Visita il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari assieme con Focus Junior e il Mibact, il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo.
Il museo ha sede all’EUR, nel Palazzo delle Tradizioni Popolari, che è nato nel 1942 come padiglione dell’Esposizione Universale di Roma. Le decorazioni dell’edificio, sia interne sia esterne, si rifanno ai temi del lavoro e delle tradizioni italiane.
Il museo è stato inaugurato nel 1956 ed espone gli oggetti d’uso comune nella vita quotidiana e nel lavoro, raccolti dall’etnologo Lamberto Loria all’inizio del ‘900, con l’intento di documentare la cultura agro-pastorale in declino.
L’esposizione è divisa in tre aree: nella prima, "La terra e le risorse", sono affrontati temi relativi al trasporto, al lavoro agricolo e pastorale, alla pesca e al lavoro artigianale; nella seconda, "Vivere e abitare", compare il mondo domestico, con i suoi arredi e le fasi del ciclo della vita. La terza, "Riti feste e cerimonie", descrive le cerimonie, la musica, giochi e spettacoli di piazza della tradizione italiana. Vediamo di seguito alcuni degli oggetti esposti.
Oggi non si notano più grandi differenze, ma una volta anche il modo di costruire le case cambiava di regione in regione. Erano diverse le forme, ma anche i materiali: pietra, mattone, argilla cruda, tufo, legno... Al museo puoi vedere alcuni modellini che testimoniano la varietà del panorama architettonico tradizionale italiano: ci sono le abitazioni tipiche trentine, le case coloniche del Valdarno superiore, in Toscana, i trulli pugliesi...
Il vino che si serviva nelle osterie della Capitale arrivava dai vicini Castelli Romani a bordo di carretti come quello nella foto, con due grandi ruote, timone a due stanghe, e cappotta a soffietto che serviva da riparo contro le intemperie. I carrettieri si sedevano sopra le botti, appoggiandosi su un cuscino. Viaggiavano di notte, organizzandosi in carovane per difendersi dagli assalti dei briganti. E per sorvegliare meglio il carico, portavano sempre con loro un cane volpino o un lupetto.
I coltelli con manico di corno e decorazioni in metallo facevano parte del corredo di un cacciatore: erano indispensabili per tagliare le carni e smembrare le ossa degli animali, ma all’occorrenza potevano servire anche come armi di difesa. Spesso erano custoditi in foderi di cuoio, insieme ad altri strumenti utili alla preparazione della preda abbattuta.
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Si dice apotropaico un oggetto che serviva a tenere lontano le influenze negative. Quello nella foto, non ha un aspetto vagamente inquietante? Maschere come questa venivano attaccate sopra la porta di casa: per riuscire ad allontanare la malasorte dovevano essere in grado di spaventare gli spiriti maligni e tenerli distanti dall’abitazione. Ecco perché hanno tutte espressioni mostruose, con la lingua di fuori e corna vistose. Provate a passare, se avete coraggio!
Nel mondo popolare, tamburelli, mandolini, organetti, flauti, zampogne e ocarine scandivano i diversi momenti della vita. Si suonavano durante le feste, oppure per accompagnare le ore di lavoro. Ma la musica aveva anche una funzione terapeutica e si credeva che fosse addirittura in grado di allontanare spiriti e influssi negativi. Quella che vedi qui è una chitarra battente. Si chiama così perché si suonava battendo con la mano la cassa armonica: era molto usata per accompagnare pizziche e tarantelle, due balli che secondo la credenza popolare avevano il potere di guarire dal morso della tarantola.
Il burattino della foto raffigura uno dei personaggi più popolari della Commedia dell’Arte: Pulcinella, la tipica maschera napoletana che rappresenta il tipo scansafatiche ma furbo, credulone, litigioso, sempre pronto a qualche imbroglio o a fare dispetti. Ma ogni regione ha la sua maschera tradizionale: tu quante ne conosci?
Nel museo, due grandi presepi napoletani testimoniano una delle usanze più comuni della tradizione popolare italiana, oltre a rappresentare uno spaccato di vita quotidiana tra Sette e Ottocento. I personaggi, molto numerosi, popolano scene di mercato, locande e osterie: nota la grande varietà espressiva nei loro volti e la ricchezza di particolari dell’abbigliamento, opera dell’abilità di esperti artigiani.
Ecco sotto l'immagine di due pupi, le marionette con cui si rappresentavano le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini. Nell’Ottocento, in Sicilia si affermano due tradizioni distinte, a Catania e a Palermo, con pupi un po’ diversi. Alcuni tratti però sono comuni: per esempio, la mano destra è sempre chiusa a pugno.
Buffo, vero? È un fischietto di terracotta: oggetti come questo erano usati sia come strumenti musicali e di gioco sia come oggetti magici, per allontanare gli spiriti maligni. L’uccello e il gallo sono tra le prime forme riprodotte e sono frequenti in tutta la produzione tradizionale europea ed extraeuropea.
Gli stampi e i sigilli di legno intagliato erano oggetti piuttosto comuni nella lavorazione casearia: servivano per imprimere sulla superficie dei latticini motivi decorativi che permettevano di identificare il tipo di formaggio, il produttore o la tipologia di latte impiegato. Tra i più curiosi, ci sono questi stampi per il burro, realizzati sempre in legno ma a forma di caratteristiche figure femminili, abbigliate con vesti tradizionali riccamente decorate.
Ecco uno dei gioielli del museo: la gondola realizzata per la Regina Margherita in occasione della sua visita a Venezia, nel 1882. È più grande di una normale gondola ed è decorata con figure in bronzo: c’è anche lo stemma dei Savoia! Di fianco puoi vedere il felze, la copertura che serviva per ripararsi dal freddo, dalla pioggia o dal sole.
No, non è un ricevimento in giardino: il signore della foto sotto sta... lavorando! Si tratta infatti di un venditore ambulante di acqua da bere, figura un tempo molto diffusa nel Sud Italia e oggi non più esistente. I suoi arnesi sono un panchetto di legno dipinto su cui sono disposti bicchieri e bottiglie. L’acqua era tenuta fresca in anfore di terracotta e a richiesta poteva essere aromatizzata con limone, arancia, anice o menta.
Tra gli strumenti da lavoro esposti, ne troverai molti che oggi non si usano più, rimpiazzati da arnesi e macchinari più moderni. L’aratro, per esempio, era utilizzato da oltre 10 mila anni per dissodare i campi, spesso facendolo trainare da coppie di buoi o di cavalli. Oggi è praticamente scomparso, sostituito dai trattori. Ma a ricordare la sua funzione ci sono molte foto d’epoca, come quella che vedi qui.
Forse avrai sentito dire che l’abito non fa il monaco. Una volta, però, aiutava sicuramente a capire da dove provenisse la persona che lo indossava. Guarda la raccolta di abiti tradizionali esposta nel Salone d’onore (foto sotto): per ogni regione viene presentato un costume tipico, diversi oggetti di uso quotidiano e alcuni gioielli. In più, un percorso fotografico racconta come è nata la collezione, per la Mostra Etnografica del 1911.
Per le info sul Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari clicca su questo link.
Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari non ha barriere architettoniche. Su richiesta si effettuano laboratori didattici con attività manuali per il pubblico diversamente abile.
Che aspetti? Entra, esplora, gioca e divertiti!