Dal 24 dicembre, quando l'Etna ha ripreso la sua attività, nella parte nord-orientale della Sicilia si continua a "ballare" a causa delle frequenti scosse che nel giorno di Santo Stefano hanno raggiunto il loro picco, provocando danni e feriti.
Quello delle 3.19 del mattino del 26 dicembre infatti è stato per l'INGV, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, uno dei terremoti più potenti mai registrati nella zona e la causa scatenante è senza dubbio legata all'attività del vulcano.
Al terzo giorno di attività, a sud di Lavinaio, paesino in provincia di Catania, un violento sisma di magnitudo 4.8 ha fatto saltare fuori dal letto migliaia di persone.
La scossa è stata avvertita in quasi tutto il catanese, con parecchie abitazioni ed edifici danneggiati,a causa dell'epicentro molto superficiale, ad appena un chilometro sotto il livello del mare.
Il fenomeno ha interessato la faglia Fiandaca e a faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe, e per gli esperti gli scossoni delle scorsa notte potrebbero indicare l'apertura di una nuova bocca eruttiva.
Per Eugenio Privitera, direttore dell'INGC, infatti, si tratterebbe del «segnale che il vulcano ha accumulato molta energia che non riesce a trovare sfogo e cerca di farsi strada tra la roccia». Da qui le scosse e le colate di magma.
Al momento comunque non pare esista un vero problema per la popolazione locale per quanto riguarda l'eruzione e la lava, ma vulcanologi e geologi stanno monitorando costantemente la situazione per mantenere sotto controllo l'attività sismica: l'Etna è ancora instabile e la terra continua a tremare, tanto che stamane si è aperta una faglia sulla strada di Aci Platani, frazione di Acireale.