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Israele, le cose da sapere sulla situazione in Palestina

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Israele, le cose da sapere sulla situazione in Palestina
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Un insegnante che ha viaggiato più volte in quei luoghi, vivendo anche diverse settimane in Cisgiordania, ci aiuta a comprendere gli elementi chiave del conflitto israelo-palestinese.

Sabato 7 ottobre 2023 ci siamo svegliati con la terrificante notizia di una nuova guerra. Da allora televisioni e giornali non fanno che parlare del feroce conflitto scoppiato tra israeliani e palestinesi. In realtà lo scontro tra questi due popoli va avanti più o meno intensamente dal 1948. Comprendere le ragioni di quanto accade in quella terra definita “santa”, perché conserva luoghi e memorie sacre per tutte e tre le religioni monoteiste (cristianesimo, ebraismo e islamismo), non è però semplice.

Cosa e dove sono la Palestina e Israele

Si trovano all’estremità orientale del Mediterraneo, al confine con il Libano, la Siria, la Giordania e l’Egitto: insieme occupano una superficie di circa 26mila chilometri quadrati, grande all’incirca quanto la nostra Sicilia, ma più lunga e stretta. Per capire di cosa stiamo parlando bisogna immaginare un puzzle con due colori: uno rappresenta Israele, l’altro la Palestina. All’interno di quello stesso puzzle, dal 1947 – anno in cui l’Onu approvò un piano per spartire il territorio dell’ex Mandato britannico della Palestina tra ebrei e arabi (Risoluzione 181) – coesistono due entità statali che non sono mai riuscite a trovare un accordo per convivere pacificamente. Israele ha la superficie più grande (ha più puzzle insomma), circa 20mila chilometri quadrati, mentre la Palestina ne ha 6.020, divisi in due parti: la Cisgiordania (5.655 chilometri quadrati) e la Striscia di Gaza (365 chilometri quadrati). In Israele vivono quasi 10 milioni di abitanti, in Palestina circa 5,4 milioni (di cui 2,1 milioni a Gaza).

Cos’è la Striscia di Gaza? Cos’è la Cisgiordania?

 La Striscia di Gaza è la parte di Palestina che si affaccia sul Mediterraneo. In questa sottile fascia di terra di appena 40 chilometri per 9, stretta tra l’Egitto, Israele e il mare, sono assiepate 2,1 milioni di persone, per lo più rifugiati palestinesi. Israele ne controlla lo spazio aereo, le acque territoriali e gli accessi attraverso i varchi nella recinzione che dal 2001 circonda l’enclave. Qui si hanno quotidianamente appena 10 litri d’acqua a testa per bere, lavarsi e cucinare, e l’elettricità è disponibile solo per 13 ore al giorno. Oltre l’80% della popolazione vive in condizioni di povertà e la disoccupazione sfiora il 50%.

La Cisgiordania è l’altra parte della Palestina, dove sorgono città famose come Hebron, Nablus, Jenin e Ramallah, la capitale provvisoria. Questo ben più ampio territorio, che si estende dal fiume Giordano verso ovest per 5.655 chilometri quadrati, fino a lambire Gerusalemme, è anch’esso completamente circondata da un’imponente “barriera di separazione” di cemento e filo spinato. Pur rivendicandola interamente come propria, l’Autorità nazionale palestinese ha il pieno controllo solo sul 18% della Cisgiordania, mentre il 21% è amministrato congiuntamente con Israele e ben il 61% è sotto il controllo esclusivo israeliano, malgrado lì vivano, oltre a 450mila coloni ebrei, 300mila palestinesi.

Chi sono i protagonisti della guerra?

Per capirlo bisogna fare un po’ di storia. Nel 1948, appena i britannici se ne furono andati in ossequio alla risoluzione dell’Onu, le autorità ebraiche dichiararono l’indipendenza del territorio a loro assegnato. Immediatamente dopo, una coalizione di Paesi arabi attaccò il neocostituito Stato, dando il via alla prima guerra arabo-israeliana. Il conflitto si concluse con il definitivo insediamento di Israele, l’occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est da parte della Transgiordania (l’attuale Giordania), della Striscia di Gaza da parte dell’Egitto e la fuga o la cacciata di circa 700mila palestinesi, che trovarono rifugio nei campi profughi allestiti un po’ in tutto il Vicino Oriente.

Quest’esodo forzato fu all’origine della “questione palestinese”, tuttora irrisolta. Nel 1959 il leader palestinese Yasser Arafat fondò un partito nazionalista, Fatah, che propugnava la liberazione armata della Palestina da parte degli stessi palestinesi, mentre nel 1964 fu la Lega araba a costituire l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), con un proprio braccio armato.

Nel 1967 scoppiò una nuova guerra tra Israele e i Paesi arabi, che nell’arco di appena sei giorni permise a Israele di conquistare altri pezzi palestinesi del puzzle, occupando la Striscia di Gaza e la Cisgiordania (da qui la definizione di “Territori occupati”).

Esasperati dal mancato riconoscimento delle proprie aspirazioni nazionali, tra il 1987 e il 1993 i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania diedero vita alla cosiddetta Prima intifada, una serie di dure proteste contro l’occupazione israeliana che provocò la morte di più di 1.900 palestinesi e 200 israeliani. È proprio in quegli anni che nacque Hamas, un movimento radicale islamista caratterizzato da una totale intransigenza nei confronti di Israele, contro cui avrebbe messo in atto anche brutali attacchi terroristici.

Nel 1993 un barlume di speranza giunse dalla firma degli Accordi di Oslo tra il governo israeliano e l’Olp, che avrebbero dovuto rappresentare il primo passo verso la costituzione di uno Stato palestinese indipendente. Si deve a questi accordi la creazione dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), cui venne conferito un certo grado di sovranità su una parte dei territori occupati.

Ma il successivo stallo dei negoziati portò tra il 2000 e il 2005 allo scoppio della Seconda intifada, ancora più violenta della prima, con quasi 5mila morti palestinesi e più di mille israeliani. Nel corso della sollevazione, Israele decise di difendersi dal rischio di attacchi terroristici costruendo prima una recinzione tutta attorno alla Striscia di Gaza (da cui si è ritirato nel 2005) e poi un muro di separazione con la Cisgiordania. Nel 2004, dopo la morte di Arafat, il suo posto a capo dell’Anp è andato a

Mahmud Abbas, esponente di Fatah. Ma in seguito alle elezioni legislative del 2006 Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza (in cui aveva ricevuto la maggioranza dei voti) cacciando con la forza il partito rivale Fatah (che ha mantenuto invece il controllo della Cisgiordania) e disconoscendo l’autorità del presidente Abbas. In questi ultimi anni gli scontri tra le forze armate israeliane e i palestinesi sono andati aumentando. Hamas ha continuato a compiere attentati e a lanciare razzi su Israele, che ha risposto più volte bombardando Gaza. Israele ha inoltre accelerato la sua politica di espansione in Cisgiordania delle colonie, insediamenti ebraici ritenuti illegali dalla comunità internazionale.

Cos’è un campo profughi palestinese

I primi campi profughi furono creati dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 per accogliere i rifugiati palestinesi espulsi dalle loro terre in seguito al conflitto. Oggi sono presenti in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Striscia di Gaza. In Cisgiordania i campi profughi ufficiali sono 19, con 177mila rifugiati circa; a Gaza ce ne sono 8, con 479mila rifugiati. In questi ultimi, a causa della ristrettezza del territorio, la gente vive ammassata e con scarsi servizi sanitari, scolastici e assistenziali.

 Cosa e quante sono le colonie israeliane

 Dal 1967 in avanti molti israeliani hanno approfittato del controllo militare acquisito con la Guerra dei sei giorni sulla Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e le alture del Golan per costruirci case e fondare comunità a carattere religioso, rivendicando il proprio legame storico e culturale con quei territori (che loro chiamano con gli antichi nomi di Giudea e Samaria). Oggi in Cisgiordania sono più di cento gli insediamenti israeliani, in alcuni casi vere e proprie città, per un totale di oltre 450mila coloni, a cui se ne sommano altri 220mila residenti a Gerusalemme Est e 20mila sulle alture del Golan (che per il diritto internazionale appartengono alla Siria).

Gerusalemme: la città santa per le tre religioni monoteiste

È considerata una Città Santa da tutte e tre le religione monoteiste. La città vecchia e le sue mura, Patrimonio dell’umanità, racchiudono in meno di un chilometro quadrato molti luoghi di grande significato religioso, come il Monte del tempio, il Muro del pianto, la Basilica del Santo Sepolcro, la Cupola della roccia e la Moschea al-Aqsa. Anche Gerusalemme, come il resto della Palestina e d’Israele, è divisa. Fino alla fine della Prima guerra mondiale fu occupata dai turchi, ma in seguito alla sconfitta dell’Impero ottomano passò sotto il controllo del Mandato britannico della Palestina. Il piano di spartizione Onu del 1947 prevedeva che Gerusalemme venisse posta sotto tutela internazionale. Ma la guerra arabo-israeliana del 1948 finì per dividere la città in una parte ovest, controllata da Israele, e una parte est, sotto controllo giordano fino al 1967, quando a seguito della Guerra dei sei giorni anche la parte orientale di Gerusalemme fu conquistata dalle truppe israeliane. Gerusalemme Est resta tuttavia la capitale designata dello Stato di Palestina.

I luoghi sacri di Gerusalemme 

 Alcuni di questi posti sono contesi da sempre e fonte – come anche in quest’ultima guerra – di elementi scatenanti. La Spianata delle moschee (per gli ebrei Monte del tempio, e Tempio di Salomone per i cristiani) è il luogo più “conflittuale”. Ospita la Moschea al-Aqsa, il terzo più importante sito religioso al mondo per i musulmani. Con la Guerra dei sei giorni Israele ha inglobato de facto la parte araba di Gerusalemme, compresa la Spianata delle moschee. Il controllo di al-Aqsa è quindi stato affidato dagli occupanti alla Fondazione islamica dei waqf. Sotto la Spianata delle moschee, però, c’è il Muro del pianto, dove pregano gli ebrei. Per questo nel corso degli anni alcune frange estremiste ebraiche hanno tentato di affermare la propria egemonia sul sito con diverse provocazioni.

Perché l’operazione militare di Hamas è stata chiamata “Tempesta di al-Aqsa”?

Prende il nome proprio dalla famosa moschea, simbolo identitario dei palestinesi, che lo scorso 2 ottobre è stata profanata da un migliaio di coloni ebrei con un’incursione dissacratoria nel suo cortile.

Chi è Hamas

Acronimo di Ḥarakat al-Muqawama al-Islamiya (Movimento di resistenza islamica), Hamas è un’organizzazione politica e paramilitare islamista. Fondata a Gaza nel 1987 dal religioso palestinese Ahmed Yassin, ha gradatamente guadagnato popolarità all’interno della società palestinese istituendo ospedali, scuole, biblioteche e altri servizi assistenziali in tutta la Striscia di Gaza, fino a vincere le elezioni del 2006. Dall’altro lato, però, l’ala militare di Hamas, sostenuta e finanziata da alcuni Paesi arabi come Iran e Qatar, si è contraddistinta per aver commesso e rivendicato sanguinosi attentati in Israele, di cui non riconosce il diritto all’esistenza. Per questa ragione è considerata da Stati Uniti, Unione europea e numerosi altri Paesi un’organizzazione terroristica.

Chi è Hezbollah 

 Hezbollah (“Partito di Dio”) è un’organizzazione paramilitare islamista libanese e fortemente anti ebraica nata nel 1982 durante l’invasione israeliana del Libano e divenuta successivamente anche un partito politico, di cui è segretario Hassan Nasrallah. Per quanto gli uni siano sunniti e gli altri sciiti, negli ultimi anni i rapporti tra Hamas e Hezbollah si sono intensificati. C’è dunque la possibilità che Hezbollah intervenga in sostegno di Hamas in questa guerra, mettendo però a rischio la già precaria economia libanese.

Chi è Mahmud Abbas

 Conosciuto anche come Abu Mazen, è il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, succeduto nel 2005 a Yasser Arafat, morto per cause naturali l’anno prima. È tuttora in carica, avendo ripetutamente rinviato le elezioni. Nel 2006 è entrato in contrasto con Hamas, da cui è accusato di aver cospirato contro di essa e di collaborare con Israele.

 Chi è Netanyahu 

 Benjamin “Bibi” Netanyahu è un politico ed ex militare israeliano, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022 (dopo esserlo già stato per altri due periodi). Oltre che per la sua linea dura nei confronti della questione palestinese, Netanyahu è stato criticato per le accuse di corruzione, frode e abuso di potere per le quali è attualmente sotto processo.

 Cos’è successo nella prima settimana in breve

 All’alba di sabato 7 ottobre (le 5:30 in Italia) Hamas ha lanciato migliaia di rudimentali razzi su Israele e fatto seguire un’incursione di uomini armati nei villaggi e nei kibbutz israeliani adiacenti alla Striscia di Gaza. Lì, in un attacco terroristico senza precedenti per ampiezza e crudeltà, hanno ucciso oltre un migliaio di civili, tra cui donne e bambini, provocato 2.500 feriti e sequestrato un centinaio di persone, portate a Gaza come ostaggi. Israele ha risposto con massicci attacchi aerei sulla Striscia di Gaza, uccidendo finora 1.600 palestinesi, di cui un terzo bambini, e ferendone quattro volte tanti. I bombardamenti hanno distrutto moltissimi edifici, ma gli oltre 200mila sfollati palestinesi non sanno dove rifugiarsi, perché tutti i varchi sono chiusi. Gaza infatti è sotto assedio e da qualche giorno priva di elettricità e approvvigionamenti di acqua e cibo. Ora il conflitto potrebbe subire una pericolosa escalation, coinvolgendo il Libano Meridionale, la Siria, la Cisgiordania e facendo altre migliaia di morti. (aggiornamento a venerdì 13 ottobre).

Quali sono le ultime novità?

  • Il ministero della Sanità di Hamas, a Gaza, afferma che sono state uccise 9.061 persone nella Striscia di Gaza da quando è iniziato il conflitto  il 7 ottobre e da quando Hamas ha lanciato una serie di attacchi mortali contro Israele.
  • Medici Senza Frontiere afferma che più di 20.000 feriti sono ancora intrappolati nella Striscia di Gaza
    e, secondo quanto riferito, giovedì scorso circa altri 100 civili hanno lasciato Gaza attraverso il valico di Rafah e l'Onu afferma che più di 400 persone lo hanno fatto ieri (1 novembre).
  • Diverse centinaia persone con passaporto straniero hanno i loro nomi su un elenco approvato per lasciare Gaza oggi (2 novembre).
  • Il ministro della Difesa israeliano afferma che l'esercito israeliano ha sganciato più di 10.000 munizioni solo sulla città di Gaza dall'inizio dell'attuale conflitto.
  • Israele afferma che il numero di ostaggi tenuti da Hamas, a Gaza, è secondo calcoli  più recenti, ammonta a 242 anziché 240. Tra gli ostaggi ci sono donne, bambini e anziani.
  • Funzionari tailandesi affermano di aver parlato direttamente con Hamas per ottenere il rilascio dei loro connazionali e di aver ricevuto rassicurazioni  sul fatto che i 25 ostaggi tailandesi verranno rilasciati al "momento giusto"
  • Il ministro degli Esteri australiano Penny Wong ha invitato Israele a dare ascolto alle richieste di moderazione nella sua risposta agli attacchi del 7 ottobre, affermando che la comunità internazionale non accetterà le continue morti civili. (aggiornamento a giovedì 2 novembre).

(Ha collaborato Marco Casareto per la parte storica)

Fonti bibliografiche

Aa. Vv., Palestina, Iperborea, 2023, pp. 192 .

Isabella Camera D’Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, Carocci, 2007, pp. 263

Fernando Gentilini, Tre volte a Gerusalemme, La nave di Teseo, 2020, pp. 288.

Edward W. Said, La questione palestinese, Il Saggiatore, 2011, pp. 318.

https://www.oasidipace.org

https://www.theparentscircle.org

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