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Chi ha inventato i musei?

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Chi ha inventato i musei?
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Cosa vuol dire la parola "museo"? E quando sono nate le collezione di reperti storici e opere d'arte? Scopriamo insieme la storia dei musei, i custodi del nostro passato

Tutti più o meno sappiamo che un museo è una raccolta di manufatti e oggetti di arte, scienza, tecnica o di curiosità di ogni sorta. E che visitare un museo significa conoscere molte cose di civiltà lontane e del nostro passato. Ma non tutti sanno che cosa sono esattamente, chi li ha inventati e quando sono nati. E visto che il 18 maggio è la Giornata Internazionale dei Musei, e che questi – dopo i due anni di pandemia – torneranno ad essere aperti per tutti, è il momento giusto per parlarne un po’...

Nell’etimologia il significato di “Museo”: luogo sacro alle Muse

La parola museo significa, dal greco, “luogo sacro alle Muse”. Le Muse erano figlie di Zeus, il re dell’Olimpo greco, ed erano le protettrici delle arti e delle scienze. Non solo. Le Muse erano figlie di Mnemosine, la dea della memoria. Nella sua origine, quindi, la parola significa luogo sacro delle arti, delle scienze e della memoria. E sono tutti i significati principali che riveste un museo per come oggi lo conosciamo. A proposito, ma i musei chi li ha inventati? Quando sono nati? Che cosa erano e che cosa sono adesso?

Dal museo di Ennigaldi a quello di Alessandria

Secondo la tradizione, fu Ennigaldi, figlia del re babilonese Nabonide, a realizzare il primo museo nel 530 a.C. Si chiamava “Museo di Ennigaldi-Nanna”, si trovava nello stato di Ur (attuale Iraq). Conteneva un po’ di tutto: pezzi di edifici, di statue, di tavolette, antichi anche di 20.000 anni, e tutti ritrovati in quel territorio. Ogni reperto era etichettato con tavolette di argilla ed era stato scoperto dallo stesso re Nabonide, restauratore di antichità e considerato il primo vero archeologo della storia. Nabonide voleva in questo modo raccogliere tutti i vestigi della storia di quel territorio per poi studiarli e conoscere la sua civiltà.

Ma il primo vero museo della storia è considerato il Museo di Alessandria d’Egitto, voluto dal re Tolomeo I, che ospitava al suo interno, oltre ai reperti e alle antiche opere dell’arte e più in generale dell’ingegno, anche una comunità scientifica e letteraria e un osservatorio. Ma non era aperto a tutti, quanto piuttosto ad un selezionato gruppo di eruditi, di nobili e di persone importanti. I musei antichi erano infatti perlopiù luoghi in cui gli intellettuali discutevano e si confrontavano. Quindi, ragazzi, non corriamo troppo: il museo di Ur e quello di Alessandria, in realtà, sono casi isolati e in cui la gente “comune” non poteva metter piede. Per avere dei luoghi aperti al pubblico in cui poter vedere le meraviglie dell’arte e della scienza, dovremo attendere secoli.

A Roma e per molti secoli i “musei” erano le collezioni private

Sì, perché nell’antichità, e soprattutto a Roma, i musei coincidevano con quelle che chiameremmo oggi “collezioni private”. che erano visibili solo dagli amici dei loro possessori, magari in occasione di banchetti. Fu infatti nell’antica Roma che nacque il collezionismo di reperti, fossero essi storici, di curiosità, artistici o scientifici, confinati appunto in case private. Collezioni che davano a chi le possedeva lustro e potere, importanza anche agli occhi dei potenti. In poche occasioni furono regolarmente studiate.
Nel Medioevo le collezioni private di opere d’arte e di scienza erano appannaggio dei grandi Signori e della Chiesa. Quindi interdette al popolo.

Nel XV secolo, gli umanisti – soprattutto italiani – chiamavano “museo” il luogo in cui i principi e i signori custodivano le loro collezioni di reperti archeologici e oggetti d’arte, animali esotici, pietre preziose e altro ancora. Per chi possedeva queste collezioni, il prestigio e la fama sociale erano assicurati. Ma c’erano alcuni intellettuali che si chiedevano se fosse giusto non renderle fruibili a tutti. Domande inascoltate ancora per un bel po’, perché per vedere un museo come lo conosciamo oggi, bisognerà attendere addirittura il XVIII secolo.

Primi passi verso il museo moderno

Nel XVIII secolo e con l’avvento dell’Illuminismo, prima in Francia e in Inghilterra e poi nel resto d’Europa, ci si rese conto dell’importanza di queste collezioni private per il progresso del sapere e della tecnica. Ed ecco che nel 1737 Anna Maria Ludovica de’ Medici donò ai fiorentini una collezione d’arte che sarà il nucleo originario della raccolta della Galleria degli Uffizi, che aprirà al pubblico solo qualche anno dopo. E fu così che fu aperta, sebbene inizialmente ai soli nobili e ad eruditi selezionati, la prima collezione “pubblica” del British Museum. Era il 1753.

Poi, per volontà dei pontefici Clemente IV, Pio VI e Pio VII, vennero inaugurati a Roma i Musei Capitolini e il Museo Pio Clementino. Sono queste le prime “bozze” del museo moderno che conosciamo noi, che ha la sua origine in Francia.

Il Louvre, primo museo moderno arricchito dai furti di Napoleone

Erano gli anni della Rivoluzione Francese, e i rivoluzionari affermarono che tutti gli uomini, senza alcuna distinzione di classe, avevano il diritto di vedere i capolavori d’arte realizzati nei secoli. Ecco che le collezioni d’arte del re, dei nobili e della Chiesa furono dichiarate proprietà dello Stato e del popolo francese, e vennero messe a disposizione di tutti per l’istruzione della gente comune. Da quest’impeto ugualitario nacque il Museo del Louvre, aperto a Parigi nel 1793. Ed è il primo museo moderno, pubblico, per come lo conosciamo noi oggi.

Un museo divenuto importante grazie soprattutto ai capolavori che Napoleone sottrasse all’Italia – e solo alcuni dei quali restituiti da non molti anni – e che donò al museo stesso nel 1798. Oltre a rubare opere italiane, Napoleone decise la chiusura di molti conventi, dirottando un po’ delle opere lì contenute in Francia e il resto in musei pubblici che furono fondati in quegli anni, come la Pinacoteca di Brera, la Pinacoteca di Bologna e la Galleria dell’Accademia di Venezia.

Architetti e musei contemporanei

Nei due secoli successivi fino ad oggi, gli architetti si sono sbizzarriti nell’ideare le architetture che contenessero i musei. Paesi come Germania e Stati Uniti seguirono l’esempio della Francia e dell’Inghilterra, costruendo musei pubblici e facendone il simbolo della potenza e dell’identità di una nazione. Ma con l’avvento della Seconda guerra mondiale, molte città vennero devastate e con esse i loro musei, come accaduto a Dresda.

Ecco allora che il museo diventò il centro di conservazione della memoria storica e culturale di un popolo. Dopo la guerra, i grandi architetti ricostruirono i musei. È il caso di Frank Lloyd Wright che realizzò il Museo Guggenheim di New York, di forma a spirale; negli anni ‘70 Renzo Piano e Richard Rogers costruirono il Museo nazionale d’arte moderna di Parigi, il Centre Pompidou, e Frank O.Gehry progettò il Museo Guggenheim di Bilbao. Altri musei furono ricavati da edifici preesistenti: ad esempio il Museo d’Orsay di Parigi venne ricavato da una vecchia stazione ferroviaria.

Che cos’è un museo oggi?

Che cos’è un museo oggi? È un edificio in cui si espone tutto ciò che caratterizza la vita materiale delle civiltà: arte, artigianato, strumenti scientifici, utensili, oggetti quotidiani e altro ancora. Il museo li conserva, studia e restaura se sono danneggiati. La differenza tra museo e mostra è che il primo è permanente, mentre la seconda è temporanea.

Uno degli obiettivi principali del museo è coinvolgere il pubblico attraverso la comunicazione, ossia: l’allestimento (il modo di esporre gli oggetti), le didascalie e i pannelli informativi, attività multimediali, visite guidate e servizi didattici, attività teoriche e pratiche per approfondire gli argomenti relativi alle collezioni. All’interno dei musei si trovano anche librerie, caffè e ristoranti. Le discipline che si dedicano allo studio del museo e delle sue collezioni sono la museologia e la museografia. La museologia studia la storia del museo e la sua evoluzione. La museografia si occupa della struttura, della gestione degli spazi e dell’organizzazione delle collezioni.

FONTI:

  • M. V. Marini Clarelli, Che cos’è un museo, Carocci editore, 2021
  • J. Cuisenier e J. Vibaek (a cura di), Museo e cultura, Sellerio editore, 2002
  • M. T. Florio, Il museo nella storia. Dallo “studiolo” alla raccolta pubblica, Pearson editore, 2018