugiai nei libri: amavo la storia di Roma antica, il mio eroe era Giulio Cesare! E mi immedesimai in lui. Ok, forse ero un po' troppo egocentrico e megalomane, ma se non fosse stato per il mio amor proprio e la mia forza di volontà, non sarei mai riuscito a prendermi la giusta rivincita!».

Questo è innegabile: la sua straordinaria abilità di soldato e i suoi trionfi militari l'hanno portata alle vette del potere assoluto. Ha sempre sognato di fare l'imperatore?
«A dire la verità non ho mai saputo cosa volessi fare: ho solo sfruttato le occasioni. Però negli anni del collegio avevo un sogno: scrivere un libro sulla Storia della Corsica. Ma ero troppo giovane...».

… e dopo non ha più avuto tempo da dedicare alla scrittura, vero?
«Esatto. Dopo la Rivoluzione francese (1789) per me si aprirono molte opportunità di carriera. Ma fu solo in seguito ai miei primi grandi successi militari in Italia e in Egitto, che cominciai a credere di poter diventare davvero qualcuno di importante».

Oh-oh: ecco la megalomania... Cosa accadde quindi?
«Feci un colpo di Stato! Era il 1799: rovesciai il governo rivoluzionario, sostituendolo con tre consoli provvisori, e per me tenni il ruolo di Primo console di Francia. Poi, in poco più di cinque anni sono diventato imperatore dei Francesi e re d'Italia! Ah, chi l'avrebbe mai detto che avrei finito i miei giorni su questa squallida isola, sorvegliato dai soldati inglesi...».

In effetti è quasi incredibile: a 35 anni governava lo Stato più forte d'Europa e negli anni successivi ne estese i confini come mai prima di allora. Come ha fatto a perdere tutto?
«C'è chi dice che sono stato troppo ambizioso. In realtà, dopo anni di guerre e giochi diplomatici, quando nel 1813 Russia, Prussia, Austria e Svezia si unirono contro di me, a Lipsia (Germania) non potei evitare la disfatta».

Fu la fine, per lei?
«Quasi, ma chère. Fui obbligato a lasciare il trono e venni esiliato sull'isola d'Elba. Ma non mi arresi: fuggii e rientrai a Parigi. Governai per quasi 100 giorni, finché, a Waterloo, una nuova coalizione europea mi diede la batosta finale. Era il 1815: vivo qui, in esilio, da cinque anni e mezzo. Lo sa? Sarebbe stato meglio morire a Mosca, nel 1812, durante la disastrosa campagna di Russia: i posteri avrebbero potuto ricordarmi ancora come l'uomo che non perse mai una guerra».

Povero Napoleone: ora chi glielo dice che la morte che tanto desidera verrà a prenderlo il 5 maggio?

CURIOSITÀ: La mano sotto la giacca
La mano infilata nella giacca: è la posa tipica di Napoleone Bonaparte, potete vederla in molti quadri che lo ritraggono. Ma perché la metteva lì? Gli studiosi hanno dato diverse risposte: c'è chi dice che avesse una mano deforme o che lo facesse per tenerla sullo stomaco, spesso dolorante. Secondo altri si trattava di una moda dei ritratti del XVIII-XIX secolo, ma c'è anche chi ha suggerito che fosse un gesto proprio della massoneria, una potente società segreta di cui Napoleone avrebbe fatto parte.

CARTA D'IDENTITÀ
Nome: Napoleone Buonaparte (francesizzò il cognome in Bonaparte)
Professione: generale e imperatore dei Francesi
Nato: il 15 agosto 1769 ad Ajaccio (Corsica)
Morto: il 5 maggio 1821 sull'isola di Sant'Elena
Causa di morte: cancro allo stomaco
Mogli: Giuseppina di Beauharnais, da cui divorziò, e l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria
Carattere: malinconico e un po' complessato
Pregi: grande forza di volontà
Difetti: arrogante ed egocentrico
Altezza: 158 centimetri
Cibi preferiti: il pollo, il montone alla griglia e le cotolette
Bevande preferite: l'orzata (uno sciroppo a base di mandorle amare)
Passioni: il teatro, in particolare la commedia francese e il melodramma italiano
Segni particolari: dato che nel calendario non c'era un santo con il suo nome, dal 1806 al 1814 i cristiani dell'impero francese furono costretti, per decreto, a festeggiare san Napoleone il 15 agosto,

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