Gli antropologi hanno a lungo sostenuto che gli uomini primitivi avessero una divisione dei ruoli piuttosto rigida: gli uomini cacciavano e le donne si occupavano dei raccolti. Un nuovo studio invece afferma che la maggior parte delle donne erano cacciatrici.
In particolare, la nuova ricerca ribalta uno dei principali elementi su cui gli scienziati si sono basati per dedurre come vivessero gli uomini 200.000 anni fa, quando l'Homo sapiens fece la sua comparsa come specie.
Certo, non ci sono prove dirette, ma gli scienziati hanno osservato gruppi di popolazioni che vivono in aree remote di paesi a basso e medio reddito, che conducono ancora una vita di caccia e raccolti, perché ritengono siano una sorta di "finestra sul passato" dell'umanità. Antropologi e ricercatori quindi hanno vissuto con questi gruppi per capire la loro organizzazione.
Gli antropologi hanno studiato i dati raccolti negli ultimi cento anni di 63 comunità di cacciatori e raccoglitori di tutto il mondo. È emerso che nell'80% dei casi le donne sono cacciatrici. Un team di scienziati negli anni '80 ha osservato che le donne Agta, nelle Filippine, erano abili cacciatrici: lanciavano archi e frecce alte quanto loro e miravano a cinghiali e cervi, mentre le donne Matses dell'Amazzonia colpivano i paca (Cuniculus paca) un tipo di roditore, con i machete.
Nessuno aveva mai realizzato uno studio sistematico di ciò che i rapporti di osservazione riportavano sulle donne cacciatrici. L'antropologa Cara Wall-Scheffler, della Seattle Pacific University e autrice senior del nuovo studio e i suoi collaboratori hanno analizzato i dati dal 1800 fino ai giorni nostri e poi hanno pubblicato lo studio sulla rivista Plos One.
Nella Preistoria le donne cacciavano da sole, con il marito, con le amiche, con le sorelle o i figli e maneggiavano con sicurezza coltelli, reti, lance, machete, balestre e altro ancora. Questa scelta mirata di armi e strategie, ha chiarito ai ricercatori che le donne pianificavano le loro battute di caccia, anziché cacciare in modo occasionale o casuale mentre svolgevano altre attività quotidiane.
A far scattare la molla del nuovo studio è stata una recente scoperta archeologica. Nel 2020, un team di scienziati aveva riferito di aver trovato sulle Ande, uno scheletro femminile risalente a circa 9.000 anni fa, sepolto accanto a strumenti per la caccia. L'antropologa Cara Wall-Scheffler ha dichiarato che la presenza di armi da sepoltura in un primo momento aveva indotto gli archeologi a ritenere che lo scheletro fosse maschile.
Solo l'analisi morfologica e il test del Dna hanno confermato che il cacciatore era in realtà una donna. Ma questo errore di interpretazione iniziale - e il suo ribaltamento - ha fatto sorgere dei dubbi a Wall-Scheffler che non ha esitato a commentare che a volte anche gli scienziati hanno pregiudizi tanto da portarli a trascurare importanti indizi sulle donne nei reperti archeologici. «Gli uomini cacciano e le donne raccolgono (e non combattono), una convinzione/pregiudizio che può ancora influenzare l’interpretazione dei siti archeologici. Ad esempio, gli archeologi presumono abitualmente che gli scheletri trovati con le armi appartengano a uomini».