Focus.it

FocusJunior.it

FocusJunior.itScienzaAmbienteGiornata mondiale degli oceani: perché abbiamo il dovere di proteggerli

Giornata mondiale degli oceani: perché abbiamo il dovere di proteggerli

Stampa

L'8 giugno è il World Oceans Day, la giornata internazionale che promuove l'importanza fondamentale degli oceani per la nostra sopravvivenza, dal mantenimento del clima al nutrimento della popolazione mondiale.

Più che di oceani è più corretto pensare a un unico, grande oceano, che ricopre oltre il 70% della superficie terrestre e contiene oltre il 96% di tutta l’acqua disponibile sul nostro Pianeta: questo involucro blu comprende oltre 1,34 miliardi di chilometri cubi di acqua salata continuamente rimessa in circolazione attraverso le correnti oceaniche, ed è formato da 5 bacini interconnessi: Atlantico, Pacifico, Artico, Meridionale o Antartico, Indiano.

Alcune distese d’acqua più piccole, che si trovano a ridosso dei continenti e sono da essi confinate, sono chiamate invece mari (Mar Mediterraneo, Mar Baltico).

COME SONO FATTI GLI OCEANI?

In ogni litro di acqua oceanica sono disciolti in media 35 grammi di cloruro di sodio (il “sale da cucina”), ma anche sali, nutrienti e - naturalmente - ossigeno e anidride carbonica.

Soprattutto, gli oceani contengono forme di vita, in gran parte dipendente dal fitoplancton, un insieme di microscopici organismi vegetali che attraverso la fotosintesi clorofilliana producono la metà dell'ossigeno che respiriamo sulla Terra e alimentano i minuscoli invertebrati dello zooplancton, cibo primario di pesci e dei grandi cetacei come le balene. Da queste minuscole creature che si lasciano trasportare dalle correnti dipende l'intera catena alimentare marina.

OCEANI E CLIMA

Nella Giornata mondiale degli oceani (World Oceans Day), che si celebra ogni anno l’8 giugno, è importante ricordare il ruolo fondamentale di questo ecosistema per la sopravvivenza della vita sulla Terra. Innanzitutto, le acque oceaniche svolgono un compito essenziale nella regolazione del clima terrestre. La variazione di temperatura e di salinità delle acque oceaniche alimenta una circolazione oceanica globale chiamata Circolazione termoalina o Grande nastro trasportatore.

Questo sistema di correnti conduce le calde acque tropicali fino alle alte latitudini artiche, dove l'acqua si raffredda e torna in profondità prima di viaggiare di nuovo verso sud. Senza questo "nastro trasportatore", le temperature dell'Europa occidentale sarebbero molto più rigide: in passato improvvisi eventi di riscaldamento atmosferico non dovuti all'attività dell'uomo hanno alterato la Circolazione termoalina, e si teme che i cambiamenti climatici legati alle moderne attività umane possano indebolirla, con notevoli ripercussioni sulle temperature globali.

Inoltre l’oceano è il principale “pozzo” dove finisce la  CO₂ presente in atmosfera: ogni anno esso assorbe circa un quarto dell'anidride carbonica che emettiamo, e finora la sua azione ha in parte mitigato la gravità dell'effetto serra (un fenomeno naturale che in parte l’uomo ha peggiorato, e che sta provocando un aumento della temperatura media sul Pianeta).

In particolare è l'Oceano Antartico a sequestrare la maggior parte dell'anidride carbonica e finisce nei fondali marini. Questa capacità di fare da imbuto alle nostre emissioni dannose non durerà per sempre: gli oceani stanno già cominciando a mostrare i primi segnali di cedimento.

Le acque oceaniche si fanno, a causa della CO₂, sempre più acide, un fenomeno che impedisce ai molluschi di costruire la conchiglia in carbonato di calcio che dovrebbe proteggerli. I cambiamenti nella chimica oceanica diminuiscono la capacità dei pesci di orientarsi e rintracciare i predatori: molte comunità costiere che dipendono dalla pesca per vivere, vedono la loro economia minacciata dall’acidificazione degli oceani.

I mari assorbono il calore atmosferico e lo ridistribuiscono in modo graduale alla superficie terrestre. Rispetto alla terraferma, cambiano temperatura in modo molto più lento, e svolgono una funzione termoregolatrice: d’inverno mitigano le temperature e in estate rinfrescano l’aria.

Il riscaldamento globale sta surriscaldando i nostri mari con effetti importanti sulla vita degli organismi che li popolano. Per effetto delle alte temperature, i coralli dei più importanti reef oceani stanno sbiancando. Gli esperti lo chiamano bleaching: per lo stress dovuto alle acque troppo calde i coralli perdono l’alga che vive con loro in simbiosi e diventano simili a rigide foreste bianche. Il fenomeno è particolarmente grave se si pensa che di norma le barriere coralline ospitano ricchissimi ecosistemi acquatici.

LE CONSEGUENZE

Non solo le barriere coralline, ma anche altri complessi e habitat oceanici sostengono una grandissima varietà di creature viventi, assai più alta di quella che troviamo sulla Terra: lungi dall’essere noiosi e sempre uguali, gli oceani comprendono fosse profonde anche 11 km, pianure abissali, foreste di mangrovie, coste sabbiose, e intere catene montuose come la dorsale medio atlantica (nell’omonimo oceano), la più lunga catena montuosa della Terra.

Negli oceani potrebbero aver avuto origine le prime forme di vita che popolarono il nostro Pianeta: si pensa che queste creature primordiali possano essersi sviluppate nei pressi dei camini idrotermali, sorgenti sottomarine di acqua calda che si trovano in aree attive dal punto di vista vulcanico. In queste aree si sviluppano comunità batteriche molto complesse che gli scienziati studiano nella speranza di ritrovare simili ecosistemi anche su altri pianeti, o sui satelliti del Sistema Solare.

Ciò che avviene negli oceani determina anche le caratteristiche fisiche della superficie terrestre. Sui fondali sono presenti le dorsali oceaniche, i punti di divergenza tra le placche tettoniche dai quali risale continuamente magma proveniente dall’interno della Terra. Gli innalzamenti e gli abbassamenti del livello del mare hanno inoltre modellato le coste e le isole: anche oggi l’innalzamento del livello del mare dovuto alla fusione dei ghiacci di Groenlandia e Antartide minaccia di far scomparire alcune comunità insulari, che potrebbero finire mangiate dalle onde.

Da tempo gli abitanti dello Stato insulare di Kiribati nel Pacifico centrale si battono affinché il loro territorio non scompaia per gli effetti dei cambiamenti climatici.

UN PROBLEMA ANCHE ECONOMICO

L'oceano svolge un ruolo fondamentale anche dal punto di vista economico: milioni di persone dipendono dalla pesca per la loro sopravvivenza, ma oggi il sovrasfruttamento delle riserve ittiche (overfishing) sta portando al collasso le specie di pesci più richieste dal mercato alimentare globale. Alcune tecniche di pesca non sostenibile, come la pesca a strascico, catturano, insieme ai pesci che si intende commercializzare, anche esemplari ancora molto giovani che non hanno fatto in tempo a riprodursi, o altri pesci non richiesti dal mercato (il cosiddetto bycatch) che poi vengono scartati. Secondo gli esperti risulta sovrasfruttato l’82% delle specie di pesci nel Mediterraneo. Nei prossimi 50 anni, rischiamo di vedere arrivare al collasso tutte le specie pescabili.

Oltre a saccheggiare i mari, lo stiamo inquinando con i nostri rifiuti di plastica: ogni anno più di 8 milioni di tonnellate di plastica in varie forme entrano negli oceani terrestri attraverso il corso dei fiumi o per l'inquinamento delle spiagge. I frammenti di bottiglie, sacchetti, cannucce e prodotti monouso, non riciclabili e degradabili in centinaia di anni, finiscono nei mari dove vengono scambiati per cibo dalle creature acquatiche e dagli uccelli marini che non hanno i mezzi per digerirli. Qualora sopravvivano, spesso queste creature vengono pescate e consumate dall'uomo, portando la plastica ad accumularsi nel nostro organismo. Secondo gli esperti, entro il 2050 la quantità di plastica negli oceani peserà più della quantità totale di pesci che li abitano. Al problema dell'inquinamento da plastica è stata dedicata la Giornata mondiale degli oceani del 2018.

Quest'anno, il World Oceans Day è invece incentrato sul valore degli oceani nel promuovere la parità di genere, in particolare nel sostenere le attività economiche che permettono alle donne di tutto il mondo di conquistare un’indipendenza sociale ed economica ed evitare situazioni di sfruttamento.