Siete alle prese con i principi della termodinamica? Analizzandoli insieme vedremo che spiegano moltissime esperienze che facciamo continuamente: in pratica, li conoscevamo ancora prima di studiarli!
IL PRINCIPIO ZERO
Per fare le cose con ordine… partiamo dallo zero: il principio zero della termodinamica stabilisce che:
Quando due sistemi si trovano ciascuno in equilibrio termico con un terzo, allora sono anche in equilibrio termico tra loro.
Due corpi sono in equilibrio termico se hanno la stessa temperatura ed è, quindi, cessato lo scambio di calore tra quello più caldo e quello più freddo. Secondo il principio zero, se A è in equilibrio termico con B e C lo è con B, allora anche A e C sarebbero in equilibrio, se posti in contatto.
Sembra un’ovvietà, non è vero? Eppure a dispetto del nome, il principio zero vale tantissimo ed è premessa fondamentale per gli altri tre. Senza di esso infatti non potremmo definire la temperatura, che è quella proprietà fisica che misura il trasferimento di energia termica da un sistema ad un altro (lo stesso trasferimento che avviene quando abbiamo la febbre e infiliamo il termometro sotto il braccio).
Il principio zero fu formulato per ultimo, dopo gli altri tre: gli si attribuì questo nome perché gli altri erano già numerati, e perché venne riconosciuta la sua basilare importanza.
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Il primo principio della termodinamica viene tradizionalmente espresso così:
Il calore fornito a un sistema termodinamico è uguale alla somma del lavoro compiuto dal sistema sull’ambiente e della variazione della sua energia interna.
Questo principio ci dice una cosa di fatto semplice, e cioè che quando aggiungiamo calore a un sistema, parte di quell’energia resta nel sistema e parte lo lascia. L’energia che resta nel sistema crea una variazione della sua energia interna, e quella che lo lascia ha delle conseguenze sull’area circostante.
Immaginate di avere una pentola d’acqua a temperatura ambiente. Se aggiungiamo calore al sistema (cioè accendiamo il gas), per prima cosa la temperatura e l’energia dell’acqua aumentano; poi il sistema-pentola rilascia parte dell’energia e lavora sull’ambiente circostante, per esempio riscaldando l’aria attorno alla pentola ed emettendo vapore. Questo principio spiega che l’energia non può essere creata né distrutta: può essere solo trasformata. Significa che ogni volta che usiamo energia non stiamo creando nulla di nuovo, ma trasformando una forma di energia in un’altra. Per esempio: quando facciamo attività fisica stiamo trasformando l’energia chimica fornita dal cibo in energia cinetica (la corsa, le flessioni).
L’energia non si crea, né si distrugge ma solo si trasforma: questo principio è detto anche di conservazione dell’energia e non c’è nulla, in natura, che lo violi. L’energia totale dell’Universo è costante, anche se può essere trasformata e trasferita da una parte dell’Universo all’altra.
IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Bene! Ora però sorge un problema. Il primo principio della termodinamica non dice in quale direzione debbano avvenire queste trasformazioni. Se stessimo ad ascoltare soltanto il primo principio, potrebbe anche accadere che un corpo più freddo possa cedere spontaneamente calore a un corpo più caldo. Come sappiamo però, nella realtà questo non può accadere naturalmente. I passaggi di energia nel mondo in cui viviamo hanno sempre una direzione, un verso preferenziale. Il vapore che esce dalla pentola non si condensa da solo per ritornare nella pentola.
Ed ecco venire in aiuto il secondo principio della termodinamica, secondo il quale:
È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo a una data temperatura a un altro a temperatura maggiore.
Questo è il cosiddetto enunciato di Clausius, dal nome del fisico tedesco che nell’Ottocento lo formulò, ma è solo uno dei modi per enunciare il secondo principio.
Ne esistono altri, come l’enunciato di Kelvin (il fisico britannico noto per l’omonima scala):
È impossibile realizzare una trasformazione il cui risultato sia solamente quello di convertire in lavoro meccanico il calore prelevato da un'unica sorgente.
Il primo enunciato è forse più ovvio: il calore vuole fluire naturalmente da aree più calde ad aree più fredde. Se se ne andasse da aree più fredde ad aree più calde agirebbe contro natura, quindi servirebbe aggiungere lavoro nel sistema per fare in modo che questo possa accadere. Il secondo enunciato ci dice che è impossibile avere un processo ciclico, ripetuto, che converta completamente il calore in lavoro.
Mettiamoci l’anima in pace: nessuna reazione è efficiente al 100%. Parte dell’energia in una reazione verrà dispersa, sotto forma di calore, e nessun sistema può convertire tutta l’energia che ha in lavoro. Facciamo l’esempio di una locomotiva a vapore, una delle macchine che rivoluzionò i trasporti nell’Ottocento; essa funzionava grazie alla combustione di carbone in un forno che riscaldava l’acqua presente in una caldaia e produceva vapore che veniva inviato al motore, energia termica trasformata in movimento. Immaginiamo la nostra locomotiva in azione: il calore prodotto non può essere totalmente trasformato in movimento. Parte di esso sarà dissipato nell’ambiente sotto forma di sbuffi di vapore che non sono stati trasformati in energia meccanica. Come abbiamo visto, uno “spreco” inevitabile.
Se allarghiamo un (bel) po’ lo sguardo e consideriamo l’Universo come un intero sistema, possiamo pensare che anche nel cosmo l’energia si trasferisce da corpi più caldi a meno caldi, e ad ogni trasferimento di energia aumenta anche la quantità di energia non disponibile a un lavoro: l’entropia, cioè - semplificando molto - la misura del “disordine” del sistema.
I sistemi tendono naturalmente verso il disordine, finché non raggiungono un nuovo equilibrio.
IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
E questo discorso ci porta al terzo principio della termodinamica, secondo il quale, non è possibile raggiungere lo zero assoluto in un processo termodinamico che coinvolga un numero finito di operazioni. O se preferite, una sostanza “perfettamente cristallina” allo zero assoluto ha entropia zero.
Significa che se un oggetto raggiunge la temperatura dello zero assoluto (0 Kelvin o −273.15 °C), i suoi atomi sono immobili: il suo disordine, l’entropia, è venuto meno, e all’interno di esso non sono più presenti moti termici. Siccome la temperatura è una misura delle variazioni di questi moti, non ci può essere, almeno dal punto di vista teorico, una temperatura più bassa dello zero assoluto. Tuttavia, nel 2013, alcuni scienziati tedeschi sono riusciti a scendere sotto questo valore, anche se di pochissimo, bloccando la variazione di entropia in un sistema a cui hanno aggiunto energia.