Il giornalista racconta i fatti per quello che sono, indaga la realtà e la descrive a chiunque voglia conoscerla. E così anche il giornalista “di guerra” racconta le storie e gli eventi di chi combatte in prima linea e di chi fugge dalle zone di conflitto per farle conoscere a tutto il mondo. È pericoloso? È vero che i giornalisti corrono tanti rischi?
PERCHÉ I GIORNALISTI VANNO NEI PAESI IN GUERRA?
Alcuni giornalisti - reporter di guerra - vanno a indagare sui luoghi di conflitto per raccontare che cosa sta accadendo. Ma il mestiere del reporter di guerra è molto rischioso perché si lavora in mezzo ai combattimenti. E come si legge nelle convenzioni internazionali, i giornalisti non sono né militari né eroi, ma dei “civili” e il pericolo per loro può venire da ogni direzione: il cronista può raccogliere informazioni sul campo a rischio della propria vita ed è costretto ogni giorno a districarsi tra banditi, guerriglieri, fanatici sanguinari, regimi dittatoriali.
QUALCHE NUMERO...
Solo nel 2020 sono stati uccisi 50 giornalisti nel mondo e la maggior parte lavorava in Paesi non in conflitto. È uno dei dati che emergono dal rapporto annuale di Reporters sans Frontières (Rsf) che monitora lo stato di salute del giornalismo nel mondo. In dieci anni, dal 2011 a oggi, Rsf ha censito 937 vittime. E centinaia di persone vengono imprigionate, prese in ostaggio o ferite ogni anno.
ALLORA PERCHÉ FARE UN MESTIERE COSÌ PERICOLOSO?
I giornalisti che viaggiano nei paesi in guerra osservano gli eventi, cercano di capire gli interessi di ciascuna parte... e poi spiegano al mondo ciò che succede nei luoghi martoriati dai conflitti. E, nonostante i pericoli, i giornalisti che si recano in posti come la Siria o l’Afghanistan oltre a testimoniare la sofferenza della popolazione e lo svolgersi dei combattimenti, attraverso i loro collegamenti in tv o gli articoli sui giornali sperano di aumentare la consapevolezza della realtà di queste guerre e di contribuire a migliorare la situazione.
I GIORNALISTI COME ARRIVANO NEI LUOGHI DI GUERRA?
Le missioni dei giornalisti, spesso, sono organizzate in ogni dettaglio: dal viaggio nel Paese scelto all’autista che lo seguirà negli spostamenti per esempio. Normalmente indossano elmetti e giubbotti antiproiettile e indossano gilet con la scritta “press” (stampa) per non essere scambiati per soldati.
A fine giornata inviano gli articoli ai colleghi rimasti in redazione ma che a loro volta possono essere utili nel caso dovessero organizzare un rientro in caso di pericolo. A volte il lavoro del giornalista è un po’ difficile ma l’obiettivo di chi sceglie di fare questo mestiere è quello di informare in ogni circostanza.