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FocusJunior.itNews#DoNotTouchMyClothes, la protesta social delle donne afghane

#DoNotTouchMyClothes, la protesta social delle donne afghane

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#DoNotTouchMyClothes, la protesta social delle donne afghane
Twitter: @RoxanaBahar1

Tantissime afghane stanno postando foto in abiti tradizionali per opporsi al regime talebano che, tra le altre cose, vuole imporre a tutte le donne l'uso del burqa

Una campagna social nata non per promuovere una tendenza o un prodotto, ma per difendere la propria libertà e l'orgoglio di essere donne: è questo lo scopo di #DoNotTouchMyClothes ("non toccate i miei vestiti"), l'hashtag che da giorni ha invaso il Web con foto di orgogliose donne e ragazze afghane mentre indossano coloratissimi abiti tradizionali. Lo scopo? Opporsi alle nuove disposizioni dei talebani, i nuovi signori dell'Afghanistan che vogliono escludere l'universo femminile dalla società e imporre, tra le altre cose, l'uso del burqa, lo scuro abito islamico che copre tutto il corpo dalla testa ai piedi.

QUALI SONO LE RAGIONI DELLA PROTESTA?

Niente lavoro, niente sport, niente abiti sgargianti, niente libertà. Solo compiti domestici e cieca obbedienza a padri e mariti.  È questo il mondo che aspetta le donne afghane dopo il ritorno al potere dei talebani, i fondamentalisti musulmani che, rifacendosi a una lettura integralista del Corano, stanno rimodellando da cima a fondo la società afghana, vietando tutto ciò che non viene reputato conforme ai dettami dell'Islam (musica, spettacoli, libri di argomenti non graditi ecc...) e riservando al sesso femminile il solo ruolo di moglie e madre di tanti figli.

Le donne dell'Afghanistan però non ci stanno e non vogliono rassegnarsi all'idea di tornare a vivere in un Paese che le vuole mute, invisibili e sottomesse. Da qui la nascita d'iniziative social come #DoNotTouchMyClothes e #AfghanistanCulture che prendendo di mira l'imposizione del burqa, considerato il simbolo dell'oppressione e dell'oscurantissimo religioso, vogliono rivendicare tutti i diritti faticosamente conquistati negli ultimi 20 anni.

COM'È NATA LA CAMPAGNA SOCIAL #DONOTTOUCHMYCLOTHES?

Dopo settimane di manifestazioni di piazza e appelli alla comunità internazionale, a dare vita al nuovo movimento "social" è stata la dottoressa Bahar Jalali, ex docente di storia all'American University, che per celebrare l'orgoglio di essere donna e, al contempo, l'appartenenza alla propria cultura ha postato su Twitter una foto mentre indossava un abito tradizionale afghano.


Un gesto forte, pieno di carica simbolica (anche perché quello dell'istruzione è uno dei primi ambiti che sotto il regime talebano rischia di essere precluso al mondo femminile) e che non è rimasto isolato. In poco tempo infatti centinaia e centinaia di afghane hanno aderito all'iniziativa, inondando i social network con tanti meravigliosi vestiti variopinti che testimoniano la ricchezza della loro storia e della loro cultura.

«Questo è il nostro autentico abito afghano - scrive su Twitter Spozhmay Maseed, una delle tante attiviste che si è unita a questo grido di libertà - le donne afghane indossano modesti vestiti colorati. Il burqa nero non ha mai fatto parte della cultura Afghana».

DONNE CORAGGIOSE

La partecipazione a simili atti di protesta civile - #DoNotTouchMyClothes è solo l'ultima di tante rimostranze contro la repressione talebana - non sono da prendere sottogamba: in Afghanistan la situazione è molto delicata e chi protesta, lo fa ben consapevole di mettere a repentaglio la propria vita.

Da settimane infatti si hanno notizie di violenze ed esecuzioni sommarie nei confronti dei nemici del nuovo regime, tanto che in molti hanno scelto di nascondersi o addirittura abbandonare il Paese per sfuggire alla ferocia dei fondamentalisti al potere.