È da poco spuntata l'alba sulla foce del Tevere. Lo vedo in lontananza, è Enea, l'uomo che dovrò intervistare. Sta arrivando su una nave, dopo aver affrontato tempeste, pestilenze e mostri terribili per scappare dalla guerra. Per fortuna, qui sulle coste del Lazio dove lo sto aspettando, nel XII secolo a.C. a nessuno è mai saltato in mente di chiudere i porti.
Anche perché, dice la leggenda, sarà grazie a lui e alla sua discendenza se Roma verrà fondata, da qui a 5 secoli. Ma eccolo, è sbarcato finalmente sulla costa del Lazio: vi presento il mitologico eroe troiano Enea.
Buongiorno principe! So che sarà stanco dopo il lungo viaggio, ma posso farle qualche domanda?
«Sono il pio Enea, noto per fama oltre i cieli, figlio del mortale Anchise e di Venere, dea della bellezza. Con la flotta mi porto appresso i Penati, scampati al nemico. Cerco la patria Italia e gli avi miei, nati dal sommo Giove. Ma lei invece chi è?».
Io sono una giornalista. E sono curiosa: cosa sono questi “Penati” che si porta dietro?
«Sono gli spiriti protettori della mia famiglia e della mia casa. Rivolgo loro offerte e preghiere: dove sono loro, là è la mia casa».
E della casa che è stato costretto a lasciare, cosa mi può dire? Quando è successo e perché?
«Circa sette anni fa. Era il 1184 a.C.: ricordo ancora molto bene la notte in cui sono fuggito da Troia in fiamme. I Greci, che ci assediavano, riuscirono a entrare in città, nascondendosi dentro un enorme cavallo di legno. Un'idea dello scaltro Ulisse... Troia cadde, vennero appiccate le fiamme: provai a combattere, inutilmente. Così presi il mio vecchio padre Anchise sulle spalle, il mio figlioletto Ascanio per mano e fuggii. Mia moglie Creusa ci seguiva, ma nel buio si perse. La cercai ovunque, invano, finché... incontrai il suo fantasma. Prima di sparire, mi esortò a fuggire, perché il mio destino voleva così...».
Così lei partì per mare, insieme a molti Troiani e alleati.
«Esatto. Prendemmo il mare da profughi, senza alcuna certezza: davanti a noi solo un futuro incerto».
Non aveva altra scelta?
«Crede che se avessi avuto un'alternativa qualunque avrei mai messo mio figlio su una nave, tra i pericolosi flutti, senza sapere neppure dove saremmo finiti e se saremmo sopravvissuti?».
Ha ragione, mi scusi. Chi non prova sulla propria pelle queste tragedie, a volte non capisce... Può raccontarmi qualcosa del suo viaggio?
«Navigammo tra mille pericoli e toccammo diversi porti, ma mai la terra predestinata, dove, secondo l'oracolo, avrei dovuto fondare una nuova stirpe. Nel frattempo mio padre morì, fummo colpiti dalla peste e attaccati dalle Arpie, degli uccelli mostruosi con il volto di donna. Ah sì, per un soffio scampammo al ciclope Polifemo, che voleva ucciderci. Infine ci colse una terribile tempesta che distrusse la maggior parte della flotta e sbatté le sette navi rimaste sulle coste dell'Africa».
Lì però è successo qualcosa di buono: ha conosciuto l'amore, la regina e fondatrice di Cartagine...
«Ah, Didone! L'ho anche perso, quell'amore. Fui costretto ad abbandonarla e lei si uccise per questo... No, non mi guardi così: so di averle spezzato il cuore e non potrò mai perdonarmelo, ma gli dèi hanno deciso per me. Giove me l'ha ricordato: l’Italia è la terra del Destino e là devo condurre la mia gente. Io rispetto sempre l'ordine stabilito dal Fato...».
Le credo, vedo il suo dolore... La prego, continui a raccontare...
«Col cuore colmo di tristezza, mi diressi a Cuma, sulle coste della Campania: dovevo interrogare la paurosa Sibilla, la profetessa del dio Apollo, per conoscere il mio futuro. È stata lei a farmi entrare nell'Oltretomba, addormentando Cerbero, il mostruoso cane a tre teste a guardia della porta. Così ho potuto incontrare l'anima di mio padre Anchise».
Wow... E cosa le ha detto?
«Più o meno queste parole: “A te il Destino ha riservato un grande compito: quello di essere un capostipite. Tu guiderai la tua gente e la condurrai in una nuova terra, tu sarai un condottiero. Di te il mondo dirà: «Ecco l’eroe venuto da lontano, ecco colui che ha dato vita ad un nuovo mondo»”. E ora finalmente sono a casa».
APPROFONDIMENTO: L'ENEIDE
Enea è il protagonista di un antico poema epico incompiuto: l'Eneide. L'opera venne scritta dal poeta latino Virgilio, nel I secolo a.C., per dare un passato glorioso e un'origine divina ai fondatori di Roma. Le avventure di Enea infatti non terminano con lo sbarco nel Lazio. Una volta a terra, l'eroe viene accolto dal re Latino, che gli offre in sposa sua figlia Lavinia. Così facendo, però, scatena la guerra con Turno, il re dei Rutuli. L'Eneide si conclude con la vittoria di Enea, ma la leggenda continua: suo figlio Ascanio costruirà la città di Alba Longa, dando origine alla dinastia da cui discenderà Romolo, fondatore di Roma.
CARTA IDENTITÀ
Nome: Enea
Professione: principe troiano, eroe mitologico e guerriero valoroso
Nato: sulle falde del monte Ida (Troade), nel XII secolo a.C.
Morto: nel Lazio, dopo quattro anni di regno
Causa di morte: ucciso durante una battaglia contro gli Etruschi, nelle vicinanze del fiume Numico
Genitori: Anchise, il cugino del re di Troia, e Venere, la dea della bellezza
Mogli: Creusa e Lavinia
Figlio: Ascanio
Pregi: coraggioso, fisico perfetto, viso bellissimo, capigliatura fluente e occhi brillanti
Passioni: Didone, la regina di Cartagine
La frase: “Non cedere alle disavventure, ma va contro di esse con coraggio!” (un consiglio della Sibilla)