Il 27 gennaio non è una data come le altre: il 1 novembre del 2005 l’assemblea generale delle Nazione Unite ha deciso che è la Giornata internazionale della memoria.
Le vittime dell’Olocausto, cioè gli ebrei e altri “indesiderabili” (omosessuali, testimoni di Geova, rom, malati di mente, disabili e prigionieri politici) sterminati dai nazisti tedeschi e dai loro alleati durante la seconda Guerra mondiale. In totale si stima che furono uccise quindici milioni di persone tra il 1941 e il 1944, tra cui circa sei milioni di ebrei (la persecuzione degli ebrei viene ricordata anche con il termine Shoah): uomini, donne e bambini. Anne Frank era una di loro, una ragazzina ebrea di 13 anni costretta a scappare dalla Germania per nascondersi in una casa ad Amsterdam dove per due anni è rimasta chiusa scrivendo un diario, che è stato pubblicato nel 1947, ed è diventato famoso in tutto il mondo. Il 4 agosto del 1944 Anne e gli altri clandestini nascosti furono traditi e vennero arrestati dai nazisti. Di recente è stata fatta una nuova ipotesi: il blitz che portò all’arresto potrebbe essere stato frutto di un’indagine sul lavoro illegale nella casa dove Anne e la sua famiglia erano nascosti. Quel che è certo è che Anne finì prima nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e poi in quello di Bergen-Belsen, dove morì insieme alla sorella più grande Margot.