Ad Amalfi (Salerno) una statua gigantesca al centro di una fontana celebra un concittadino illustre, Flavio Gioia, inventore che intorno al 1300 avrebbe inventato o perfezionato la bussola (inventata dai cinesi e adottata in precedenza dai naviganti arabi, veneziani e dagli stessi amalfitani).
Tuttavia, nonostante la sua celebrità, di lui non si sa assolutamente nulla. Ci sono centinaia di testi che lo citano, quasi tutti scritti dopo il 1500, ma si dice che il navigatore sia nato intorno al 1250 e abbia introdotto la bussola nel 1300.
Di certo il cognome Gioia è presente nella zona costiera, dalle parti di Positano, e ci sono notizie di una famiglia amalfitana con questo cognome che nel 1665 si trasferì a Rua Catalana, a Napoli. Errico Talamo, storico di Positano del XIX secolo, affermò con certezza che Gioia era un abitante della vicina città costiera trasferitosi ad Amalfi.
Sarà poi uno storico napoletano a indicare la città di origine di Flavio in Gioia del Colle, dando così anche un cognome allo scopritore. C’è un solo problema: Flavio Gioia non è mai esistito. Come ha dimostrato la storica Chiara Frugoni è un errore, dovuto alla formulazione ambigua della frase di Pio.
La frase, infatti, andava letta così: «Viene tramandato da Flavio [Biondo] che l’uso della bussola sia stato inventato ad Amalfi, in Campania». La bussola è in realtà un’invenzione cinese e, forse, nel Trecento Marco Polo, di ritorno dalla Cina, l’aveva portata con sé. Di sicuro, la statua di Flavio Gioia è molto bella e, proprio perché è dedicata a qualcuno che non è mai esistito, offre lo spunto per raccontare una storia ancora più bella.