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FocusJunior.itScuolaStoriaMadre Teresa di Calcutta: intervista immaginaria alla “matita nelle mani di Dio”

Madre Teresa di Calcutta: intervista immaginaria alla “matita nelle mani di Dio”

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Madre Teresa diceva di essere un semplice strumento nelle mani di Dio, ma aveva una grande forza quando si trattava di aiutare i poveri, i malati e i bambini coperti di stracci che vivevano e morivano sui marciapiedi delle strade dell’India.

Il mio viaggio nel tempo è stato abbastanza breve, stavolta: un salto indietro di appena 21 anni. Mi trovo a Calcutta, in India, ed è il 4 settembre 1997, per intervistare Madre Teresa, la famosa missionaria che aiutava i poveri che vivevano sulle strade. Trovare la sua casa è stato facile: qui tutti conoscono e amano questa vecchietta tostissima che ora è davanti a me, con il rosario fra le mani, i sandali scoloriti e il crocifisso appuntato sul suo abito tradizionale indiano, un sari bianco bordato di blu.

Buongiorno, Madre Teresa. Posso disturbarla?
«Vieni pure, cara. E scusa se non mi alzo, ma mi sento davvero molto stanca.
Per forza, con tutto quello che ha fatto in questi anni, sulle strade dell'India e del mondo...
Non sono che una piccola matita nelle mani di Dio. È Lui che scrive, la matita deve solo essere usata».

Quando capì di avere la vocazione?
«Se devo dirla tutta, ho avuto ben due chiamate dal Signore. La prima a 12 anni, mentre pregavo nel Santuario della Madonna Nera di Letnice (Kosovo): decisi allora di diventare una suora di Loreto, per poter venire in India a fare la missionaria. Per questo, a 18 anni, lasciai la famiglia, la scuola, il mio paese e partii per il convento. Alla stazione vennero a salutarmi un centinaio di persone: piangevano tutti».

E la seconda vocazione quando arrivò?
«Giunse più tardi, in India, dove mi trovavo fin dal 1929. Ero diventata direttrice di un collegio cattolico vicino a Calcutta: il Saint Mary's High School a Entally. Non mi era concesso lasciare il convento e insegnavo alle figlie dei coloni britannici: non sapevo che negli slum (le baraccopoli di Calcutta), i poveri, i malati e i bambini, coperti di stracci, vivevano e morivano sui marciapiedi».

Quando se ne rese conto?
«Nel 1946, quando ci furono degli scontri e fui costretta a uscire dal convento in cerca di cibo. Il 10 settembre, quando partii in treno, di notte, per recarmi a Darjeeling a svolgere i miei esercizi spirituali, arrivò la “chiamata nella chiamata”. Mentre pregavo circondata da bisognosi e disperati, il Signore mi ordinò di rinunciare alla vita tranquilla nel convento per uscire nelle strade a servire quella gente».

Due anni dopo, il Vaticano le diede il permesso: cosa fece allora?
«Tolsi l'abito nero, indossai il sari bianco e mi avventurali nell’inferno dello slum di Motijhil. Avevo solo cinque rupie, mendicavo il denaro e le medicine per assistere quegli sventurati, ma ben presto alcune delle mie ex alunne vennero a darmi una mano. Nel 1950, quando fummo in 12, nacque a Calcutta la Congregazione delle Missionarie della Carità: con le mie consorelle, fondai la “Casa dei puri di cuore” per i moribondi rifiutati dagli ospedali, il “Centro di speranza e di vita” per i bambini abbandonati e la “Città della pace” a Shanti Nagar, dove i lebbrosi potevano vivere e lavorare».

E come c'è riuscita, senza soldi?
«Con le donazioni. Le vie del signore sono infinite... Pensi che quando cominciammo a costruire la Città della pace, la prima parte dei lavori la pagò, indirettamente, il papa, Paolo VI. In visita in India, era rimasto colpito da quanto facevamo: così mi donò la sua lussuosa cabriolet. Chissà quanta benzina consumava quel macchinone! Perciò la misi subito all'asta e usai quei soldi per aiutare il prossimo...»

Dal 1965, col permesso del papa, la sua Congregazione si espanse anche fuori dall'India. Da 12, le missionarie diventarono migliaia, apriste centinaia di orfanotrofi, strutture di assistenza ai malati di Aids, ospizi e centri per senzatetto, profughi e alluvionati in Africa, America, Asia ed Europa. Non si sente una specie di imprenditrice?
«Imprenditrice... non so. Certo mi ha fatto molto comodo l'assegno di circa un milione di euro che mi hanno dato col premio Nobel per la pace, nel 1979. In quell'occasione feci anche annullare il banchetto in mio onore: con i 7mila dollari risparmiati ho sfamato i miei poveri per un anno intero!».

Le scuole, gli ospedali, la ricerca dei fondi: come fa a far tutto?
«So che Dio non mi dà nulla che non possa gestire... Spero solo che non si fidi troppo di me!».

MORTE E SANTIFICAZIONE DI MADRE TERESA

Madre Teresa è morta il 5 settembre 1997, a 87 anni, a causa di vari problemi di salute dovuti all'età. L'India le riservò solenni funerali di Stato e la sua bara venne fatta sfilare tra migliaia di persone per le vie di Calcutta. Papa Giovanni Paolo II, che era molto amico di Madre Teresa, la proclamò Beata a tempo record, nel 2003, di fronte a una folla di 300mila persone raccolte a Roma, in piazza san Pietro. Fu il primo passo verso la santificazione, che è arrivata il 4 settembre 2016, per mano di papa Francesco.

CARTA IDENTITÀ

Nome religioso: Madre Teresa
Nome laico: Anjezë Gonxhe Bojaxhiu
Professione: suora missionaria, fondatrice della Congregazione religiosa delle Missionarie della Carità
Nata a: Skopje (Repubblica di Macedonia) il 26 agosto 1910
Morta a: Calcutta (India) il 5 settembre 1997
Segno zodiacale: vergine
Altezza: 1,52 cm
Pregi: umile, caritatevole, premurosa
Difetti: intransigente
Amici famosi: la principessa lady Diana, papa Giovanni Paolo II
Premi e riconoscimenti più importanti: Nobel per la pace (1979)
Segni particolari: indossa sempre i sandali e il suo sari di cotone bianco bordato di blu

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