Dopo che i responsabili del progetto Event Horizon Telescope (EHT) hanno mostrato al mondo la prima immagine di un buco nero e la prima immagina del buco nero al centro della Via Lattea, in tanti hanno cercato di capire qualcosa in più riguardo quello che ancora adesso è un argomento molto complesso (e misterioso), seppur così importante.
Gli studiosi infatti sono convinti che proprio nei buchi neri si possano nascondere importanti segreti per comprendere la natura più profonda dell'universo. Non è un caso infatti che il Premio Nobel per la Fisica del 2020 sia andato a tre scienziati (Roger Penrose, Reinhard Genzel e la dottoressa Andrea Ghez) per i loro studi su questi corpi super-massicci così affascinanti.
Cerchiamo quindi di capire qualcosa anche noi rispondendo punto su punto ai quesiti più comuni
Partiamo dalla base di tutto: i buchi neri non sono propriamente dei "buchi", ma una regione dello spazio che, grazie ad una potentissima attrazione gravitazionale inghiottiscono qualsiasi cosa: materia, stelle, persino la luce. È questo il motivo per cui ci appaiono come immense masse nere.
I buchi neri non sono tutti uguali, ma vengono distinti in base alle dimensioni. Qualche esempio:
Il protagonista dell'immagine che nell'aprile del 2019 fece il giro del mondo è il buco nero al centro della galassia M87, una galassia ellittica supergigante che si trova a 53 milioni e mezzo di anni luce da noi.
Ricordiamo che l'anno luce è un'unità di misura che indica la distanza percorsa dalla luce (che proprio lenta non è) in un anno. Questo vuol dire due cose: 1) la galassia e il buco nero sono lontanissimi; 2) l'immagine che "catturata" da EHT in realtà è vecchia di 53 milioni e mezzo di anni!
Tornando la nostro buco nero, esso prende il nome della sua galassia - M87 - e possiede sei miliardi e mezzo di volte la massa del Sole, nonché due milioni di miliardi di volte la massa della Terra.
Nel maggio 2022 invece, i ricercatori di EHT hanno replicato il risultato immortalando Sagittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea,la galassia che ci ospita.
Il buco nero in sé non è fotografabile - non perché abbiamo strumenti arretrati: è fisicamente impossibile - però gli scienziati sono stati in grado di "cogliere" la sua ombra che si stagliava contro una specie di anello di luce . Tale anello è in realtà un grosso ammasso di materia caldissima (gas e polveri che raggiungono i miliardi di gradi) in procinto di precipitare dentro al buco.
Anche Sagittarius A* era circondato da gas la cui luminescenza ha permesso di identificare visibilmente il buco nero.
In realtà, a volerla dire tutte, la foto storica... Non è una foto.
L'immagine di M87 è il frutto dell'accurata ricostruzione di 10 mila terabyte di dati ottenuti da circa 120 ore - "spalmate su due anni - di osservazione effettuate da decine e decine di radiotelescopi sparsi per il mondo. La coordinazione era così accurata da avvalersi di precisissimi orologi atomici che permettevano una perfetta sincronia. Procedimento simile anche per Sagittarius A*, anche se i radiotelescopi coinvolti erano "solo" otto.
Insomma, l'immagine è una specie di gigantesco e complesso "puzzle" di dati che sono poi stati trasformati in una "prova" fotografica.
Innanzitutto perché sono state le prime volte che possediamo un'immagine frutto di dati veritieri e non di creatività grafiche (prima ce li eravamo solo immaginati).
La cosa più importante però è che le foto (anche se ormai abbiamo capito che foto non sono) rispettano perfettamente le previsioni teoriche non solo dei fisici moderni, ma DEL fisico per eccellenza: Albert Einstein.
Infatti è stato proprio Roger Penrose, uno dei tre Nobel per la Fisica del 2020, a dimostrare come i buchi neri siano una diretta conseguenza della Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein, nonostante lo stesso Einstein non pensava che corpi simili potessero esistere davvero. Però a volte anche i geni sbagliano...
FONTI: INAF, Focus