Molte sono le piante che ci riservano sorprese gradite ed il cappero è una di queste. Molto spesso le parti di un vegetale edibile (cioè che si può mangiare) non sono solo le foglie o il frutto ma anche il fiore o i boccioli.
Forse non lo conoscete bene questo “bottone” verde che trovate talvolta sulla pizza o in qualche ricetta siciliana, ma vi assicuro che i capperi sono davvero buono e altrettanto curiosi.
Non occorre entrare in una coltivazione di capperi per incontrare questa pianta. Se vi trovaste vicino ad un muro di sassi, in posizione assolata, con buone probabilità potreste incorrere in una cascata di ramoscelli molto lunghi dalle foglie verdi tondeggianti, dai vistosi e solitari fiori bianchi a quattro petali e – a seconda della stagione – in stami violacei che si schiudono in lunghezza e che mostrano all’interno i boccioli, che sono fusi oblunghi color verde argento, dalla consistenza carnosa e attaccati ad un peduncolo di 2-3 cm: ecco i capperi! Di questa pianta si possono mangiare quindi i germogli e le foglie quando sono teneri, i preziosi boccioli floreali quando a primavera sono ancora chiusi e anche i frutti che prendono il nome di cucunci (dei capperoni giganti), raccolti in estate.
Ragazzi, vivere in Italia dal punto di vista dei prodotti gastronomici è davvero una fortuna! Abbiamo frutta, verdura, ricette regionali ed una tradizione millenaria da far invidia a qualsiasi altra nazione. La pianta che ci dona i capperi (Capparis spinosa è il nome scientifico) cresce in clima secco, in zone aride e sassose, esposta ai venti sia marini che dell’entroterra. L’area mediterranea è quindi perfetta per questa pianta “ribelle” che potete trovare lungo pendii a ridosso sul mare, così come sulle mura dei castelli medievali in qualche borgo di collina.
Le coltivazioni italiane si estendono per mille ettari nelle regioni Liguria, Puglia, Campania e soprattutto nelle isole siciliane, di una delle quali è diventato simbolo e prodotto IGP (acronimo per indicazione geografica protetta, ossia un prodotto di qualità tipico di una zona a cui si conferisce un’alta reputazione). Stiamo parlando del cappero di Pantelleria, isola su cui la crescita di questa pianta avviene spontaneamente grazie al suolo di origine vulcanica ed al clima caldo e ventoso.
capperi sono noti e omaggiati fin dall’antichità. Vengono citati da autori come Plinio, che ne descrive le varietà dell’Arabia, del Nord Africa, dell’Italia meridionale; da medici come Dioscoride e Galeno, che ne valorizzano le proprietà curative contro il mal di denti e i dolori della milza. Ve ne sono accenni nella Bibbia e in un trattato del 1560 intitolato La singolar dottrina di Domenico Romoli detto Panunto, nel quale già si fa cenno alle virtù del cappero.
Ed in effetti ne ha parecchie da vantare: è un alimento poco calorico e ricco di minerali (come sodio, calcio, magnesio, potassio e fosforo) e di vitamine A, K, C. I composti presenti nella pianta di cappero hanno proprietà antitumorali, antinfiammatorie e rafforzano il sistema immunitario. Questo alimento stimola l’appetito, allevia il mal di stomaco e la flatulenza (le puzzette!), tiene bassi i livelli di zucchero e di colesterolo nel sangue, e con esso si possono preparare creme per la protezione della pelle. Quindi, oltre che ad essere buono a mangiarlo, il cappero fa anche bene.
Ma si potrebbe anche bere? Sì, ma non vi stiamo proponendo di mettere i capperi nel vostro frullato alla banana! In erboristeria la radice della pianta è utilizzata per fare dei decotti con proprietà diuretiche (che agevolano l’eliminazione dei liquidi) e protettrici dei vasi sanguigni e quindi della circolazione del sangue. Fin dall’antichità i decotti venivano usati anche per alleviare i reumatismi, quei fastidiosi problemi alle articolazioni per cui fa male tutto quando ci si muove (soprattutto ad una certa età) e non si è più dei giovanotti come voi!
I modi per conservare i capperi sono sott’olio e sott’aceto, ma il metodo più diffuso è sotto sale. Si scelgono i boccioli più piccoli che sono anche i più saporiti, ma prima di consumarli vanno - nell’ultimo caso di conservazione - dissalati (ovvero lasciati in acqua per 20 minuti in modo che il sale si disperda) oppure sciacquati nel caso si trovino sott’aceto. Le preparazioni sono infinite: sulla pizza, nei sughi, nei piatti di verdura (immancabili nella caponata), carne o pesce, nella preparazione di pesti o di salse (ad esempio quella tonnata), vanno a braccetto con le acciughe e con le olive, e i capperi più grandi - i cucunci, vi ricordate? - si servono per l’aperitivo.
Oltre che come alimento, il cappero ha assunto una connotazione particolare nella lingua italiana. Spesso l’esclamazione "capperi!" viene usata in senso di sorpresa, stupore, meraviglia. Tante altre volte – sarà perché la prima sillaba ce lo ricorda – sostituisce un altro termine osceno quando magari perdiamo le staffe con qualcuno e gridiamo… "ma che cappero stai facendo?!"
CURIOSITÀ: COME SI "SPARANO" I CAPPERI?
Come fanno i capperi a muoversi e ad arrampicarsi anche su mura molto alte? Non sono solo le api questa volta a fare il lavoro, perché gechi e lucertole che si mangiano i germogli hanno il merito di spargere i semi nei luoghi più impensabili facendo i loro bisognini dove gli capita!
A Pantelleria, invece, c’è un metodo tutto particolare di incentivare la coltivazione: i panteschi (gli abitanti dell’isola) sparano letteralmente i semi di cappero con una cerbottana tra le fessure dei muri o tra le tegole dei tetti ben esposti al sole. Vorrete mica provare?