Sospesi nel cielo, senza rumori, con la brezza che muove i capelli e il naso all’ingiù. Le mani sono strette al bordo della cesta di vimini, il cuore batte più veloce e gli occhi sono spalancati a guardare persone e cose ridotti a puntini: è la magia di un volo in mongolfiera!
Un'invenzione antica
Già nell’anno 280 d.C i cinesi usavano delle mini mongolfiere di carta per le segnalazioni militari a distanza. In Europa arrivarono solo nell’agosto 1709, a Lisbona: il sacerdote Bartolomeu de Gusmao fece sollevare a quattro metri da terra un pallone di carta pieno d’aria calda.
Per vedere la prima vera mongolfiera, però, ci vollero altri 74 anni: il 19 ottobre 1783 i francesi Michel e Jacques Etienne Montgolfier (ecco perché i palloni volanti si chiamano mongolfiere!) fecero decollare il loro aerostato ad aria calda che trasportava una pecora, un’oca e un gallo. Due giorni dopo ci riprovarono con due uomini, che volarono per 25 minuti trasportati dal vento.
Oggi la capienza di una mongolfiera arriva a 32 persone (la più grande, in Italia ha 20 posti) ma, per volare, sfrutta sempre il principio di Archimede che funziona, nell’aria, allo stesso modo che nell’acqua: l’aria calda nel pallone lo rende più leggero dell’aria esterna e lo spinge in alto.
Come sono fatte le mongolfiere?
Il pallone», ci spiega l’esperto pilota di mongolfiere Riccardo Trombetti, «contiene da mille a più di 8mila metri cubi di aria e gas bruciato, è in nylon e ha tanti spicchi cuciti e tenuti insieme dai nastri di carico, che partono dalla base e arrivano alla punta della mongolfiera. Il 99% delle ceste è in vimini, un materiale leggero, elastico e che non si rompe quando si atterra».
L’altro componente essenziale della mongolfiera è il bruciatore, una specie di lanciafiamme a base di gas propano: aumentando la fiamma che scalda l’aria nel pallone e rilascia gas bruciato la mongolfiera sale, lasciandola raffreddare scende.
I professionisti delle mongofliere
Trombetti è un “mongolfiere” professionista: «Per pilotarle servono almeno 16 anni e la licenza, che si ottiene a scuola dopo 40 ore di studio e 16 di volo». La prima cosa che un mongolfiere deve conoscere è quando volare, infatti con troppo vento non si parte. Il pilota deve sempre veri care le condizioni meteorologiche, scegliere il giusto punto di partenza (di solito è un prato) e cercare poi di atterrare in una zona piana, non... in un vigneto!
Le mongolfiere moderne, così come quelle di 300 anni fa non hanno comandi di direzione né motori e si muovono trasportate dal vento. D’estate, poi, non possono fare voli lunghi perché nell’aria si creano zone più calde che impediscono al pallone di salire di quota. La stagione ideale per spiccare il volo è perciò l’inverno, perché il pallone si scalda meglio. In linea di massima è meglio partire al mattino presto o nel tardo pomeriggio, quando l’atmosfera è più calma e, sempre, serve un po’ di coraggio. Proprio quello che mancava ai fratelli Montgolfier: solo Etienne, infatti, volò su uno dei loro aerostati e una volta sola.
Decisamente, quei due, non erano dei cuor di leone!