Vi piace lo yogurt? Bene, oggi scopriamo un suo antenato: il kefir. Ha molte qualità in comune col noto yogurt, ma non è uguale proprio in tutto.
Il kefir si ottiene con il latte fresco, sia esso di mucca, capra o pecora, al quale viene aggiunto un composto di fermenti, batteri e lieviti – chiamato kefiran - che porterà la materia prima alla fermentazione. Questo processo è uno dei più semplici meccanismi biologici per ottenere energia dagli alimenti, spiega l’Enciclopedia Treccani. La fermentazione è come una respirazione senza ossigeno, una trasformazione di grosse molecole di zucchero in molecole più piccole e facilmente utilizzabili dall’organismo sotto forma di energia. Ne conosciamo molti di alimenti fermentati: il pane, il vino, la birra, i formaggi e lo yogurt. Nel caso dei latticini la catena di reazioni modifica la consistenza del liquido ed anche il gusto. Il latte di kefir ha un sapore acidulo e al contempo dolciastro e risulta molto rinfrescante e dissetante.
Sono i grani i principali responsabili del gusto e delle proprietà nutrizionali di questa bevanda. I granuli, di colore bianco avorio, hanno una forma irregolare (da 0,3 a 3,5 cm di diametro) ed una consistenza elastica e gelatinosa. Oltre ai Lactobacilli ed ai lieviti che permettono la fermentazione, la struttura dei grani è ricca di proteine (34,3%), grassi (4%) ed un buon quantitativo di vitamine - K, A, del gruppo B - minerali - come calcio, potassio, magnesio, ferro, fosforo – e il triptofano (sostanza che agisce come neurotrasmettitore della serotonina, ossia quell’ormone che ci fa essere di buon umore!)
Il kefir, o chefir, è una bevanda molto antica che tutt’oggi si può preparare anche da soli a casa. Può essere sia a base di latte che di acqua ed arricchito con frutta, zenzero e altri sapori. L’ipotesi più probabile sull’origine del kefir lo fa derivare dall’ayran, una bevanda turca schiumosa, a base di latte fermentato in recipienti di rovere, con l’aggiunta di qualche pezzo di… stinco di montone od agnello! Non preoccupatevi perché non se ne trova traccia nei prodotti odierni in commercio.
Nella Bibbia si trova menzione di latte fermentato come dono divino. In Medio Oriente si narra che fu Maometto a donare i grani di kefir ad alcuni pastori che vivevano sulle montagne del Caucaso e spiegò loro come usarli. Forse per questo viene chiamato anche “il miglio del profeta”. La produzione rimase per secoli segreta e tramandata di generazione in generazione nelle sole tribù di pastori. Si credeva che la forza della bevanda avrebbe perso ricchezza se condivisa con altre popolazioni. E così fu per lungo tempo, finché Marco Polo, ne Il Milione – la cronaca dei suoi viaggi in Asia – afferma di aver incontrato abitanti caucasici che consumavano chemmisi, una bevanda dalle proprietà magiche. Senza dubbio, anche in molte altre parti del mondo vi furono prodotti simili, nati dall’osservazione di un errore che ha prodotto buoni risultati.
Solo alla fine del XIX secolo furono pubblicati studi scientifici sul kefir da parte di alcuni medici russi. Le notizie iniziarono a viaggiare mentre la bevanda virtuosa veniva impiegata per trattare la tubercolosi nei sanatori (gli ospedali di allora) e per le malattie intestinali e dello stomaco. All’inizio del secolo scorso i membri dell’Accademia delle Scienze Russa decisero che era necessario ottenere i grani di kefir. I metodi utilizzati non furono propriamente decorosi ma state a sentire la storia...
La ricerca dei preziosi granuli fu affidata ai Blendov, famiglia che possedeva un grande caseificio nella zona di Mosca e varie attività nel Caucaso. Nikolai Blendov mandò una sua giovane e bella impiegata di nome Irina alla corte del principe locale, con l’incarico di sedurlo ed ottenere i pregiati fermenti. Ma le cose non andarono come auspicato: temendo nella collera divina, il principe Bek-Mirza Barchorov si rifiutò di cedere i grani di kefir ad Irina, seppur si fosse molto legato a lei, tanto da volerla sposare. Altri tempi ragazzi, dove il consenso della futura moglie non era richiesto! Così, Irina ed i compagni di viaggio cercarono di fuggire, il principe fece tendere loro un’imboscata e rapì la donna per costringerla a sposarlo. Ci volle una missione di salvataggio per far sfuggire Irina dal matrimonio. Ed il principe fu così sfortunato da essere condannato dallo Zar in persona a donare 10 libbre di fermenti di kefir come risarcimento danni. L’intento, seppur rocambolesco, riuscì e nel Settembre del 1908, il caseificio dei Blendov iniziò a mettere in commercio le prime bottiglie di kefir che, negli anni ‘30, raggiunse la produzione su scala industriale. Nei decenni a seguire fu conosciuto, oltre che in Russia, in tutta Europa ed oggi viene prodotto negli USA, in Canada, in Giappone, in Australia e non dimentichiamoci anche in Italia.
L’etimologia di kefir deriva dal termine armeno keif che significa "benessere". Ed effettivamente, come abbiamo visto, i segreti della bevanda magica sono stati mantenuti per secoli dai pastori del Caucaso. Il suo impiego è stato curativo ad inizio del ‘900 e tutt’oggi la medicina tradizionale lo studia come fonte di probiotici: i microrganismi presenti nel kefir sono in grado di raggiungere vivi ed attivi l’intestino, così da colonizzarlo, creare un ambiente benefico e contrastare le sostanze nocive. Insomma, una bella alleanza per noi!
Ma non è finita qui: il kefir può essere consumato dalla maggior parte delle persone con i dovuti accorgimenti. Poiché presenta una quantità ridotta di lattosio, consigliandosi col medico nutrizionista, anche chi è intollerante può assumere questa bevanda prodigiosa, la cui fermentazione rende il kefir facilmente digeribile.
Nonostante se ne trovi in commercio, il kefir fatto in casa rimane in assoluto il più "potente". Sempre più persone hanno capito quanto sia importante produrlo e soprattutto donarlo, portando avanti una tradizione millenaria di benessere.
La preparazione è in realtà piuttosto semplice: basterà aggiungere i fermenti di kefir al latte – che deve essere a temperatura ambiente -, mescolare e far amalgamare bene. Il composto dovrà stare in un barattolo di vetro non completamente chiuso per lasciarlo traspirare. Nelle 24 ore successive i grani faranno il resto alla temperatura di 20 gradi ed avverrà la fermentazione. Più si lascia riposare e più il kefir diventerà cremoso e intenso di sapore. Nella produzione domestica il preparato può avere una leggera gradazione alcolica fino ad 1 grado che nei prodotti industriali viene eliminata ma non vi preoccupate: non diverrete ubriachi!
Infine si deve mescolare il composto per rompere il caglio (la sostanza solida dal quale si fa il formaggio) e nel caso sia troppo raggrumato si può passare con un colino. Ancora una o due ore in frigorifero per lasciarlo maturare ed ecco che potrete gustare il vostro kefir con l’aggiunta di miele, frutta, cereali e chi più idee ha… più ne metta!