La strage - o eccidio - delle Fosse Ardeatine rappresenta uno dei tanti momenti bui della storia italiana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Settantacinque anni fa infatti, i soldati della Germania nazista che occupavano Roma rastrellarono 335 italiani (civili, ebrei e militari) e li fucilarono in una cava presso l'antica via Ardeatina, appena fuori dalla capitale.
LA PREMESSA
Nel 1944 l'Italia era divisa in due. Il fascismo era caduto, ma Mussolini - prima arrestato e poi liberato dai tedeschi - aveva formato un nuovo governo nel Centro- Nord Italia, la cosiddetta Repubblica di Salò.
Essa però non era altro che una marionetta nelle mani di Adolf Hitler e dopo l'armistizio dell'8 settembre con cui il generale Badoglio aveva dichiarato la resa dell'Italia, l'esercito nazista calò fino a Roma per occupare il Paese e contrastare l'avanzata delle truppe anglo-americane che avanzavano da Sud (il 10 luglio 1943 gli Alleati erano sbarcati in Sicilia).
In questa situazione caotica, a pagare il prezzo maggiore fu la popolazione civile, bombardata dagli aerei Alleati e terrorizzata dalla famigerata polizia nazista (SS e Gestapo) che manteneva l'ordine con il terrore.
I PARTIGIANI
Dopo la caduta del fascismo e l'occupazione tedesca, molti italiani decisero di scappare e unirsi alle forze partigiane per combattere clandestinamente le forze nazi-fasciste.
I partigiani agivano con operazioni di guerriglia per indebolire la Wermacht (l'esercito tedesco) e incitare la popolazione alla rivolta. Questa operazione riuscì perfettamente a Napoli, dove fascisti e nazisti vennero cacciati ancor prima dell'arrivo degli anglo-americani nella famose Quattro Giornate del 1943 (dal 27 al 30 settembre).
Roma però era ben più difficile da liberare, anche se la sua popolazione cominciava a dare filo da torcere alle truppe d'occupazione.
L'ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE
La strage del 24 marzo si compì proprio come rappresaglia per un'azione partigiana. Il 23 marzo - il giorno prima dell'eccidio - una bomba partigiana piazzata in Via Rastella aveva ucciso 33 tedeschi appartenenti ai corpi di polizia del reparto "Bozen" (altri periranno nei giorni successivi).
L'atto terroristico fu un duro colpo per i nazisti, che infatti reagirono con furia ceca, ordinando un'immediata vendetta: 10 italiani sarebbero dovuti morire per ogni tedesco ucciso. Questo numero fu frutto di una mediazione tra i vertici tedeschi, visto che all'inizio Hitler, accecato dalla rabbia, voleva che a morire fossero 50 italiani per ogni soldato ammazzato.
La mattina del 24 marzo dunque, con la complicità delle autorità italiane (fasciste), le SS del colonnello Herbert Kappler caricarono sui furgoni 335 prigionieri - di cui 75 italiani di origine ebraica - e si diressero verso delle cave vicine alla Via Ardeatina. I cinque prigionieri in più rispetto al conto "dieci italiani per un tedesco" furono un tragico errore di conto.
Qui i nazisti fucilarono tutti i presenti, cercando poi di nascondere il loro massacro facendo saltare in aria parte dell'entrata alle Fosse Ardeatine.
Primi testimoni l'orrore nazista furono un gruppo di frati salesiani che, udito per tutto il giorno i rumori dell'esecuzione, s'intrufolarono di notte nella cava per vedere cosa fosse successo. Ora nel luogo dell'eccidi sorge un monumento a imperitura memoria delle vittime innocenti che quel giorno persero la vita sotto i colpi di un nemico crudele e senza pietà.