Giganti come i dinosauri o piccoli come i batteri? Enorme come una balena o microscopico come il krill? Da sempre la vita sulla Terra ci stupisce con la variabilità delle misure dei suoi abitanti. Perché le dimensioni contano!
Per esempio, se per mangiare o riprodursi serve combattere con altri animali, allora conviene essere un po’ più grandi. È anche vero, però, che i grandi hanno bisogno di più energia per sopravvivere: quindi devono avere a disposizione più risorse. Motivo per cui nelle isole, dove di solito ci sono meno predatori ma anche meno risorse per cibarsi, gli animali di piccola taglia (che sono facili prede) tendono a raggiungere dimensioni maggiori rispetto alla terraferma, mentre quelli più grossi diminuiscono la loro stazza per risparmiare energia: si parla così di gigantismo e nanismo insulare. Un esempio di gigantismo insulare è il drago di Komodo. Questa grossa lucertola delle isole indonesiane è diventata gigante dopo che le sue antenate di piccole dimensioni avevano colonizzato quelle isole.
Ma perché oggi non esistono più i giganti del passato? «Praticamente, dopo ogni estinzione di massa, gli animali sopravvissuti tendono a diventare più piccoli: è il cosiddetto effetto Lilliput» spiega Andrea Capozucca, matematico e direttore scientifico di Fermhamente, il festival della scienza che si è svolto lo scorso ottobre a Fermo, nelle Marche, e dedicato proprio al tema delle dimensioni. In pratica sembrerebbe che dopo uno stravolgimento ambientale essere piccoli sia utile: «Le misure ridotte probabilmente consentono di adattarsi più facilmente».
«D’altro canto» aggiunge Alberto Basset, professore di ecologia all’Università del Salento e direttore del Museo di Ecologia e Salute degli Ecosistemi Mediterranei di Lecce «la scomparsa dei dinosauri ha favorito lo sviluppo dei mammiferi che, rispetto a dinosauri e rettili, mantengono la temperatura corporea costante (intorno ai 37 °C) indipendentemente da quella ambientale; si tratta di un super lavoro che assorbe grandi quantità di risorse, e quindi occorre limitare le dimensioni». Anche il clima, però, ha a che fare con la taglia degli animali e la Scienza lo dimostra con la regola di Bergmann.
Andando dall’equatore ai poli gli animali sono spesso via via più grandi... Ma come mai? Il fatto è che le dimensioni aiutano a mantenere stabile il calore corporeo per specie quali uccelli (come i pinguini) e mammiferi. In aree fredde, insomma, essere grandi è un bel vantaggio. è la “regola di Bergmann”, dal nome del biologo tedesco che nel 1847 la formulò.
Come per gli animali poi, anche alcune caratteristiche del nostro corpo si sono adattate alle condizioni dei luoghi: gli ecologi, grazie alla matematica, hanno studiato la distribuzione del grasso corporeo e scoperto che il fisico umano cambia tra regioni calde e fredde: «Nei popoli mediterranei» continua Basset «il grasso si accumula soprattutto sulla pancia; nei nordici, invece, è distribuito su tutto il corpo. Infatti braccia e gambe magre aiutano a disperdere calore (nei climi caldi è un vantaggio); se sono più grosse, aiutano a mantenere la temperatura».
Nel corso delle ere geologiche, in poche centinaia di milioni di anni le misure degli organismi viventi si sono moltiplicate di 20 volte. Qual è dunque la differenza di grandezza tra un uomo e altri esseri viventi o estinti?
Il coccodrillo americano, uno dei più grandi rettili esistenti, è quasi 2,5 volte l’altezza di un uomo; il diplodoco era addirittura 19 volte un uomo. Oggi il primato è della balenottera azzurra che in lunghezza supera di oltre 15 volte l’altezza umana. Il record, però, è della sequoia, l’albero più grande del mondo: 59 volte più alto dell’uomo.