La COP28, cioè la Conferenza delle parti sul clima delle Nazioni unite che si è svolta a Dubai, si è conclusa il 13 dicembre con un accordo che, sebbene controverso, viene definito “storico”. Per la prima volta nella storia dei vertici sul clima, infatti, le parole “combustibili fossili” (cioè petrolio, carbone e gas) sono apparse nell’accordo finale approvato dai paesi partecipanti, insieme all’impegno per iniziare “la transizione” per eliminare gradualmente le principali cause del riscaldamento globale.
I paesi che hanno partecipato alla conferenza hanno sottoscritto l'accordo che chiede “l’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere l’obiettivo zero emissioni entro il 2050, in linea con la scienza”. L’accordo, noto come Global Stocktake, chiede inoltre ai paesi di adottare una serie di misure per triplicare l'utilizzo di energie rinnovabili e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030.
Un risultato importante, anche se resta ancora molto da fare soprattutto per cercare di contenere l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto al periodo pre-industriale, come indicato nell'Accordo di Parigi siglato nel 2015. A sollevare critiche sono soprattutto le associazioni ambientaliste: Manuel Pulgar-Vidal, responsabile globale del clima e dell'energia del WWF e presidente della COP20, per esempio, ha dichiarato: «La Terra come la conosciamo è in ginocchio ma non è spacciata, dato che i Paesi alla COP28 hanno concordato di transitare fuori dai combustibili fossili. Questo risultato deve segnare l'inizio della fine dell'era dei combustibili fossili». Per Greenpeace International, invece, «Questa non è ancora la decisione di cui il mondo ha bisogno o merita, ma ci sono alcuni miglioramenti nell’appello alla transizione dall’energia dei combustibili fossili».