Gli scienziati ne ipotizzavano l'esistenza da decenni, ma ora è arrivata finalmente la prova definitiva: al centro della Via Lattea, la galassia che ci ospita, c'è un gigantesco buco nero, ribattezzato Sagittarius A*. A confermarlo è la storica immagine presentata giovedì 12 maggio da Event Horizon Telescope, la rete internazionale di ricerca composta da 80 istituti e più di 300 ricercatori che, grazie a diversi radiotelescopi sparsi per il mondo, è riuscita a catturare lo "scatto" storico e replicare così l'impresa del 2019, quando si ottenne la prima fotografia in assoluto di un buco nero.
Prima di tutto, capiamo di cosa stiamo parlando. I buchi neri sono delle regioni di spazio sferiche che non possono essere visti (né tantomeno fotografati direttamente) perché il loro campo gravitazionale è così forte da inghiottire tutto, persino la luce!
Simili corpi celesti sono così interessanti per la scienza perché la loro massa crea una deformazione nello spaziotempo - la struttura complessa che compone l'intero universo - che alterano sia la materia che il tempo per come li conosciamo. Scoprire di più sui buchi neri, dunque, significa conoscere meglio i più importanti segreti dell'Universo.
Trattandosi di un buco nero, Sagittarius A* è un bell'ammasso di materia, circa quattro milioni di volte più grande quella del Sole, tuttavia si è mostrato più piccolo del buco nero della galassia M87 immortalato tre anni fa, mille volte più massiccio e con un diametro di 100 miliardi di km (contro i circa 44 milioni di Sagittarius A*)
Rispetto alla Terra poi, il buco nero della Via Lattea dista circa 27.000 anni luce in direzione della costellazione del Sagittario, da cui è stato preso il nome. Il suo comportamento è apparo piuttosto comune agli scienziati, i quali hanno assicurato che non ci inghiottirà per ancora un bel po' di tempo!
Ma se buco nero non può però essere visto o fotografato, come hanno fatto i ricercatori di Event Horizon Telescope a ricavare l'immagine di Sagittarius A* ? Come nel caso di M87, non si tratta di una vera fotografia, ma di una specie di collage di immagini ottenute da otto radiotelescopi (tra cui Alma, il più potente di tutti) gestiti da un consorzio di ricercatori provienenti da diversi Paesi, tra cui l'Italia. Tali radiotelescopi lavorano nella massima coordinazione, come se fossero un unico occhio che per diverse notti dell’aprile 2017 è stato puntato verso il cuore della nostra galassia.
Benché sia molto più vicino di M87, catturarne un'immagine è stato però ben più complicato, poiché il gas che gli ruota attorno (e che con la sua emanazione luminosa ci ha permesso di delineare i contorni della massa nera) gira molto più velocemente, rendendo ben più difficile "fermare" in uno scatto la sagoma del buco nero.
«Scattare una fotografia con EHT è come ascoltare una canzone suonata su un pianoforte con molti tasti mancanti» ha dichiarato Katie Bouman, una delle astrofisiche dell'Event Horizon Telescope, che con questa similitudine ha spiegato il lungo processo che ha portato all'immagine storica.
Il risultato finale è infatti stato ottenuto elaborando oltre 3,5 milioni di gigabyte di dati raccolti dai radiotelescopi, una quantità così enorme che non è stato possibile trasferire via Web. Così, dopo aver raccolto tutto in "pesanti" dischi rigidi, le informazioni sono state processate e selezionate fino a comporre l’immagine di Sagittarius A*.
Si tratta della prova definitiva dell'esistenza del buco nero al centro della galassia, il che non solo conferma le ipotesi della comunità scientifica e l'affidabilità dei metodi di Event Horizon Telescope per gli studi dei buchi neri, ma dà ancora una volta ragione ad Albert Einstein e la sua Teoria della Relatività Generale che metteva in relazione la massa dei corpi celesti con le distorsioni dello spazio tempo.
Fonte: Nasa