Le fiabe hanno un valore immortale perché ciò che raccontano fa parte della natura umana, della crescita personale, delle paure e delle prove da superare che nei millenni hanno forse cambiato contesto, ma non il procedimento. Quella di Barbablù è una fiaba scritta nel XVII secolo da Charles Perrault e fece la sua prima apparizione ne I racconti di Mamma Oca nel 1697.
Non molti sanno che questa fiaba si ispira ad una storia vera: quella di Gilles de Rais, maresciallo di Francia era un uomo colto, amante dell’arte e della letteratura, amico di Giovanna d’Arco eppure aveva un lato oscuro. Nelle segrete del suo castello torturava ed uccideva centinaia di bambini, rapiti alle famiglie povere nelle vicinanze. Una doppia vita quindi: da una parte il lusso delle feste e lo sfarzo delle gesta; dall’altro la crudeltà senza ragione.
Recentemente, oltre che nel corso della storia, alcuni serial killer o persone che hanno commesso violenze reiterate (ovvero prolungate, con cadenza ripetitiva) nel tempo hanno preso l’appellativo di "Barbablù". Alcuni sono stati scoperti e puniti.
Barbablù è un ricco signore con grandi possedimenti, terre e forzieri di monete d’oro ma è brutto, molto brutto, apparentemente a causa della sua insolita barba di colore blu. Egli desidera prendere sposa - nonostante avesse già avuto alcune mogli, scomparse nel nulla – ma le donne, alla sua vista, si spaventano e fuggono da lui.
Barbablù non si dà pace e continua ad insistere nella sua ricerca. Una gran dama della città vicino al suo castello, rimasta vedova era caduta in rovina con i suoi due figli e le tre figlie. Barbablù tenta ancora, chiedendo la mano di una delle sorelle, non importa quale sia. Le maggiori rifiutano categoricamente nonostante i numerosi regali: fiori, gioielli, inviti a feste sfarzose, battute di caccia, banchetti ai quali erano invitati i familiari e gli amici delle ragazze per una settimana. La madre non le obbliga a prenderlo come marito e le lascia libere di scegliere da sole. La figlia più piccola, inizialmente contraria all’idea, si convince di fronte a tanto lusso e ricchezze, che “la sua barba non è poi tanto blu” e all’improvviso accetta le nozze con Barbablù per sistemare l’intera famiglia.
Dopo un mese di matrimonio l’uomo dice alla moglie di dover partire per un lungo viaggio d’affari molto importante e le consegna un mazzo di chiavi per aprire tutte le dispense, gli armadi, le porte ed i tesori. E le consiglia di dare feste e di invitare le sue amiche per tenerle compagnia. Che uomo generoso, direte voi!
Infine Barbablù consegna alla moglie una piccola chiave di uno stanzino e le vieta di entrarvici in modo assoluto, pena: il furore e l’ira dell’uomo. La sposina cede alla curiosità e scopre il segreto del marito: nella camera segreta sono appese le sei precedenti mogli di Barbablù. Per l’orrore la ragazza lascia cadere la chiave che si imbratta di sangue. Dopo aver chiuso la porta, prova a ripulirla ma la chiave è magica ed il sangue non va più via. Al ritorno del marito, che chiede subito la riconsegna delle chiavi, la moglie è terrorizzata ed infatti Barbablù la scopre.
Solo grazie ai minuti di preghiera prima della sentenza di morte che la aspetta, la protagonista riesce ad avvisare la sorella che era nel castello ed i fratelli mentre si avvicinano a cavallo. Poco prima di morire i due fratelli giungono ed uccidono Barbablù. La sorella minore erediterà tutte le ricchezze e sposerà un principe azzurro senza barba blu.
Tra i secoli e le diverse culture la barba ha avuto moltissimi significati. Nell’antico Egitto era proibita per ragioni igieniche mentre per i mussulmani è un segno sacro, quindi è vietato tagliarla. In molti popoli simboleggiava la maturità dell’uomo non più ragazzo, dei saggi, dei monaci, dei maghi, di coloro che per esperienze vissute possedevano una certa conoscenza.
In altri tempi la barba era anche simbolo di forza e potere, quindi Re, nobili e maestri la portavano sempre, un po’ lunga ma curata. E sapete perché curata? Perché come spesso succede, ogni cosa ha due possibili letture: quella positiva e quella negativa.
Se da una parte, quindi, la barba lunga è sinonimo di un crescere spontaneo e naturale, dall’altra rappresenta trascuratezza, ovvero poca attenzione alla cura di sé (per mancanza di tempo, di volontà o di mezzi igienici). È il secondo caso quello di Barbablù, dove l’insolita colorazione della barba porta, a coloro che lo incontrano, diffidenza e timore (e in questo caso ben giustificato!). Il colore blu simboleggia infatti anche attesa, distacco, distanza e rinuncia che però si tuffano in un’altra dimensione: quella in cui si acquisisce consapevolezza, in cui si comprende e si vede la verità delle cose. Così la protagonista della fiaba, aprendo la porta proibita, si rende conto di chi aveva realmente sposato e libera se stessa (e altre future vittime!) da un terribile e pericoloso persecutore.
La fiaba vorrebbe quindi metterci in guardia dalla curiosità, vorrebbe insegnarci ad essere obbedienti e a non guardare oltre il proprio naso? Secondo me, e non sono la sola, tutto il contrario. La voglia di andare fino in fondo della protagonista la salva dal matrimonio con un essere orribile. Non era l’amore che li aveva uniti ma la vanità e la ricerca di beni materiali della ragazza che cade vittima dell’inganno del malvagio Barbablù, il quale cercava mogli da controllare e comandare per soddisfare il proprio ego, la propria sete di potere sugli altri.
Purtroppo questo meccanismo succede tuttora quotidianamente: nelle relazioni sentimentali da parte di uomini e donne, nei luoghi di lavoro, con gli amici, con i propri parenti. La violenza non è soltanto quella fisica e sessuale. Gli abusi che feriscono l’anima sono quelli che avvengono attraverso la mente e le emozioni, quando siamo più deboli e non riusciamo a riconoscere coloro che vogliono manipolarci. Il controllo sugli altri avviene per ricatto morale, sminuendo la persona, facendole credere di non essere niente senza la presenza dell’altro, rendendola incapace di pensare con la propria testa e facendola essere dipendente in tutto. Questo genera relazioni malate dalle quali è difficile uscire da soli, occorre innanzitutto rendersi conto della propria condizione e trovare una grande forza di volontà per capire di essere vittime, per slegarci dalle illusioni in cui ci hanno fatto credere.
È soltanto grazie agli errori che riusciamo a crescere ed imparare. Il tutto sta nel saperli affrontare e riconoscere. L’ingenuità della protagonista non è del tutto incolpevole, dato che vuole ottenere una vita più comoda ed agiata. In questo modo si convince che “la barba non è poi così blu” e cade nella trappola del falso corteggiatore. Spesso ci assolviamo e temiamo la punizione di fronte ad uno sbaglio invece di capirne il senso e cambiare. Il proibito incita alla curiosità negli spiriti sani mentre in coloro che non hanno senso critico e seguono gli ordini senza pensare, la curiosità non ha effetto.
Oggi sentiamo spesso parlare della violenza sulle donne, di femminicidio, di stalker (persecutori) ma, se controlliamo anche le statistiche dei casi, siamo alla pari tra uomini e donne come vittime. È vero che un maschio può essere fisicamente più forte ma la mente è la stessa per tutti, non esiste un genere più fragile quando si tratta di manipolazione e controllo. Le donne hanno subíto molte ingiustizie nel corso dei secoli, molte differenze di diritti su tutti i piani da quelli sociali a quelli politici (come per esempio il diritto al voto), alla possibilità d’istruirsi o di lavorare, di essere indipendenti, di affermarsi in ambiti scientifici, governativi, di dirigenza. Dopo aver lottato per “conquistare” tutto questo non è possibile buttarsi via per vivere nel lusso, per soldi, per una buona posizione. La vanità che la moglie di Barbablù aveva, l’ha portata vicino alla rovina e solo la determinazione e la scoperta di sé, le ha fatto affrontare l’errore e risolverlo.
Dobbiamo interrogarci, sempre. Fidarci delle nostre sensazioni senza lasciarci convincere da ciò che luccica. Conoscere, capire, emozionarsi di fronte alla Bellezza, con rispetto pretenderne altrettanto...
Se non mi fai conoscere la tua “stanza segreta” come pretendi che mi possa fidare di te?
FONTI: Barbablù, Charles Perrault Éric Battut, Edizioni Bohem Press Italia, 2001; La fiaba di Barbablù, un'interpretazione psicologica, Monica Giacomino Piovan per Academia.edu