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Educazione ambientale: coltivare il pensiero ecologico

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Educazione ambientale: coltivare il pensiero ecologico
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La nuova sfida della scuola coinvolge tre dimensioni: ambientale, sociale ed economica. Ed educa al compromesso...

  • Educazione al pensiero ecologico: un obiettivo da raggiungere rinnovandosi
  • Educare al compromesso
  • Sviluppare un pensiero economico
  • Educazione ambientale significa...

EDUCAZIONE AL PENSIERO ECOLOGICO: UN OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE  RINNOVANDOSI

Di Agenda in Agenda qualche passo avanti è stato fatto. Dopo la Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992, l’Agenda 21 si è aggiornata di ben 17 obiettivi, articolati in 169 target, da raggiungere entro il 2030. Lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dell’ambiente ha impegnato tutti i Paesi del mondo a ridefinire il concetto di sviluppo sostenibile, che assume la forma di un’educazione a un pensiero ecologico, cioè un pensiero connesso a tutti i livelli di ambiente in cui ci muoviamo e allo stesso tempo cosciente del compromesso che coinvolge le nostre azioni comuni.

La scuola, in questa missione, diventa una rete importantissima di integrazione delle tre dimensioni dello sviluppo stesso: ambientale, sociale ed economico. Del resto, dopo l’Agenda 2030 del 2015, i ministeri dell’Ambiente e dell’Istruzione si erano già impegnati nella stesura di un programma comune da introdurre tra le materie scolastiche, fino ad arrivare, con la legge n. 92 del 20 agosto 2019, a una vera e propria norma che rende questa educazione obbligatoria a partire dall’anno 2020/2021.

Anche se le scuole da anni sperimentano attività e percorsi che sensibilizzano gli studenti al pensiero ecologico, restano però i dubbi sull’efficienza di tali metodi pedagogici e comunicativi. Può un laboratorio sugli orsi polari e il cambiamento climatico responsabilizzare un ragazzo nel suo quotidiano?

EDUCARE AL COMPROMESSO

Educazione ambientale non significa solamente educare all’ambiente. Il pensiero ecologico può formarsi se la responsabilità personale viene esercitata all’interno di tutti i livelli dell’ambiente, inteso sia come casa delle risorse naturali (eco-logia) sia come casa delle risorse limitate (eco-nomia), cioè dei beni che utilizziamo ogni giorno dentro le mura domestiche e scolastiche. Senza dimenticarci della prima casa che abitiamo: il nostro corpo.

In ambito didattico, educare a una riconnessione alla natura ci pone poi di fronte a due questioni. La prima riguarda l’approccio al concetto di limite: per cercare di ottimizzare le componenti della sostenibilità (economica, ambientale e sociale), oggi ci è richiesto di rinunciare a qualcosa di ciascun obiettivo per recuperare qualcosa dell’altro. Il “compromesso”, pertanto, non è più considerato come una rinuncia, ma come uno stimolo a migliorare le nostre azioni quotidiane e, soprattutto, a renderle rinnovabili. Via libera dunque a laboratori e attività che ribaltano positivamente alcuni servizi considerati come limitazioni alla propria libertà, come l’agricoltura biologica, il car sharing o l’economia circolare.

Pensiamo poi all’etimologia del verbo “rinnovare”, che ingloba il concetto di “innovare” e invita alla sperimentazione e alla prova continua delle pratiche. Per questo, secondo alcuni studiosi, in contrapposizione a una didattica trasmissiva e focalizzata sui contenuti, un primo passo per l’insegnamento di questa disciplina sarebbe “l’educazione al compromesso”, soprattutto per generare negli studenti la consapevolezza di un problema che li riguarda da vicino.

Anche secondo Paolo Tamburini, dirigente di Arpae Emilia-Romagna e responsabile dell’area educazione alla sostenibilità, l’educazione ambientale nei termini di un semplice discorso di fiducia nella green economy è «limitativa e fuorviante», ma fortunatamente non sembra essere un’idea diffusa.

«Probabilmente più diffuso è l’approccio settoriale e disciplinare all’ambiente, invece di un approccio integrato e sistemico quale quello promosso dai documenti Unesco», come la campagna internazionale conosciuta come Dess 2005-2014 (Decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile), che ha indicato la necessità di intervenire attraverso l’educazione formale (enti di formazione), non-formale (agenzie educative) e informale (vecchi e nuovi media).

«È a un’educazione transdisciplinare e trasformativa», prosegue Paolo Tamburini, «quella a cui si ispira il Programma Infeas dell’Emilia-Romagna, che è la struttura che dirigo e coordino, nella quale le diverse dimensioni della sostenibilità sono tutte indispensabili e complementari. Non userei la parola “compromesso” per l’accezione negativa cui viene associata. Certamente il processo di educazione alla sostenibilità include la capacità di dialogo tra stakeholder, che hanno sì punti di vista e valori diversi, ma è auspicabile che trovino un terreno di azione comune per il bene del pianeta o del territorio in cui vivono».

La scuola, in tal senso, diventa fondamentale anche per il suo ruolo di ente dialogante, dunque attivo, nella promozione di un processo di apprendimento che «mantiene sempre aperta la dimensione riflessiva senza interrompere l’operatività».

SVILUPPARE UN PENSIERO ECOLOGICO

La seconda questione riguarda gli approcci didattici e l’interdisciplinarietà. L’educazione ambientale non può esaurirsi nella trattazione all’interno di una singola disciplina. In via generale, si suggerisce l’utilizzo di metodologie che possano sviluppare negli studenti un apprendimento attivo e soprattutto trasformativo, come l’adventure learning.

L’immersione in un luogo e la sperimentazione diretta smuovono infatti la percezione tradizionale del problema da parte dello studente, che è stimolato non solo a risolvere in modo personale temi reali, ma si impegna a creare metodi innovativi. Rinnovabili, appunto. Inoltre, l’adozione di questa azione didattica permetterebbe anche di risolvere, da un lato, l’integrazione di percorsi interdisciplinari; dall’altro, di esercitare un’educazione autentica con l’inquiry-based learning, una metodologia di natura investigativa in cui il contesto, l’esperienza personale e la cooperazione assumono un ruolo centrale per l’apprendimento.

In questo modo, per comprendere le relazioni che intercorrono nei diversi ambienti (naturali, rurali e urbani), lo studente è costretto a mettere in continua discussione la realtà.  Nell’attesa che venga creata una bacchetta magica in grado di trasformare l’informazione in comportamento, gli insegnanti possono modificare anche i cosiddetti frame spaziali, cioè le “cornici” entro le quali trattare un discorso associato alla vicinanza fisica di un problema ambientale, per esempio lo scioglimento dei ghiacciai. L’alunno sarà meno motivato e coinvolto se l’insegnante presenterà un caso distante dalla sua realtà quotidiana.  Secondo Paolo Tamburini, «la vicinanza ai problemi ambientali può sicuramente favorire il processo di educazione alla sostenibilità».

Ma siamo sicuri che la chiave sia solo nell’esperienza sul territorio? Tamburini ricorda che «oggi non viviamo più solo il territorio, bensì anche quella dimensione che Manuel Castells definì lo “spazio dei flussi” della rivoluzione digitale. Globale e locale richiedono di essere pensati e agiti con categorie e strumenti appropriati. Le sfide attuali ai sistemi educativi vedono crescere i rischi assieme alle opportunità».

L’approccio educativo deve quindi comunicare «la cosiddetta ecologia della mente» di Gregory Bateson: oggi non siamo più né spettatori né tantomeno attori di un fenomeno, sia esso naturale, sociale o culturale, ma co-creatori in costante dialogo.

EDUCAZIONE AMBIENTALE SIGNIFICA...

  • Appartenenza
    È un bisogno fondamentale per il benessere dell’uomo e uno stimolo necessario per sviluppare il senso di responsabilità: la percezione di entrare in contatto con qualcosa di “nostro”, ci permette infatti di difenderlo. Ecco perché è importante riflettere sulle case che abitiamo (il corpo, le mura domestiche, la scuola) e di intessere un dialogo costante tra queste.
  • Esperienza
    Dall’adventure learning all’outdoor education, le pratiche didattiche utili per sensibilizzare gli studenti a un pensiero ecologico sono quelle che smuovono la percezione tradizionale di un problema. La sperimentazione diretta stimola a riflettere in modo critico e personale la risoluzione di temi reali e la creazione di metodi innovativi e rinnovabili.
  • Transdisciplinarità
    È un approccio educativo che mette al centro le pratiche cognitive e affettive dello studente. Per modificare e creare atteggiamenti e/o comportamenti sostenibili che durino nel tempo occorre considerare lo studente come punto di arrivo di un apprendimento e non le discipline stesse.

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