Voi, cari piccoli amici, che a volte vi lamentate della troppa disciplina da rispettare a scuola e a casa vostra, probabilmente quando leggerete ciò che vi sto per raccontare vi sentirete molto fortunati. Soprattutto vi sentirete molto più liberi di come vi sentite a volte e considererete, in fondo, molto buoni con voi sia i vostri insegnanti che i vostri genitori... Insomma, a molti bambini e ragazzini dei tempi antichi andava peggio che a voi. Leggete qui com'era l'educazione dei giovani nell'antichità.
ANTICA GRECIA E ROMA: IL RUOLO CENTRALE DELLA MADRE
I primi 7 anni di vita di un bambino della Grecia antica trascorrevano in casa. Molti i termini greci che definivano l'essere bambino. Si parte da páis (fanciullo/a, figlio/a), népios (bambino/a piccolo/a, infante), bréphos (neonato/a), néos (giovane non adulto/a), paidìon (bambinetto/a). In questi primi sette anni di vita, la madre allattava il piccolo al seno fino ai due o tre anni d'età, lo coccolava e ci giocava. Qualche volta la aiutava anche il padre, ma doveva contare soprattutto sulla balia e su una nutrice anziana che curava materialmente il bambino, gli raccontava fiabe e storie e gli preparava i giochi. Fra questi ultimi c'erano l'altalena, il salto con la corda, il lancio dell'aquilone, i sonagli per i più piccoli, la palla, la trottola, i carretti, gli arnesi da cucina per le femmine e molti giocattoli.
Dopo i sette anni c'era la scuola, che era frequentata soltanto dai figli e dalle figlie delle famiglie benestanti, visto che era finanziata proprio dalle famiglie. Lì, sotto la guida di un maestro chiamato pedotriba, i bambini facevano esercizi fisici e ginnici, con il citarista imparavano a suonare uno strumento, a cantare e a danzare, con il grammatista o didascalo imparavano a leggere e a scrivere. Imparavano i testi classici a memoria. A casa il pedagogo, che era uno schiavo, insegnava ai meno abbienti o, nel caso dei piccoli che potevano frequentare la scuola, ripassavano le lezioni e insegnavano le buone maniere e la disciplina. Sia a scuola che a casa l'educazione e l'istruzione erano molto rigide: non poche volte i cattivi comportamenti erano puniti con le mani o con oggetti, come i sandali ad esempio.
Nell'antica Roma accadeva più o meno lo stesso: i bambini stavano a casa fino ai sette anni, allattati, coccolati ed educati dalle mamme, dalle balie e dalle nutrici. Dopo i sette anni, come in Grecia, andava a scuola chi se lo poteva permettere, perché anche a Roma essa era finanziata dalle famiglie. Nel caso della scuola romana, il pedagogo di casa, uno schiavo, accompagnava il bambino a scuola e assisteva anche alle lezioni, lo portava in giro per la città dopo la scuola e, come in Grecia, ripeteva le lezioni al bambino. A scuola i bimbi imparavano a leggere, scrivere e far di conto, mentre fra scuola e casa avevano la possibilità di giocare molto: palle, cerchi, trottole, dadi, bambole per le bambine e molto altro. A scuola e a casa le punizioni erano spesso manesche. Altro che note sul registro...
Come in Grecia, si andava a scuola all'alba. Fuori il pedagogo comprava la colazione al bambino. Alla pausa proprio per la colazione, il bimbo andava a casa e tornava a scuola nel pomeriggio, terminando la giornata con un bagno. Gli allievi migliori ricevevano piccoli premi dai maestri. A Roma il bambino era chiamato infans o parves puer. L'infanzia (infantia) durava appunto, per i Romani, sette anni.
ANTICA GRECIA: CORSA, CACCIA, MUSICA, POESIA, SCRITTURA E LIBRI
La Grecia era divisa in polis, ossia in Città-stato indipendenti l'una dall'altra. E anche l'educazione dei bambini e dei ragazzi era differente, ad esempio, da Sparta ad Atene. In genere, tuttavia, erano presenti la corsa, l'esercizio fisico e la caccia, che i bambini esercitavano completamente nudi.
La caccia non consisteva soltanto nel catturare animali per poi mangiarli; era, per i giovani Greci, l'occasione di conoscere il proprio territorio, i propri boschi, le piante, gli animali, i venti, i corsi d'acqua, il mare e ogni aspetto naturale. Per la buona salute, la forza fisica e la bellezza, i Greci imponevano ai loro bambini un regime alimentare basato soprattutto sui cibi freddi. Importante che se li servissero da soli. La caccia era anche un pretesto per il controllo del territorio, oltre che per la sua conoscenza, considerata un sapere fondamentale. A caccia i giovani erano accompagnati dai loro fedeli cani. Nell'addestramento dei giovani alla battaglia, non solo era importante la caccia a mani nude, ma anche andare scalzi d'inverno e dormire per terra, in modo che crescessero abituati alle condizioni sfavorevoli e potessero temprare il loro carattere e sviluppare il coraggio.
Per esercitare la precisione, i giovani potevano cacciare gli animali anche lanciando giavellotti, bastoni o lance. Esistevano delle apposite gare di caccia in cui i giovani, al termine della sfida, erano chiamati ad esibire le loro prede. Di gare per giovani ce n'erano molte, soprattutto quelle di corsa. Corsa che veniva allenata soprattutto nei boschi inseguendo le lepri. Oltre a ciò, i giovani dovevano esercitarsi nella ginnastica e nella danza. Entrambe le discipline venivano praticate nei ginnasi, delle specie di palestre che in Grecia erano molto comuni. Danzare era considerato importantissimo per lo sviluppo armonico del corpo attraverso il ritmo; anche nel teatro greco la danza era un elemento fondamentale, con i giovani spesso protagonisti.
Ma in Grecia si pensava solo al corpo? Niente affatto. L'educazione si svolgeva su due binari che tra di loro erano assolutamente complementari: il corpo e la mente. L'educazione intellettuale si basava soprattutto su scrittura, musica e giochi. Ma anche sulla matematica. Fra gli strumenti da imparare a suonare c'erano la lira e il flauto. C'era lo studio dei poemi, la lettura, la scrittura su tavolette o rotoli di papiro. Le femmine erano educate soprattutto attraverso la danza, la poesia, la musica, la scrittura.
Per quanto concerne gli esercizi ginnici, alle femmine erano consentiti solo a Sparta e soprattutto il nuoto. Era previsto anche il momento dello svago. Uno dei giochi più praticati sia dai maschi che dalle femmine era quello degli astragali. Consisteva nel danzare seguendo il ritmo dettato da un maestro.
ROMA: PIÙ FORZA. MENO CORSA
A Roma, a sette anni l'infans diventava un puer, termine che ha la sua radice nella parola purus (puro) ma che in realtà, a Roma, significava “non abile per la guerra”. Dai sette ai quattordici anni i ragazzini andavano a scuola, dove oltre a leggere e a scrivere imparavano a memoria anche i più importanti testi classici.
In seguito potevano frequentare corsi superiori, ma in tutti i casi erano chiamati alle esercitazioni militari, molto dure e rigide. Pensate un po', ragazzi: in teoria dai quattordici ai diciassette anni si poteva già combattere in guerra. E non era affatto raro che ciò accadesse!
Gli storici dell'epoca raccontano di molte vite giovanissime spezzate in battaglia... Le bambine, dal canto loro, potevano sposarsi appena compiuti i dodici anni. Ma in realtà, era frequente che si sposassero anche prima dei dodici anni - cosa che in Grecia non accadeva - e che avessero figli prima di tale età! In generale, i maestri più validi dei giovani Romani a scuola erano quasi tutti di origine greca, di solito fatti venire apposta da Atene per istruire in modo ottimale i giovani.
Nonostante questo, c'è da dire che ad alcune cose che erano importanti per i Greci, e anche per i vicini Etruschi, i Romani non hanno dato molto peso nell'educazione e nell'istruzione degli adolescenti. Ad esempio, non esisteva un insegnamento capillare della musica e della danza, che erano perlopiù lasciate a chi aveva la volontà di apprenderle in modo autonomo. Non avevano la stessa importanza che in Grecia neanche la caccia e la corsa, e più in generale l'esercizio ginnico. A Roma l'esercizio fisico si basava meno sull'agilità e molto di più sulla forza, con tanta lotta.
Insomma, per concludere, io direi che a voi, cari amici focusini, non è andata poi tanto male. Che ne dite?
FONTI BIBLIOGRAFICHE PRINCIPALI:
G.Levi e J.C.Schmitt (a cura di), Storia dei giovani. Volume 1: Dall'antichità all'età moderna, Laterza
E.Becchi e D.Julia (a cura di), Storia dell'infanzia. Volume 1: Dall'antichità al Seicento, Laterza, 1997