Nei suoi 4,5 miliardi di anni di storia, il “paziente-Terra” ha attraversato continue modificazioni della sua temperatura superficiale: è il cambiamento climatico, un fenomeno ricorrente nella lunga storia del nostro pianeta ma che stavolta nasconde lo "zampino" dell'essere umano...
Quella media di oggi è, globalmente, di circa 15 °C, ma in diverse occasioni è salita o si è abbassata di molto, in seguito a fenomeni naturali o celesti come eruzioni vulcaniche, impatti di meteoriti, variazioni dell’attività solare o dell’orbita terrestre. La vita sulla Terra ha reagito a tutto questo “stress” come meglio ha potuto, in certi casi adattandosi e talvolta scomparendo nelle cosiddette estinzioni di massa, che sono arrivate a cancellare anche il 90% delle specie del pianeta.
Tuttavia, il periodo geologico che stiamo attraversando sta vedendo un rialzo delle temperature molto più rapido di quelli passati. E soprattutto, per la prima volta questo sconvolgimento del clima avviene in concomitanza con la presenza - massiccia - dell’uomo, diffuso sul pianeta in 7,7 miliardi di esemplari.
Dalla Rivoluzione industriale in avanti, e in particolar modo negli ultimi 60 anni, il rialzo delle temperature globali si è legato a doppio filo alle occupazioni umane: attività produttive, trasporti, persino il riscaldamento delle case si basano ampiamente sui combustibili fossili (come carbone e petrolio), che alterano la composizione dell’atmosfera rilasciando nell’aria i famigerati gas serra.
L’effetto serra è il fenomeno per cui l’atmosfera terrestre intrappola parte della radiazione solare che torna indietro nello Spazio, dopo aver riscaldato la superficie terrestre. Alcuni gas presenti nell’aria che respiriamo assorbono parte dell’energia termica “di ritorno” e la diffondono in tutte le direzioni (un po’ come avviene nelle serre che si usano per far crescere le piante anche d’inverno).
Senza questa “cattura” la Terra sarebbe circa 30 °C più fredda. E sarebbe inospitale per molte specie, tra cui quella umana (per come la conosciamo noi).
Ma le attività umane, liberando in atmosfera gas come anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) - che sono potenti gas serra - hanno amplificato il fenomeno, rendendo la quantità di calore solare trattenuta eccessiva e facendo salire la “febbre” del pianeta: gli ultimi 4 anni (2015-2018) sono stati, quanto a temperature medie, i più caldi di sempre, da quando siamo in grado di misurare questi parametri.
Queste emissioni inquinanti capaci di trattenere il calore solare rimangono a lungo in atmosfera: servirebbero diverse centinaia di anni per farle tornare ai livelli a cui erano 250 anni fa. E di certo la deforestazione, cioè l’abbattimento degli alberi per usare il legname o far posto a strade o coltivazioni, non aiuta!
Le foreste, i nostri “polmoni verdi”, assorbono CO2 e rilasciano ossigeno da respirare. Tra emissioni prodotte e alberi recisi, la concentrazione di anidride carbonica nell’aria è oggi superiore a qualunque livello abbia mai toccato negli ultimi 800 mila anni.
Per effetto di tutto questo, negli ultimi 100 anni, le temperature medie sulla Terra sono salite di 0,8 °C. Può sembrare poco, ma è moltissimo se si considera che 0,6 gradi li abbiamo “acquistati” soltanto negli ultimi 30 anni, e che questo è sufficiente ad accelerare la fusione dei ghiacciai montani e delle calotte di ghiaccio che ricoprono l’Antartide occidentale e la Groenlandia.
Le acque disciolte infatti finiscono negli oceani, mentre l’acqua che in mare ci è già, con il rialzo delle temperature, si espande: così il livello dei mari si alza, minacciando le zone costiere più esposte, sempre più a rischio di inondazioni. Alcune isole come quelle nell’arcipelago di Kiribati, nell’Oceano Pacifico, affiorano soltanto di qualche metro dall’acqua: se i mari continuano a crescere al ritmo di 3 millimetri all’anno, come è oggi, queste terre rischiano di finire sommerse.
I ghiacci marini attorno al Polo Nord vanno restringendosi, mettendo a rischio la sopravvivenza degli animali che su questi ghiacci pescano, come gli orsi polari; moltissime specie animali stanno scomparendo perché non riescono ad adattarsi ai cambiamenti delle temperature, altre hanno cambiato habitat, spostandosi di quota in cerca di fresco; e lo stesso succede per le piante, messe a dura prova dagli alterati ritmi delle stagioni, che le fanno fiorire troppo presto, prima che gli insetti impollinatori diventino attivi, o le sorprendono con gelate o acquazzoni improvvisi.
A causa dell’aumento delle temperature, uragani e tempeste potrebbero diventare più violenti, alluvioni e siccità sempre più frequenti. Questo sta rendendo già oggi più difficile contare sui raccolti agricoli, che hanno bisogno di stagioni regolari e che temono precipitazioni troppo scarse o troppo abbondanti.
Molte carestie significano cibo insufficiente o non abbastanza nutriente per sfamare una popolazione mondiale in crescita, ma anche malattie, instabilità politica, guerre, fenomeni migratori di massa.
Come si vede, il cambiamento climatico non è un’entità astratta o lontana, ma qualcosa che ci riguarda già oggi da molto vicino. Per rallentare queste trasformazioni e cercare di vivere in pace con gli elementi del nostro Pianeta servono decisioni politiche: occorre investire in energia pulita come quella del Sole, del vento e delle onde, tagliare le emissioni di gas serra e assorbire, per esempio attraverso le foreste, quelle che proprio non si può evitare di produrre.
Da qualche tempo la Commissione Europea ha presentato una strategia a lungo termine che punta a ridurre a zero le emissioni nette (e far sì, quindi, che la quantità di inquinanti emessi sia uguale alla quantità assorbita). Un obiettivo importante ma per ora del tutto teorico, che andrà discusso dai vari governi nazionali. Per tutti è chiaro che bisognerà provare a mantenersi nel più basso dei due scenari stabilito dagli Accordi sul Clima di Parigi (COP21), l’ultima conferenza mondiale per decidere come agire contro il riscaldamento globale.
Il testo di questi negoziati prevede di restare "ben al di sotto dei 2 °C" rispetto alle temperature precedenti la Rivoluzione industriale, possibilmente “al di sotto dei + 1,5 °”, anche se purtroppo questo secondo limite non è stato posto come vincolante. Gli scienziati sono d’accordo nel dire che un rialzo superiore al grado e mezzo renderebbe le conseguenze per il pianeta catastrofiche e impossibili da gestire.
Naturalmente il cambiamento climatico è uno dei punti cruciali anche dell'Agenda 2030, la lista di obiettivi stabiliti dall'ONU per rendere migliore la vita sul nostro pianeta e tutelare l'ambiente che ci circonda.
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