Che cos'è la timidezza? Il vocabolario Treccani definisce così questo stato d'animo “una qualità di chi è, o si mostra poco sicuro di sé, indeciso ed esitante, incerto nell’agire per soggezione, per timore del giudizio altrui”. Forse, è altro ancora e, ancora oggi, non siamo in grado di definire esattamente la timidezza. E ancora non si è certi se si tratti di un lato del carattere o di una semplice reazione a un fatto.
A dare una spiegazione scientifica ci ha pensato un team di scienziati della McMaster University, in Canada, che ha condotto uno studio sulla timidezza nei bambini. I ricercatori hanno reclutato 152 bambini canadesi, 79 maschi e 73 femmine, di età compresa tra i sette e gli otto anni. I risultati dello studio sono stati poi pubblicati il 25 aprile sulla rivista Research for Child Development.
Il risultato? Secondo gli scienziati, la timidezza è, in alcuni giovani, un tratto della personalità e, in altri, una reazione a un evento stressante.
Il gruppo di ricerca, guidato da Kristie Poole, ha analizzato la timidezza nei bambini, valutando principalmente tre fasi: il comportamento, il livello di nervosismo auto-riferito e l'aritmia sinusale respiratoria dei partecipanti. I bambini quindi sono stati dotati di un elettrocardiogramma per misurare l'attività cardiaca.
Poi, è stato loro assegnato un compito, preparare un discorso di due minuti sul loro ultimo compleanno e recitarlo davanti a una videocamera e a uno specchio. Infine, è stato detto loro che il discorso sarebbe stato filmato affinché i loro coetanei potessero guardarlo. Ogni bambino ha completato le attività con uno sperimentatore e, in una stanza accanto, a osservarli, un genitore.
I risultati hanno rivelato che circa il 25% dei bambini ha mostrato una reazione di timidezza solo durante l'attività, i genitori infatti hanno confermato che tendenzialmente non erano timidi. Mentre il 10% ha dimostrato timidezza sia durante l'attività sia in seguito.
«È possibile che in questo caso il concetto di timidezza sia dovuto al momento, uno stato relativamente comune per i bambini di questa età», ha affermato Kristie Poole che ha condotto lo studio. Mentre per il 10% dei bambini può essere un fattore caratteriale. «Essere al centro dell'attenzione può indurre stress nel tempo e manifestarsi sempre. Nei prossimi step, sarà interessante includere campioni più diversificati di partecipanti» ha continuato Poole.
Tuttavia, queste conclusioni non possono essere generalizzate, ha precisato la ricercatrice. Infatti lo studio ha preso come campione un piccolo gruppo di bambini per lo più provenienti da famiglie con uno stato socioeconomico medio-alto. «Per avere un quadro più dettagliato, la futura ricerca deve includere campioni di bambini più eterogeneo» ha concso la scienziata.