Goffredo Mameli giace nella sua brandina, nell'ospedale militare ricavato nell'ospizio della Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. È pallido ed emaciato, con il lenzuolo tirato fin sotto il mento: non è molto più grande di voi e in quel letto sembra ancora più piccolo. Ha freddo, anche se è il 2 luglio del 1849 e qui a Roma fa caldo. L'hanno ferito in battaglia e i medici hanno dovuto tagliargli una gamba. Eppure la sua salute non è migliorata, anzi. Povero ragazzo: non ha ancora compiuto 22 anni e morirà fra quattro giorni, per realizzare il sogno di un'Italia unita.
Ma voi forse ricordate il suo nome per un altro motivo: ha scritto lui le parole del nostro inno. Sì, proprio quello che cantate allo stadio prima che giochi la Nazionale azzurra: “Fratelli d'Italia”… “L'Italia s'è desta”...
«Lei conosce il mio componimento! Non la trova una poesia bellissima?».
Certo che lo conosco. E sì, sono parole preziose. Ma come le sono venute in mente?
«Da sole, di getto: è così fin da quando ero piccolo. E non sa che versi vorrei scrivere adesso, dopo la terribile notizia che ho ricevuto...».
Cos'è successo?!
«Oggi i Francesi sono entrati in città, abbiamo perso: la Repubblica romana non esiste più, il papa tornerà a governare sullo Stato pontificio. Speravo che tutto sarebbe partito da qui, che l'indipendenza e l'unità d'Italia non fossero poi così lontane. Invece...».
Non si abbatta, sono tempi difficili: l'Italia è ancora troppo divisa, tra il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie, il Regno lombardo-veneto dominato dagli Austriaci e lo Stato pontificio, il Granducato di Toscana e vari ducati... Ma vedrà, la libertà e l'unità arriveranno!
«Lei è bene informata! Non sarà mica una spia degli Austriaci?»
Certo che no, stia tranquillo! Piuttosto, mi dica: da dove vengono le sue idee liberali?
«Da mia madre Adelaide: è una donna coltissima. È stata la mia insegnante fino a quando non ho compiuto 13 anni: ero troppo cagionevole di salute per andare a scuola».
E come ha fatto, così giovane e gracile, a combattere in giro per l'Italia?
«Niente mi può fermare! La mia fonte di ispirazione è Giuseppe Mazzini, il mio idolo assoluto. Pensi, l'ho incontrato di persona, a Milano, il 18 aprile 1848: un'emozione indescrivibile! Tra noi è nato subito un ottimo rapporto: chissà, forse perché da bambino era innamorato di mia madre...».
E lei, è mai stato innamorato?
«Sì, un'unica, sfortunata volta: amavo Geronima Ferretti, ma lei ha sposato un altro. Ah, i moti dell'anima... i miei acerrimi nemici! Sono troppo sentimentale, per questo per me poesia e vita reale sono così legate».
Eh sì, basta leggere i suoi versi patriottici...
«Li ho recitati in pubblico, nei momenti più drammatici della nostra lotta. Persino sulla nave di mio padre, che era Ammiraglio della Marina militare del Regno di Sardegna. Mi dispiace solo che sia stato “mandato a riposo” per questo».
Ma perché, che cosa dice nelle sue poesie?
«Con i miei inni cerco di ispirare gli Italiani a sentirsi tutti fratelli e a far guerra ai dominatori stranieri: solo uniti si può vincere. Però guardi che non ho combattuto solo a parole...».
Lo so. Lei è un po' un eroe nerd, uno di quelli che sembrano intelligenti e imbranati, ma poi sono fortissimi anche sul campo. Ha rischiato la vita in battaglia e in tante insurrezioni: mi racconta una delle sue imprese?
«A marzo del 1848 misi insieme una colonna di circa 500 volontari genovesi e marciammo fino in Lombardia, per portare aiuto ai Milanesi insorti contro gli Austriaci. Fu allora che incontrai Mazzini! Purtroppo la liberazione sarebbe stata di breve durata».
Comunque non si arrese...
«No di certo! Riorganizzai la colonna armata e ci aggregammo ai volontari di Giuseppe Garibaldi. Ero con lui a Roma quando il 9 febbraio venne proclamata la nascita della Repubblica romana: fui io a dare la notizia a Mazzini, con un dispaccio».
Poi le cose sono precipitate?
«Esatto. Gli Austriaci hanno avuto la meglio al Nord e i Francesi hanno assediato Roma».
E qui sappiamo com'è finita...
«Il 3 giugno fu il giorno fatale, per me. Ero aiutante di campo di Garibaldi. I nemici avevano conquistato molte postazioni importanti: durante una carica lanciata per riprenderci villa Corsini, venni ferito alla gamba sinistra. Sono qui dentro da allora... Lo sento, non sopravviverò. Proprio com'è successo alla Repubblica romana».
L'INNO NAZIONALE
Cantato per la prima volta pubblicamente il 10 dicembre 1847 a Genova, per commemorare la rivolta del quartiere di Portoria contro gli Austriaci, da allora per due anni accompagnò le imprese dei patrioti. Il testo infatti suscitava nel popolo italiano l'orgoglio nazionale, facendolo sentire unito nel passato comune e glorioso dell'antica Roma. Nel 1946 venne adottato come inno provvisorio della Repubblica italiana, ma solo dal 15 novembre di tre anni fa “Il Canto degli Italiani” è diventato ufficialmente il nostro inno nazionale.
CARTA di IDENTITA'
Nome: Gotifredo Mameli dei Mannelli
Noto come: Goffredo Mameli
Professione: poeta, giornalista e patriota
Nato il: 5 settembre 1827, a Genova
Morto il: 6 luglio 1849, a Roma
Causa di morte: setticemia
Genitori: Giorgio Mameli e Adelaide Zoagli
Primo amore: Geronima Ferretti
Segno zodiacale: Vergine
Pregi: esuberante, combattivo, coraggioso
Difetti: focoso, testa calda, incostante
Passioni: poesia e politica
Idolo: Giuseppe Mazzini
Opera principale: Il Canto degli Italiani