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Storia del pomodoro: un cibo che viene da lontano

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Storia del pomodoro: un cibo che viene da lontano
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Dal Messico al mondo intero, una storia in mille “salse” del pomodoro. Lo sapevate, ad esempio, che per anni fu considerata solo una pianta ornamentale?

  • Un’origine d’oltremare: la patria del pomodoro
  • Quando arrivò in Italia?
  • Tutti i nomi del pomodoro
  • Processo al pomodoro
  • Pane, amore e… pomodoro
  • Quando si dipinse il primo pomodoro?
  • Il mangiatore di pomodoro
  • Il pomodoro è frutto o verdura?
  • Da quanto si mangia?
  • Varietà di pomodoro
  • Ricettario
  • Si può anche bere?
  • Come conservare l’orto in barattolo

Si trova in infinite varietà e... in tutte le salse. È tondo ma non sempre, rosso il più delle volte ma non credete che sia così scontato: il pomodoro è protagonista di mille avventure.

Un’origine d’oltremare: la patria del pomodoro

Il pomodoro selvatico trova le sue radici nel Sudamerica occidentale, ma i primi a sviluppare il frutto come coltura furono i Maya che, a loro volta, lo fecero conoscere agli Aztechi, i quali lo coltivarono nelle regioni del Messico.

Fu in questo Paese che nel ‘500 venne scoperto il pomodoro: durante l’occupazione dell’America Latina da parte degli europei, Hernán Cortés importò da lì i semi che giunsero in Spagna tramite le navi degli esploratori e dei conquistadores (i conquistatori), che scoprendolo e diffondendolo fecero una delle poche cose buone in mezzo a troppe crudeltà.

Il nostro dorato protagonista non è stato il solo gioiello della natura ad essere introdotto nel Vecchio Continente dalla scoperta del Nuovo Mondo; a fargli compagnia furono molti altri alimenti di cui oggi non potremmo più fare a meno: le patate, alcuni tipi di fagioli, il mais, alcune varietà di zucca, il tacchino, i peperoncini piccanti,  ma soprattutto, la vaniglia ed il cacao!

Sulla Penisola iberica il pomodoro non attecchì subito, poiché le semenze importate dall’America Latina non erano tutte domestiche, ovvero commestibili, nonostante gli indios avessero già fatto un buon lavoro di selezione della pianta. Per questo motivo il pomodoro fu accusato di essere nocivo per la salute e si preferì usarlo solo come ornamento. Altri prodotti della stessa famiglia, come le Solanacee (a cui appartengono le melanzane, le patate, i peperoni, il peperoncino piccante e pure il tabacco), subirono una forte diffidenza in tutta Europa perché si credeva provocassero malesseri e disturbi, tanto che il pomodoro ricevette il nome di Lycopersicum, ovvero "pesca del lupo", prima di guadagnarsi l’appellativo di Esculentum, cioè squisito, come sappiamo bene noi buongustai!

Quando arrivò in Italia?

L’Italia conobbe presto il pomodoro grazie alle sue relazioni con i Borbone – famiglia iberica di origine francese, fra le più importanti d’Europa, che ha dominato per molto tempo l’Italia del sud - ed i regnanti del XVI secolo spagnoli che dominavano i territori italiani. Il primo documento scritto che troviamo risale al 31 ottobre 1548 quando, a Pisa, Cosimo de’ Medici ricevette un cesto di pomodori dalla tenuta fiorentina di Torre del Gallo. I semi erano stati donati alla moglie, Eleonora di Toledo, dal padre che era Vicerè del Regno di Napoli. Chissà se qualcuno all’epoca ebbe il coraggio di assaggiarli…

Tutti i nomi del pomodoro

La prima parola conosciuta per descrivere il pomodoro deriva dal suo luogo di origine: per gli Aztechi tomatl significava una "cosa rotondeggiante e rigonfia". A seconda del prefisso (parola messa prima della radice di un termine) specificava due frutti diversi, ossia il pomodoro (xi-tomatl) o il tomatillo (mil-tomatl), un frutto piccolo e tondo appartenente alla stessa famiglia delle solanacee. Il secondo alimento, di un colore verde pallido tendente al giallo, era il più conosciuto dal popolo azteco e veniva utilizzato nella preparazione di salse.

I colonizzatori fecero sicuramente confusione nell’identificare i diversi frutti, come testimoniano i botanici del ‘500, cosicché il termine tomatillo fece approdo – insieme alle navi dei colonizzatori- in Spagna e in Europa, fino a che tornò in America nel Settecento con l’inglese tomato. La radice è sempre la solita, come possiamo leggere nei vari idiomi: tomate in francese e tedesco (ognuno con la sua pronuncia!), tomàquet in catalano, tomatea in basco, tomat in danese e in svedese, tomātu in lettone, tomaatti in finlandese, tómatur in islandese, ντομάτα (ntomatáta) in greco, tōmato in lingua maori, tomat in indonesiano.

Già… ma pomodoro allora che c’entra con tomatillo? La paternità del Pomi d’oro è da ricondurre all’erborista senese Pietro Mattioli, che nel 1544 classificò la pianta tra le specie velenose (anche se sappiamo non essere proprio così). Il caratteristico colore giallo oro del frutto si unì alla forma della mela, alias "pomo", dando vita al pomidoro.

Ma sentite come ce lo racconta lo studioso Mattioli: «Portansi à tempi nostri d’un’altra spetie in Italia schiacciate come le mela rosse, e fatte à spichi, di colore prima verdi, e come sono mature, di colore d’oro, i quali pur si mangiano nel medesimo modo».

Processo al pomodoro

Oggi sappiamo bene quali siano le proprietà benefiche del pomodoro grazie ai tanti studi di questi cinque secoli, ma anche gli indios del Centro America ne conoscevano le virtù e lo utilizzavano come fonte di nutrimento vitaminico e come riserva d’acqua, molto utile nella calda regione in cui vivevano. Una volta giunto in Europa, però, il pomodoro venne accostato ad altre piante “malefiche” (come belladonna, stramonio, giusquiamo, mandragola ed anche alla melanzana, che non era per niente benvista!) e giudicato negativamente durante i processi per stregoneria.

Alcune di queste erbe hanno effettivamente il potere di creare illusioni di trasformazione e l’uso sbagliato è altamente pericoloso, eppure hanno anche proprietà medicinali; basta saperle usare, quindi niente esperimenti se non siete farmacisti provetti!

Molto probabilmente, insieme al fatto che col solo pomodoro la pancia non si sazia (soprattutto in tempi di guerre e carestie dell’epoca), anche l’odore aspro delle solanacee provocava timore e diffidenza. L’avversione verso la novità, in questo caso le coltivazioni americane, è sempre stata presente nel genere umano: ciò che è sconosciuto fa paura. Ed il pomodoro, molto vistoso per il tempo, non riuscì a provocare la meraviglia come fece invece il cacao.

Pane, amore... e pomodoro

Nonostante per l’uso alimentare bisognerà aspettare qualche secolo, dal ‘500 il pomodoro compare nell’Arte e come pegno d’amore, tanto da conquistarsi il nome di Pomo d’amore.

Secondo una leggenda del Nord Europa sii narra che Sir Walter Raleigh avesse donato una piantina carica di frutti alla regina Elisabetta I e che fu lui il primo a chiamarla apple of love. Anche il cardinale Richelieu ne ricevette in omaggio quattro piantine e durante i banchetti il frutto rosso veniva messo a decorazione delle pietanze come simbolo della grandezza dei cardinali.

Quando si dipinse il primo pomodoro?

La prima rappresentazione pittorica in cui compare il pomodoro in Italia si trova negli affreschi di Francesco Salviati de’ Rossi del 1545 circa, che si trovano all’interno di Palazzo Vecchio a Firenze. Uno dei dipinti che meritano di esser citati è il Vertumno, conosciuto anche come Ritratto di Rodolfo II di Giuseppe Arcimboldo, che nel 1590 dipinse l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo sotto forma di una composizione di ortaggi.

Ne La cucina degli Angeli (1645-1646) di Bartolomé Estéban Murillo vediamo dei putti (angeli bambini) che giocano con della verdura pronta per essere cucinata. Ebbene sì, il pomodoro fu messo in primo piano dal pittore spagnolo. In letteratura invece, nei primi del Seicento, il drammaturgo Tirso de Molina nella sua opera El amor médico scrive: «O insalata di pomodori di guance rosse dolci a un tempo piccanti!»

Il mangiatore di pomodoro

Come abbiamo già detto, attraverso i secoli sono state molte le ostilità verso il pomodoro, ma fino ad inizio Ottocento anche negli Stati Uniti erano più forti le credenze popolari rispetto ad una tradizione culinaria.

Nel 1803 a Salem, nel Massachussets (USA), il pittore di origine italiana Michele Felice Corne fu, di nome e di fatto, felice di mangiare un pomodoro in pubblico per dimostrare che non fosse nocivo. Ci volle ancora qualche anno, esattamente nel 1829, per cominciare a commercializzare la pianta – che se ben ricordate proveniva da poco più giù, dall’America Centrale – che intanto aveva fatto il giro del mondo.

Questo particolare episodio, comunque, ispirò la realizzazione di un Monumento al mangiatore di pomodoro che si trova a Newport, USA. È doveroso ricordare che anche lo scrittore fiorentino Vamba, nel romanzo Il Giornalino di Gian Burrasca (del 1907, ma spero lo conosciate anche voi!), eresse un monumento alla pappa al pomodoro!

Il Pomodoro è frutta o verdura? 

Vediamo di chiarire la differenza prima di rispondere.

La frutta si differenzia per il sapore (solitamente più dolce), per la quantità di fruttosio che contiene, per una consistenza morbida, per poter essere consumata cruda (ma non è certo vietata la preparazione di confetture e marmellate buonissime!) e per la presenza di semi. Infatti il frutto che matura sull’albero è il portatore del seme che permette la diffusione della pianta. I pomodori possono essere consumati crudi, sono succosi, dolci e li utilizziamo nella preparazione delle pietanze e, solitamente, li classifichiamo come verdura.

Dobbiamo dire che “verdura” è un termine culinario, mentre quello scientifico è ortaggio. Bene, gli ortaggi possiedono molte parti commestibili, e vediamo quali includono:

  • FOGLIE (spinaci, lattuga, cavolo)
  • GAMBI (asparagi, sedano, rapa), FIORI (broccoli, carciofi, cavolfiore)
  • FRUTTI (zucca, cetriolo, pomodoro)
  • SEMI (piselli, fagioli)
  • RADICI E TUBERI (ravanello, carote, patate)
  • BULBI (aglio, scalogno, cipolla).

Quindi, per rispondere alla domanda, possiamo adesso dire che il pomodoro – insieme ad avocado, zucca, pisellini, peperoni, melanzane, peperoncino, mais, olive e tanti altri – è un frutto botanicamente, anche se non vi verrebbe mai in mente di mangiarlo a fine pasto al posto di una mela o di una pera.

Da quanto si mangia?

Dopo secoli passati negli erbari (libri che catalogano piante e frutti) e nei giardini botanici, e probabilmente anche per gli studi fatti in materia... pomodorifica, cadono i pregiudizi sul rosso frutto e si inizia a sperimentare anche in cucina.

Siamo nel XVII secolo quando finalmente compare il pomodoro nell’arte culinaria. Antonio Latini fu l’inventore, o almeno il primo che ne scrisse, della salsa alla spagnola, ovvero quella che, con qualche aggiustamento, è diventata la nostra salsa di pomodoro. Oltre al nostro protagonista, la ricetta indicava cipolla, timo, sale, “peparolo”, olio e aceto. Ricorda anche le salse azteche che gli indios già preparavano da secoli prima della scoperta dell’America e che non abbandoneranno mai più le nostre tavole.

Anche Francesco Gaudentio, nel suo Panunto Toscano del 1705, inserisce una ricetta col pomodoro; ma fu Vincenzo Corrado, nel suo trattato dal titolo Il cuoco galante, a lodare il pomodoro prima di proporre i numerosi utilizzi del pomidoro.

E la pasta al pomodoro? Nel 1811 compare la salsa di pomodoro nel primo ricettario a stampa di Filippo Re che, nonostante il cognome, era un conte. Nel 1839 Ippolito Cavalcanti descrive, in dialetto napoletano, i vermicelli con le pommadore. Finalmente, almeno nell’Italia meridionale, la pastasciutta incontra il pomodoro.

Varietà di pomodoro

Se ci soffermiamo un attimo a vagliare le varietà di pomodoro esistenti, superiamo le diverse centinaia. Dalla forma tondeggiante del Fantasio a quella allungata del Piccadilly, dai piccolissimi e dolci Ciliegini ai giganteschi Cuor di bue, dai Datterini gialli al verde Camone ai rossi e sugosi San Marzano.

È bene sapere che le “zebrature” caratterizzano molte varietà, una delle quali tocca il colore nero e si chiama appunto Black cherry.

Poi ogni frutto si presta ad alcune ricette piuttosto che ad altre, inutile dire come utilizzare meglio il pomodoro Insalataro, mentre il Costoluto è ideale per essere grigliato grazie alla sua consistenza poco succosa.
Se poi venisse in mente di mettersi a coltivare qualche piantina sul balcone, è sconsifliato il Patataro, perché i suoi frutti possono superare il chilo di peso! Meglio optare per un Pachino, dolce e piccolo da mangiarsi anche come spuntino.

Ci sono davvero tantissime varietà da scoprire, e spesso sono coltivazioni talmente particolari che hanno trovato origine in un luogo specifico, tanto da prenderne il nome come derivazione; alcuni esempi sono il Piennolo del Vesuvio, il Regina di Torre Canne (Fasano), il Canestrino di Lucca, il Giallorosso di Crispiano (Taranto), il Fiaschetto di Torre Guaceto (Brindisi) e tante altre ancora.

Ricettario

Pasta al pomodoro, pane e pomodoro, pizza, panzanella, pappa al pomodoro, bruschette al pomodoro, pomodori ripieni e... il ketchup sulle patatine fritte ce lo mettete? Con ilm pomodoro si possono realizzare migliaia di ricette.

Il Gazpacho è uno dei piatti tipici e più famosi della cucina spagnola. È simile per ingredienti alla nostra panzanella, ma ciò che lo caratterizza maggiormente è il preponderante colore rosso. È una zuppa, servita fredda, che in origine era pane raffermo bagnato con acqua e aceto e condito con olio al quale poi furono aggiunte le verdure che, adesso, fanno la ricetta ricca di vitamine e sali minerali. Gli ortaggi che rendono il gazpacho saporito sono il pomodoro in questione, la cipolla, il peperone, il cetriolo, l’aglio.

I pomodorini confit sono una delizia. Il termine "confit" deriva dal francese confire che significa “conservare”, “preservare”, ed è un metodo di cottura diffuso molto probabilmente nella Francia medievale per mantenere più a lungo le preparazioni. La cottura confit consiste nel cuocere verdure, frutta o carne in forno a bassa temperatura con zucchero e spezie. Il risultato è un prodotto caramellato ed essiccato che allo stesso tempo risulta succoso e saporito.

Si può bere il pomodoro?

Pensate che il pomodoro si possa soltanto mangiare? Eh no, invece si può anche bere!

Il Bloody Mary è un cocktail a base di vodka e succo di pomodoro, condito con succo di limone, sale, pepe, tabasco e salsa Worcester; di solito viene servito con un gambo di sedano in un bicchiere basso. Bevanda molto fresca per dissetarsi d’estate e non troppo alcolica, tanto che nella cultura anglosassone viene degustata anche di mattina e soprattutto a causa dell’hangover, il “dopo sbornia”!

L’inventore del cocktail fu Fernand Petiot, un barman francese che negli anni Trenta trovò questa magica combinazione di liquido rosso. Le storie sulla scelta del nome sono tante, ma la più avvincente è sicuramente quella legata alla leggendaria regina d’Inghilterra Maria Tudor I, detta Maria la sanguinaria, Bloody Mary per gli anglosassoni, dal momento che fece scorrere fiumi di sangue per ristabilire il Cattolicesimo nel Regno Unito condannando a morte tantissimi oppositori protestanti.

Come conservare i pomodori in barattolo?

Da inizio Ottocento fu trovato il modo per conservare le preparazioni di pomodoro. Si narra che fu Napoleone, nell’anno 1800, a volere fortemente dei cibi che durassero più a lungo durante le sue campagne militari di conquista. Ancora una volta, le storie della cucina si intrecciano con la Storia dell’uomo.

Cominciarono così gli esperimenti. Il gesuita Lazzaro Spallanzani dimostrò che racchiudere degli infusi in recipienti di vetro sigillati, facendoli bollire per un’ora, arrestava il fenomeno di degenerazione, in quanto la crescita batterica che “fa andare a male” i cibi si arrestava. Gli studi effettuati da Spallanzani, sebbene apprezzati a livello scientifico, rimasero stampati in un opuscoletto, ma colui che brevettò il sistema di sterilizzazione fu l’inventore francese Nicolas Appert.

Come si fa la “sterilizzazione”?  Di professione pasticcere, Appert dedicò anni ai suoi esperimenti per trovare i materiali idonei: mise a punto contenitori di vetro resistenti al calore, tappi di sughero e materiali per sigillare i vasi ermetici in fase di bollitura. Monsieur Appert fece la sua fortuna “invasettando” i prodotti di una sua tenuta e costituendo la prima fabbrica di alimenti a lunga conservazione.

Questo sistema si diffuse rapidamente in Europa e, nell’agosto del 1810, l’inglese Pierre Durant brevettò le conserve in recipienti di stagno e, pochi anni dopo, la produzione di conserve di Bryan Donkin cominciò la sua commercializzazione di prodotti in scatola. Anche in Italia, nel 1858, Francesco Cirio aprì a Torino la prima impresa che inscatolava piselli. Quando nel ‘900 lo stabilimento si trasferì in Campania, incontrò la passata di pomodoro che conosciamo tutt’oggi. Al tempo si contavano già più di 100 fabbriche agroalimentari.

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