Il muro più famoso del mondo, il Muro di Berlino, venne abbattuto il 9 novembre 1989. Era una barriera alta quasi 4 metri e lunga oltre un centinaio di chilometri, costruita alla fine della Seconda guerra mondiale per dividere in due la città e separare due “mondi”: da una parte la zona controllata dalle forze occidentali (Stati Uniti, Francia e Regno Unito) dall’altra quella controllata dall’ex Unione Sovietica.
Quell’avvenimento storico sembrava l’avvio di una nuova stagione di speranza per l’umanità: si pensava che da quel momento in poi saremmo stati tutti più liberi o e che i popoli potessero vivere in armonia, senza barriere né confini. Ma non è stato così, perché le divisioni nel mondo, invece di diminuire, sono aumentate!
Alla fine degli anni 80 del secolo scorso, infatti, i muri nel mondo erano circa 15, oggi ce ne sono più di 70. Il più famoso è quello che il presidente americano Donald Trump ha fatto erigere al confine tra Usa e Messico, ma anche in Europa abbiamo i nostri muri, come quello costruito in Ungheria per evitare che i migranti arrivino nel Paese attraversando la catena dei Balcani, quello tra Grecia e Turchia e quello che la Finlandia sta costruendo al confine con la Russia.
Secondo lo studio pubblicato nel 2020 dal Transnational Institute, un istituto internazionale di ricerca, almeno 6 persone su 10 vivono in un Paese con un muro di frontiera. Il continente con il maggior numero di muri è l’Asia, con il 56% del totale, seguita da Europa (26%) e Africa (16%).
Ma per fortuna esistono anche muri che non sono fatti per dividere: sul “Before I die wall”, un'installazione artistica che si trova in diverse città in tutto il mondo, ognuno può scrivere cosa vorrebbe fare prima di morire. Il primo è apparso a New Orleans (Usa) nel 2011, oggi ce ne sono più di 5mila in 75 Paesi. A Londra, invece, si può visitare il Wall of Heroes: ricorda gli eroi che hanno dato la propria vita per gli altri. Risale al 1900 e viene aggiornato continuamente.