La vita sul nostro pianeta si basa su minuscoli organismi chiamati cellule. Tutti gli esseri viventi ne sono fatti, anche noi (nel corpo umano ce ne sono 100.000 miliardi).
Le nostre cellule si sono specializzate a seconda di dove si trovano e cosa fanno: quelle della pelle sono molto diverse da quelle nello stomaco. Ma prima di specializzarsi le cellule sono tutte uguali, primitive e di base: si chiamano allora “staminali”.
Ora viene il bello. Nel 2012 uno scienziato giapponese, Yamanaka, vinse il premio Nobel per una scoperta sensazionale: riuscì a prendere delle cellule specializzate e riportarle al loro stato primitivo di semplici staminali. A quel punto altri scienziati scoprirono che queste staminali potevano essere fatte “ri-evolvere” in un modo diverso dall’originale.
Per capire come funziona, immagina che la cellula sia come una giovane professionista, per esempio un’avvocatessa. Yamanaka scoprì il modo di “smemorizzarla” per farla tornare all’università. A quel punto la nostra studentessa può scegliere un’altra materia e diventare, ad esempio, un’ingegnera.
Questo meccanismo permette di creare in laboratorio degli organi artificiali chiamati organoidi. Sono piccolissimi (pochi millimetri!) ma per il resto sono proprio come quelli dentro di noi. Vengono creati prendendo da un paziente un campione di cellule, per esempio dalla pelle di un braccio. Queste cellule vengono resettate e poi attivate perché diano vita a un mini-fegato o a un mini-cervello!
Oggi gli organoidi prodotti in laboratorio sono minuscoli gruppi di cellule non vascolarizzate (cioè, non ci scorre dentro il sangue). Questo significa che ad esempio i “cervellini” non pensano e non provano emozioni. Per fortuna! Di recente però degli studiosi del Medical Research Council’s Laboratory of Molecular di Cambridge sono riusciti a collegare un mini-cervello al midollo spinale di un topo e a far contrarre i suoi muscoli. Segno che comunque l’organoide, in qualche modo, funziona.
Gli organoidi ci aiuteranno a capire meglio come funziona il nostro corpo e certe malattie genetiche molto rare. In più, in futuro potrebbero permettere agli scienziati di curare i pazienti in modo super-personalizzato.
Oggi infatti i dottori sanno che certe malattie si curano con certi farmaci, ma ogni persona è diversa dalle altre, e c’è chi si rivela “resistente” ad alcune medicine (quindi non guarisce) oppure è soggetto a effetti collaterali. Creando un organoide personalizzato, i medici potrebbero sapere con precisione come è fatto ciascun paziente e proporre così la cura migliore per lui o per lei!
L’etica è quel ramo della filosofia che si occupa di distinguere che cosa è giusto da cosa è sbagliato, il bene dal male. È chiaro che gli organoidi oltre che i medici mettono alla prova anche… i filosofi. Quali sono i limiti da non superare, e le regole per evitare di dar vita a dei piccoli Frankenstein? Oggi i mini-cervelli non possono soffrire o provare emozioni, ma se un domani fosse possibile creare organoidi così avanzati, sarebbe giusto farlo oppure no? Nel mondo le università hanno dei Comitati Etici, cioè team di esperti scienziati e filosofi, che si occupano proprio di trovare una risposta a queste domande… Sono già al lavoro!
Testi di di Davide Morosinotto e Valerio Carelli, docente associato del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna