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FocusJunior.itScienzaCuriosità scientificheLa sfortuna esiste? Ecco perché dire basta alle superstizioni

La sfortuna esiste? Ecco perché dire basta alle superstizioni

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Sventura, sfortuna e iella: sono credenze che è difficile scacciare dalla nostra mente. Ma la scienza ci aiuta

Un gatto nero vi attraversa la strada? Guai in arrivo! Rompete uno specchio? Disgrazie per sette anni! Ma ci sono davvero cose che portano sfortuna e altre che la mettono in fuga? Amuleti, rituali e scongiuri tengono sul serio lontani i guai e portano bene? La risposta è un sonoro: no! E lo dice la scienza.

«La superstizione non funziona» dichiara Richard Wiseman, professore all’università inglese dell’Hertfordshire, autore del libro Fattore fortuna (Sonzogno). Lui, che prima di diventare un famoso scienziato ha lavorato come mago e prestigiatore, ce lo dimostra raccontando un esperimento: «Chiedemmo ad alcuni volontari di provare la loro fortuna nel lancio di una moneta. Dopo un po’ lasciammo passar loro davanti un gatto nero e, dopo un altro po’, un gatto bianco. Risultato? Il colore dei mici non aveva avuto alcun effetto sulla fortuna di chi giocava».

Ma non basta: «Altri esperimenti» continua Wiseman «hanno visto coraggiosi volontari rompere specchi e passare arditamente sotto le scale e non è successo loro niente».

In un altro esperimento Wiseman ha chiesto a un gruppo di persone di portare con sé, per alcune settimane, dei portafortuna venduti come “efficacissimi”. Poi ha chiesto loro di valutare l’effetto di quegli amuleti sulle loro vite. Risultato: nessuno si sentiva né più felice, né più fortunato. «Anzi, alcuni pensavano che quel talismano portasse addirittura sfortuna e non vedevano l’ora di restituirmelo» racconta il professore.

Ma, allora, perché crediamo a queste cose? Perché diamo la colpa alla sfortuna se qualcosa va storto? La scienza ha dimostrato che di mezzo ci sono la nostra mente e il caso, ossia tutto ciò che succede intorno a noi, nel mondo e nell’universo, e su cui non abbiamo controllo. «Noi esseri umani facciamo fatica ad accettare il caso, ossia che le cose non vadano come vogliamo. Ma il caso ha un ruolo importante nella nostra vita, non possiamo controllare tutto, e questo ci mette a disagio» spiega Paolo Legrenzi, professore emerito di psicologia all’Università Ca’ Foscari di Venezia. «La sfortuna è un modo facile, una scorciatoia mentale per spiegare ciò che ci è difficile accettare».

Ecco perché scaramanzie e rituali hanno successo, «perché così si pensa di poter condizionare in qualche modo il nostro futuro. Lo sanno bene gli sportivi, che li usano per un fine pratico, cioè distogliere l’attenzione dall’obiettivo: se si gioca a tennis, per esempio, è un fatto che il servizio venga meglio se non ci si pensa troppo».

Senza contare che tendiamo a notare di più e a concentrarci sulle cose che vanno storte: se ci interrogano e non abbiamo studiato, se arriviamo al negozio e hanno appena venduto il gioco che tanto volevamo non c’è dubbio, è pura iella. Ma poi non poniamo la stessa attenzione a tutte le volte in cui, invece, eravamo preparati o il gioco c’era. È un meccanismo psicologico che si chiama “memoria selettiva” e che, appunto, ci fa notare di più le esperienze negative.

LE BEFFE (E I BACI) DELLA SORTE

Eppure su sfortuna e fortuna si sentono storie incredibili: «Gli eventi eccezionali accadono continuamente, solo che quasi sempre non ci riguardano: è una questione di probabilità» spiega Giovanni Vittorio Pallottino, già professore di elettronica al Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma La Sapienza e autore del libro Il caso e la probabilità (Dedalo). «Poniamo che, in una determinata situazione, ci sia un preciso evento che ha solo una possibilità su un milione di accadere. Se quella situazione si ripete un milione di volte quell’evento accadrà. E, magari, ne saremo noi i protagonisti».

Gli esempi di fatti sorprendenti, nel bene o nel male, sono tantissimi, e quello dell’americana Maureen Wilcox ha fatto scalpore. Nel 1980 Maureen comprò due biglietti, uno per la lotteria dello Stato del Rhode Island e uno per quella del vicino Massachusetts. All’estrazione la sorpresa fu amara e la sua delusione enorme: il numero del biglietto acquistato in Rhode Island era vincente in Massachusetts e viceversa. Maureen restò con un pugno di mosche».

Ma non dobbiamo pensare al caso solo in termini negativi: «Il caso» continua il professor Pallottino «ha avuto un ruolo fondamentale nel rimescolamento dei geni, ossia nelle mutazioni che muovono l’evoluzione delle specie. Al punto che possiamo dire che anche noi umani siamo qui per caso».

Senza contare che non dobbiamo giudicare gli eventi troppo in fretta. Una cosa che sembra andare storta, infatti, nel tempo può rivelarsi un colpo di fortuna. Pensatevi in una fila lunghissima dal gelataio: vi annoiate, poi però incontrate un vostro amico e con lui vi divertite per il resto del pomeriggio. Se non vi foste fermati in coda non vi sareste incrociati!

Gli esperti dicono che possiamo fare molto, per noi stessi, lavorando sugli atteggiamenti, tenendo gli occhi aperti, pronti a cogliere le occasioni e a vederle in modo positivo, come un bicchiere mezzo pieno, non vuoto: in questo modo le cose andranno davvero meglio e cominceremo a sentirci più fortunati. Lo sapeva bene il grande scienziato francese Louis Pasteur: «Il caso» diceva «favorisce le menti preparate». E aveva davvero ragione: fatevi trovare pronti!

Paese che vai, iella che trovi

Nel mondo, numeri e giorni sfortunati cambiano. Le ragioni sono legate alle tradizioni, alla cultura e alla religione. Il 17, per esempio, per noi italiani è un giorno nero: l'Antico testamento, infatti racconta che il diluvio universale cominciò il giorno 17. Per i Paesi anglosassoni, invece, è il 13 che porta sfortuna (forse perché i partecipanti all'Ultima cena di Gesù erano proprio 13). In Cina, infine, il numero nero è il 4 perché, in cinese, suona come la parola "morte".

L'origine delle scaramanzie

Le origini di scaramanzie, superstizioni e di molti gesti porta(s)fortuna risalgono indietro nel tempo. Ecco perché, per ogni credenza, vi sono più teorie che cercano di spiegarne le origini. Per esempio, incrociare le dita si legherebbe alla tradizione dei primi cristiani che, in questo modo, riproducevano la croce contro il diavolo. Per altri, invece, il demonio poteva catturare l'anima entrando nel corpo attraverso le dita e lo si fermava incrociando indice e medio e chiedendo così la protezione divina.

E rovesciare il sale perché porterebbe sfortuna? Un tempo il sale era preziosissimo e parte di rituali. Ecco perché, invece per alcuni versarlo attorno a sé terrebbe alla larga la sfortuna.