Il 19 luglio 1992 moriva nella strage di via D'Amelio il giudice Paolo Borsellino, da sempre amico e collega di Giovanni Falcone. Borsellino ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia. Ricordiamolo insieme e diciamo: "Sì alla legalità"!
Il 19 luglio 1992, alle ore 16.58, un'auto imbottita di tritolo che era parcheggiata in Via D'Amelio (Palermo), sotto l'abitazione del giudice, uccideva Paolo Borsellino e gli agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Il 22 maggio dello stesso anno la stessa sorte era toccata (a Capaci) a Giovanni Falcone.
Paolo Borsellino è stato un uomo speciale che, insieme a Giovanni Falcone e altri magistrati, ha combattuto Cosa Nostra, la mafia siciliana.
Ha scelto fin da piccolo la strada della legalità: Borsellino era nato nel 1940 a Palermo nel quartiere popolare La Kalsa. In quelle stesse vie crescevano lo stesso Giovanni Falcone ma anche mafiosi come Tommaso Buscetta. Sia Falcone sia Borsellino decisero, però, di scegliere la via della lotta alla criminalità studiando legge con il sogno di diventare magistrati.
Nel 1963, infatti, Borsellino realizzò il suo sogno e divenne il più giovane magistrato d'Italia. Da quel momento in poi, tutta la sua vita fu dedicata alla lotta alla mafia.
"È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola" (Paolo Borsellino)
Negli anni '80, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone furono gli istitutori di quello che passerà alla storia come il maxi-processo di Palermo. Forti delle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta, ex-pezzo da novanta di Cosa Nostra, i giudici riuscirono infatti ad ottenere ben 342 condanne (ecco perché "maxi), molte delle quali però ricadevano su personaggi ancora latitanti come Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Quei mesi furono frenetici per tutto il Paese, ma in particolare per Falcone e Borsellino, che nelle fasi preparatorie del processo dovettero trascorrere dei motivi di sicurezza parecchie settimane all'Asinara, l'isoletta-colonia penale a nord della Sardegna dove furono chiamate a vivere anche le famiglie dei magistrati.
Insomma, la dedizione alla causa era totale.
Nel Paese, l'emozione per la morte di Borsellino fu fortissima: diecimila persone parteciparono ai suoi funerali. Nell'orazione funebre per Borsellino, Antonino Caponnetto, un giudice, disse: "Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi".
Facciamo tesoro di queste parole, prendiamo esempio dalla vita di Borsellino e diciamo sempre: "No alla mafia!" .
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