Il 21 agosto del 1968 i telegiornali di tutto il mondo aprivano le loro edizioni mostrando le immagini, perlopiù in bianco e nero, di una lunga fila di carri armati che faceva irruzione dentro una delle piazze più belle d'Europa: l'Unione Sovietica, la grande potenza dell'Est, metteva così fine alla Primavera di Praga!
Negli anni '60 il mondo era molto diverso da come lo conosciamo oggi. Il pianeta era diviso in due grandi aree opposte da differenti ideologie e approcci economici: ad ovest si trovava il cosiddetto Blocco Atlantico, retto dalla potenza capitalista dagli Stati Uniti, mentre ad Est si ergeva il Blocco Sovietico, dove la Russia - che allora si chiamava Unione Sovietica (o URSS) - imponeva la dottrina comunista ai molti stati e staterelli sotto la sua sfera d'influenza.
Tra questi vi era anche la Cecoslovacchia, un Paese a metà tra i due blocchi e che proprio per la sua posizione "affacciata" sull'Occidente era uno dei paesi comunisti con la maggiore tradizione democratica e di rapporti con l'Europa capitalista.
Il clima politico e culturale cecoslovacco quindi non era molto conforme ai rigidi lacci imposti dall'URSS e Praga, la capitale, in pochi anni era diventata un importante punto d'incontro per politici, scrittori e artisti poco inclini all'oppressione sovietica
Nel 1968 poi, si presentò l'occasione per dare una svolta al Paese.
In quell'anno infatti, grazie ad una serie di circostanze favorevoli, diventò segretario del partito (e quindi, di fatto, Capo dello Stato) il compagno Alexander Dubček, un uomo dalle idee progressiste che credeva in un "socialismo dal volto umano" e voleva una Cecoslovacchia più moderna e, soprattutto, più libera.
Dubček quindi varò una serie di riforme che agli occhi dell'Occidente apparivano come una vera novità per un Paese di stampo comunista. Di colpi infatti si iniziava a parlare di libertà di stampa, di diritto allo sciopero e addirittura della possibilità di formare altri partiti politici diversi da quello comunista!
Naturalmente Mosca non poteva accettare tutto ciò: se il modello cecoslovacco avesse preso piede, altri Paesi avrebbero reclamato maggiore autonomia e sarebbe stata la fine dell'egemonia russa!
Dopo mesi di tentativi di screditare il governo cecoslovacco e schermaglie diplomatiche, l'Unione Sovietica decise pertanto di risolvere la questione una volta per tutte.
Con una straordinaria dimostrazione di forza, il leader russo Leonìd Brèžnev inviò un'intera divisione di carri armati ad occupare Praga e "salvare le conquiste del socialismo". I tank russi sfilarono per la lunga e meravigliosa Piazza Venceslao e in pochi giorni posero fine all'esperienza di Dubcek e della "Primavera" che tanto aveva fatto sperare il mondo per un futuro migliore.
Tutte le libertà concesse vennero annullate e la situazione politica si fece ancora più pesante di prima.
La Primavera di Praga non rimase un esperimento politico fine a sé stesso.
Per la prima volta infatti anche i partiti comunisti dei Paesi Occidentali, Italia e Francia su tutti, condannarono l'intromissione armata dei russi nelle scelte di quello che, dopo tutto, era uno Stato sovrano e indipendente.
Allora quasi nessuno se ne accorse, ma si stavano ponendo le prime basi per un lungo percorso che nel 1993 porterà alla conquista di un'autonomia assoluta e alla nascita di due Paesi che oggi conosciamo come Repubblica Ceca e Slovacchia.