Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald è un celebre romanzo degli anni '20 che è entrato di diritto nella storia della letteratura americana. Le sue atmosfere e i suoi personaggi particolari hanno conquistato una nostra giovane lettrice, Isotta Riggio (15 anni), che ha voluto condividere con noi la sua recensione dll'opera.
LA RECENSIONE
«La nostra fila di finestre gialle deve aver contribuito a suo modo a mostrare una parte di segreta umanità allo spettatore casuale delle strade buie, e anche io mi sentivo un po’ quello spettatore, che guardava in su incuriosito. Io ero sia fuori che dentro, allo stesso tempo incantato e disgustato dall’inesauribile varietà della vita».
Se dovessi chiudere gli occhi e immaginarmi l’America degli anni Venti, quella della ripresa economica e allo stesso tempo della povertà più totale, che convivono insieme nella stessa strada, il lusso e le slot e subito dopo i bar vuoti alle due di notte, con la mente andrei subito alla New York di Fitzgerald.
«É una valle delle ceneri. La cenere prende anche la forma di case, camini e del fumo che ne esce e si trasforma persino in esseri umani grigi che si spostano oscuramente, pronti a sgretolarsi nell’aria polverosa. Gli occhi vitrei di Wilson si volsero verso i mucchi di cenere, dove piccole nuvole grigie assumevano forme fantastiche e si muovevano rapidamente avanti e indietro nella brezza mattutina».
La Grande Mela allora altro non era che il centro di questa vertiginosa scalata, una disperata rincorsa alla ricchezza più sfrenata, alla popolaritá, a una villa, di quelle che sempre più anonime e veloci sorgevano sulle coste, per scappare dalla decadenza di quelli che, invece, vivevano in un garage e tutte le sere finivano ubriachi in un vicolo.
«Il prato cominciava proprio dalla spiaggia e correva per un quarto di miglio fino all’ingresso, oltrepassando meridiane, muretti di mattoni e giardini variopinti, fino a raggiungere la casa, per poi esplodere sottoforma di viticci colorati, come mosso dall’energia della corsa, sulla parte laterale dell’abitazione».
Lo stretto di Long Island era letteralmente diviso dalle acque, culturalmente e socialmente, in due metà quasi perfette: il West Egg, la parte dove la ricchezza era ancora un’utopia o stava iniziando solo allora a mettere radici, e l’East Egg, oggetto dell’ammirazione e dell’invidia della metà vicina, con i suoi palazzi scintillanti e le sue esistenze apparentemente perfette.
«Nel momento in cui la voce le si spezzò, smisi di prestarle attenzione e di crederle: percepii in un attimo tutta la sua mancanza di sincerità, come se l’intera serata non fosse stata altro che un trucco per estorcermi solidarietà».
Eppure, più la patina é dorata e senza increspature, più la superficie é fragile e traballante, sul punto di crollare al primo soffio di novità.
«Questa sensibilità non aveva nulla a che fare con quella che, per nobilitarla, chiamiamo “temperamento creativo”- era il dono straordinario della speranza, una prontezza romantica che non ho mai incontrato in nessun’altra persona e che credo non troverò mai più. No, insomma, alla fine Gatsby era a posto; era quello che lo perseguitava, quel pulviscolo putrido che colorava i suoi sogni; é stato quello a farmi passare per un po’ l’interesse che avevo per gli assurdi dolori degli altri e le loro gioie improvvise»,
Seguiamo Nick, con il suo acuto e disinibito spirito d’osservazione, alle prese con il suo primo lavoro e una modestissima casa nel West Egg. Lo vediamo inserirsi lentamente nell’ambiente di Gatsby, lo accompagniamo di notte per le sale della villa con in mano qualche drink, mentre balla e scambia commenti banali con sconosciuti ricchissimi e in abiti da sera. Vediamo le luci e i divertimenti e tutto quello che la gente desidera, e nessuno che vive davvero quell’apparente felicità. Osserviamo il rapporto dei due evolvere e incresparsi come in un’altalenante catena di emozioni che va dalla comprensione al ribrezzo. E Nick nel frattempo forse trova l’amore, forse lo perde, ma riesce a rimanere sempre fedele a sé stesso.
«L’East me l’immaginavo sempre così spettrale, distorto nonostante il potere correttivo dei miei occhi».
Man mano scopriamo una realtà molto diversa da quella che celano i fuochi d’artificio e i lampadari di cristallo: un amore struggente, la storia di una commovente ossessione, i soldi e la vita di un uomo che all’apparenza ha tutto ma che ancora non si é rassegnato a rinunciare di realizzare il suo sogno.
«Era chiaramente passato attraverso due stati d’animo, e adesso entrava in un terzo. Dopo l’imbarazzo e la felicità irragionevole, ora era preso dalla gioia estrema. Ci aveva pensato per tanto tempo, aveva fantasticato fino alla fine, l’aveva aspettato a denti stretti, con un’intensitá inconcepibile. E adesso reagiva come un orologio troppo carico».
Un giallo, un romanzo dolcissimo, una botta alle nostre sicurezze, perché fino a quale punto é bene provare nostalgia del passato? Quand’é il momento di lasciarselo alle spalle?
«É davvero triste osservare con occhi nuovi quelle cose a cui ti eri già precedentemente adattato».
Consiglio Il grande Gatsby a chiunque, a chi piace leggere una bella storia e adora le feste e le belle dimore, a chi vuole leggere tra le righe e vedere una società distrutta, a chi sta provando un dolore troppo forte e non riesce a superarlo. Un libro stupendo, scorrevole e di poche pagine, ma che riprenderete in mano appena finito. Un’esperienza da vivere, a qualsiasi età e in qualsiasi momento.
«Deve aver sentito di aver perso il suo vecchio, confortevole mondo e pagato un prezzo troppo alto per aver vissuto troppi a lungo inseguendo un solo sogno».
Testo di Isotta Riggio