I numeri che conosciamo oggi sono quelli del sistema di numerazione arabo. Ebbene sì, i numeri comunemente usati in tutto il mondo hanno avuto origine in Asia, per poi arrivare fino a noi, dove hanno sostituito i numeri romani. Nonostante infatti l’Antica Roma avesse un proprio sistema numerico, i numeri romani non sono durati poi molto tempo. Anche se, lo scoprirai, il loro uso è tuttora diffuso in moltissimi campi, e per questo è bene conoscerli!
Imparare i numeri romani non è difficile: ogni numero è indicato con un simbolo, o con la combinazione tra loro di alcuni di questi simboli. La storia racconta che l’origine dei numeri romani derivi dall’intaglio di tacche sul legno e altri materiali: una sola tacca rappresentava una sola unità, e così a salire, fino al cinque che è rappresentato da una V, che dovrebbe essere la mano aperta, e via ancora con altri simboli. La nascita del sistema numerico romano è legata alla nascita dell’Impero stesso, quindi si pensa risalga già al VIII secolo AC.
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Nel paragrafo precedente abbiamo svelato uno degli usi attuali dei numeri romani: questi sono infatti ancora molto diffusi per indicare date storiche, almeno le più antiche, oppure per numerare capitoli dei libri, i secoli, i regnanti, i papi, ecc. Se guardi la facciata di qualche edificio storico, anche del Novecento, noterai che molto spesso i numeri utilizzati sono proprio quelli romani, anche per indicare le date più recenti! Per questo è importante, ancora nel ventunesimo secolo, saper leggere questi numeri, anche i più complessi.
La logica dietro ai numeri romani è, come abbiamo già detto, di tipo additivo/sottrattivo: significa cioè che si hanno dei simboli fissi e che, attraverso delle regole definite, si usano questi simboli (che poi sono lettere) per formare i numeri, togliendo o aggiungendo simboli.
Se guardi l’uno (I), sembra proprio uno di quei segni che ti sei trovato a fare per indicare qualcosa, mentre il cinque (V) sembra proprio una mano aperta e il dieci (X) due mani aperte incrociate.
• I = 1
• V = 5
• X = 10
• L = 50
• C = 100
• D = 500
• M = 1000
Il sistema numerico romano ha poche semplici regole. Se in una sequenza il primo simbolo è quello di maggiore valore, per ottenere il risultato bisogna sommare (ad esempio XVIII = 18, CXV = 115); viceversa, se il valore del primo simbolo è inferiore al secondo si deve sottrarre (ad esempio IX = 9, XL = 40).
Occorre ricordare che la sottrazione è stata introdotta solo durante il Medioevo, perché nell’antica Roma il sistema era solo additivo, e cioè i simboli venivano ripetuti fino a quattro volte per ottenere la cifra desiderata. Per esempio, in molti degli 80 ingressi del Colosseo si trova ancora il numero quattro scritto così: IIII e non così: IV.
I simboli I, X, C e M possono essere ripetuti consecutivamente, di solito massimo tre volte, mentre i simboli V, L e D non possono essere mai usati più di una volta consecutiva.
I numeri romani non prevedevano lo zero. Per ottenere le migliaia, i romani ponevano un trattino (-) sopra o sotto la lettera, e così il suo valore originale si moltiplicava per 1000. Guarda gli esempi nell’immagine qui sotto.
Per indicare centinaia di migliaia, milioni e miliardi, gli antichi romani avevano bisogno anche di moltiplicare per 100.000: l’operazione era rappresentata da una sorta di arco su tre lati, escluso quello in basso.
Guarda gli esempi nell’immagine qui sotto.
Infine, per moltiplicare il valore per un milione, si ponevano due trattini orizzontali sopra la lettera. Così:
| Wikipedia
I numeri romani non sono più comunemente in uso nella vita di tutti i giorni, ma sono comunque utilizzati in molti documenti storici o quando si vuole mantenere una certa solennità, come nel caso di Re Carlo III o Papa Benedetto XVI. Per questo è importante conoscerli e capirne il meccanismo, così da poterli leggere in fretta e non sbagliarsi!