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FocusJunior.itScienzaSpazioAstronautiPericoli, scomodità e coraggio: Luca Perri ci parla della dura vita dell’astronauta

Pericoli, scomodità e coraggio: Luca Perri ci parla della dura vita dell’astronauta

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Quali sono le difficoltà che gli astronauti incontrano nello spazio? Torneremo mai sulla Luna? Perché servono ancora persone che vadano alla conquista del cielo? Ce lo dice l'astrofisico Luca Perri, fresco autore del libro "Partenze a razzo"

"Mamma, papà, voglio fare l'astronauta". Fortunatamente, quello di diventare un conquistatore dello spazio è ancora tra i sogni più comuni dei ragazzi. Ma quando ci immaginiamo con casco e tuta a passeggiare tra le stelle, sappiamo davvero a cosa andiamo incontro?

A chiarirci un po' le idee ci ha pensato Luca Perri, il simpatico astrofisico e divulgatore scientifico che ha da poco pubblicato il libo Partenze a razzo (De Agostini, illustrato da Marco Tabilio) proprio per raccontare un po' di storia e verità un po' scomode sul mondo degli astronauti. Andare nello spazio infatti non è affatto una passeggiata!

Luca, ma hai scritto il libro per scoraggiare i bambini a diventare astronauti?
«In realtà proprio per fare l'opposto. Viviamo in un'epoca in cui l'idea di fare l'astronauta non è più quella cosa impossibile e fantascientifica che era solo 20 anni fa e anche se sappiamo che diventare astronauti è complicato, ormai si dà quasi per scontato il fatto che ci sia sempre qualcuno lassù, nello spazio. Invece ancora oggi quello dell'astronauta è un mestiere pericoloso e ricco di fascino, come quello dei grandi esploratori del passato».

Eppure qualcuno pensa che gli astronauti siano solo attori...
«Beh, loro sono irrecuperabili. Però il libro serve anche a sciogliere alcuni dubbi dei cosiddetti “scettici”. Perché, ad esempio, non ci siamo più tornati sulla Luna? Qualcuno risponde alla domanda affermando che non ci siamo tornati perché in realtà non ci siamo mai andati davvero...».

E qual è il motivo per cui non abbiamo più fatto visita alla Luna?
«Ho dedicato un intero capitolo alla descrizione delle tantissime cose che sono andate male nel corso della missione Apollo 11 (quella che ci ha portati per la prima volta sulla Luna, N.d.R) dove i protagonisti dell'evento hanno davvero rischiato di rimetterci la pelle. Fu un'impresa eroica dettata anche da molte motivazioni politiche – l'America doveva vincere la sfida spaziale contro i sovietici – ma che aveva il 50% di possibilità di fallire e far perdere delle vite. Fortunatamente oggi non verrebbero mai approvate missioni con meno del 99% di possibilità di riuscita. E poi ci manca il razzo, che però stiamo costruendo».

Come non abbiamo il razzo?!
«Eh sì. Saturn V, il razzo che ha portato l'uomo sul nostro satellite, è stato il più potente mai costruito, ma oggi non va più bene sia perché poco sicuro per l'incolumità dell'equipaggio, sia perché l'idea è quella di portare molto più peso a bordo, visto che abbiamo intenzioni di rimanere per lunghi periodi a fare scienza sulla superficie lunare. Inoltre, ai tempi, molta della tecnologia che permise l'impresa era stata prestata alla NASA dall'esercito (la tecnologia militare è sempre 20 o 30 anni avanti a quella civile). Adesso, con la fine della Guerra Fredda, non c'è più l'interesse d'investire così tanto per le missioni spaziali e l'esercito si è ripreso le sue sofisticate (e costose) attrezzature».

Quali sono i rischi più grandi che un astronauta corre nello spazio?
«A parte gli incidenti durante le passeggiate spaziali, i decolli e gli atterraggi, i grossi rischi sono soprattutto quelli per la salute. Nello spazio gli astronauti sono esposti a radiazioni circa 700 volte più forte di quelle terrestri e vivono in assenza di peso, il che modifica radicalmente tutti i meccanismi che il corpo umano compie ogni giorno: si decalcificano le ossa, viene modificata la circolazione sanguigna, si atrofizzano i muscoli, cambia leggermente la forma del cuore... Insomma, non è un bel vivere».

È vero che nello spazio s'invecchia di meno?
«In realtà s'invecchia di più, a meno che si acceleri a velocità simili a quelle della luce. Però la differenza è minima, circa 0,02 secondi in tre anni».

Qual è la cosa più scomoda da fare in orbita?
«Molte cose. Gli astronauti soffrono di nausea, devono fare ogni giorno 2/3 ore di attività fisica e sono costretti a dormire con un ventilatore puntato in faccia per non soffocare nella propria anidride carbonica. Però probabilmente l'attività quotidiana più faticosa è... Andare in bagno!».

A tal proposito nel libro usi una parola strana: fecal popcorning. Ce la spieghi?
«Quando “scappa” gli astronauti, vista l'assenza di peso, non possono fare i loro bisogni in una normale toilette. Pipì e pupù galleggerebbero via! Dunque devono utilizzare delle specie di “wc-aspirapolveri” che risucchiano i rifiuti solidi, i quali, esposti al freddo dello spazio, si surgelano. Ciò blocca la carica batterica e salva l'igiene dell'ambiente, ma durante il processo di solidificazione tali scarti sbattono contro le pareti metalliche del contenitore, producendo un suono simile a quello che sentiamo quando prepariamo i pop-corn. Ma molto meno piacevole! Ecco cos'è il fecal popcorning».

Prima dell'uomo però nello spazio sono andati molto animali, che poi non hanno fatto una bella fine. Perché?
«Purtroppo nei primi decenni dell'esplorazione spaziali molti animali sono stati mandati nello spazio ben consapevoli del fatto che non sarebbero potuti tornati indietro. La cagnetta Laika ad esempio, fu spedita in orbita senza alcun piano di rientro. Tutto ciò però è stato fondamentale per risparmiare tantissime vite umane. I test per capire quanto le estreme condizioni dello spazio fossero dannose per la salute ebbero successo proprio grazie agli animali inviati nello spazio e ciò permise di rendere le missioni più sicure per gli astronauti».

Spesso sentiamo parlare di “passeggiate” nello spazio. Il nome è rassicurante, ma in realtà non sono affatto gite di piacere fuori dalla stazione spaziale...
«Assolutamente. Le EVA (Extra-vehicular activity, N.d.R) sono delicatissime missioni extra-veicolari che durano svariate ore e servono per compiere importanti operazioni di manutenzione sul velivolo spaziale. Ogni tanto bisogna montare nuove attrezzature, riparare danni causati da micro-meteoriti o sostituire alcune componenti. L'ultima EVA, la prima compiuta da due donne, è servita ad esempio a cambiare le batterie della Stazione Spaziale Internazionale».

In quale materie deve andare bene uno studente per poter aspirare a diventare un astronauta?
«In realtà l'unica richiesta categorica, oltre ad una buona condizione fisica e un ottimo inglese, è una laurea in materie scientifiche. Prima si prendevano solo ingegneri mentre adesso, proprio per via dei tanti esperimenti che si vogliono eseguire lontano dalla Terra, si accettano scienziati di qualsiasi tipo: geologi, biologi, botanici, chimici ecc...Se poi si sa il russo è un punto in più a favore!».

Ok, ma quindi, alla fine dei conti, perché un ragazzo o una ragazza dovrebbe voler diventare un astronauta?
«La risposta è sempre quella: la voglia di conoscenza. L'istinto a scoprire è innato nella natura umana e ci ha aiutato ad adattarci al mondo: se millenni fa non ci fossero stati curiosi e viaggiatori, probabilmente saremmo ancora arrampicati sugli alberi a grugnire. Ora la frontiera è la vastità dello spazio e c'è bisogno di nuovi esploratori».

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