Le “zone umide” sono ambienti naturali in cui l'acqua si mescola al terreno, in un insieme quasi indistinguibile e senza soluzione di continuità. Vengono chiamate anche acquitrini, paludi, torbiere, sono fatte di acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata e con una profondità non superiore ai sei metri.
Ancora oggi, a scuola, alcuni prof raccontano come una grande successo le imprese dei tempi passati in cui, queste zone, sono state prosciugate e rese abitabili per gli esseri umani. Pensate: nel secolo scorso, solo in Europa, più della metà delle zone umide del continente sono state distrutte per cause dirette, per l'invasione di specie animali o vegetali fastidiose (es: le zanzare, che portavano anche la malaria) per via dell'agricoltura e dell'industria.
PERCHÈ LE ZONE UMIDE SONO UTILI?
I successi del passato però, furono abbastanza relativi perché queste aree, che raccolgono e calmano le acque dei fiumi in piena, riducono il rischio di alluvioni, sono dei veri e proprio santuari per tantissime specie animali e mantengono la biodiversità, oltre a essere laboratori unici per gli studiosi.
In Italia si contano 52 zone umide di una certa importanza, sparpagliate in 15 delle nostre 20 regioni. Purtroppo, e non ci stupisce, la metà di queste zone sono in cattivo stato, una su tre non se la passa bene e appena meno del 5 per cento sono in perfetta salute.
Le zone umide sono protette dalla Convenzione internazionale di Ramsar (Iran), firmata il 2 febbraio del 1971 ma, come vedete, a 46 anni di distanza la sua applicazione lascia ancora molto a desiderare.
DEFINIZIONI DELLE ZONE UMIDE
Acquitrino: è un generico specchio d'acqua stagnante, spesso coperto da vegetazione palustre
Palude: la palude è un'estesa zona umida formata da acqua stagnante, vegetazione e resti organici (vegetali e animali). L'acqua della palude proviene principalmente da una falda.
Torbiera: è una sorta di "evoluzione" della palude, in quanto questo acquitrino viene alimentato dall'acqua piovana, che però è più povera di sostanze minerali. Per questo nelle paludi rposperano più forme di vita animali e vegetali. Il nome "torbiera" proviene dalla "torba", un deposito di resti vegetali che non si decompongono interamente.