Un pizzico di tennis, un po’ di basket e una spolverata di novità: questi gli ingredienti che nel
XIX secolo diedero vita alla pallavolo, uno sport i cui “antenati” risalivano addirittura
all’antichità greco-romana, dove si praticavano molti giochi basati sul lanciarsi una palla.
La pallavolo come la conosciamo oggi è nata nel 1895 negli Stati Uniti. A ideare il nuovo sport, pensato per essere praticato al chiuso nei mesi invernali, fu William Morgan, insegnante di educazione fisica del college YMCA di Holyoke, in Massachusetts, che lo presentò ad alcuni colleghi chiamandolo Minonette (da minon, “micio”, nome di un vecchio gioco francese).
L’anno seguente, su iniziativa dell’istruttore sportivo Alfred H. Halstead, il nome mutò in volleyball (“palla sparata”) e il nuovo sport – le cui regole di base erano le stesse di oggi – iniziò a spopolare nei college statunitensi diffondendosi poi in Sud America.
A decretarne il successo fu, tra le altre cose, il fatto che rispetto ad altri sport non prevedeva
contatto fisico. Più che la forza, servivano agilità, equilibrio, capacità di concentrazione e spirito
di squadra, doti in possesso anche dei non giovanissimi.
Nel 1898 la pallavolo giunse nelle Filippine (dove nacque il famoso gesto della “schiacciata”) e da qui dilagò in Cina e in Giappone. Dopodiché, durante la Prima guerra mondiale, i soldati americani importarono il volley nei paesi europei (in quelli dell’Est fu tra l’altro ideata la celebre tecnica difensiva del “muro”).
La consacrazione internazionale della pallavolo giunse quindi nel 1947, quando a Parigi fu fondata la Fédération Internationale de Volleyball. Seguì, nel 1964, alle Olimpiadi di Tokyo, l’inserimento del volley tra gli sport olimpici. Da allora la pallavolo ha continuato a riscuotere enormi successi – grazie anche a fortunati cartoni animati come Mimì o Mila e Shiro – così come il suo parente “da spiaggia”, il beach volley, diffusosi dagli anni Trenta in California e ammesso alle Olimpiadi nel 1966, ad Atlanta.