Focus Junior e il il Mibact, il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ti invitano a visitare il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, e a vivere un'affascinanteavventura a misura di bambini. Il museo ospita una grande collezione di tesori (i più particolari e curiosi te li illustriamo nell'articolo). E, dopo la visita raccontaci le tue impressioni qui sul sito!
Il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide
Il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, inaugurato nel giugno del 1996, sorge al centrodella vasta piana di Sibari, a nord-est degli scavi archeologici, nel comune di Cassano allo Ionio (Cs).
Il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide è stato progettato dall’architetto Riccardo Wallach: è un esempio di architettura museale contemporanea. Si estende su una superficie di 4.000 mq. e comprende 5 unità espositive, un nucleo centrale che ha il compito di organizzare gli ambienti espositivi del museo e un corpo servizi per le funzioni di ricerca, studio, restauro, conservazione. Inoltre, è sede amministrativa del Polo Museale della Calabria. L’edificio è anche fornito di una sala convegni e di una biblioteca ed è in fase di ampliamento con altre unità. Scorriamo assieme i reperti più importanti.
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Il corredo del chirurgo
Il busto femminile
L'oplita
La statuetta di bronzo dell'oplita raffigura un soldatocon un particolare elmo con alto lophos (pennacchio) e corazza decorata con spirali incise. L’esercito greco era formato soprattutto da opliti, cioè da soldati a piedi che indossavano armature pesanti. Combattevano spalla a spalla, in file serrate, in una formazione chiamata falange. Ogni oplita proteggeva il proprio fianco sinistro, e il fianco destro del compagno, con un pesante scudo rotondo di legno e metallo.
La targa in bronzo
Le incisioni sulla targa in bronzo esposta al museo della Sibaritide sono in alfabeto acheo, un sistema di scrittura arcaico con andamento retrogrado, cioè che procede da destra verso sinistra. Ci raccontano la storia del giovane atleta sibarita kleombrotos: rientrato a Sibari dalla Grecia dopo aver partecipato ai giochi che si tenevano a Olimpia (per questo si chiamano Olimpiadi!), kleombrotos dedicò la targa alla dea Atena e le donò la decima parte dei premi vinti, come aveva promesso prima di partire se la dea lo avesse sostenuto in gara.
A Sibari, oltre ai bagni pubblici, considerati essenziali in ogni città, già si faceva uso di vasche da bagno domestiche, dove potersi lavare comodamente. Nel museo ci sono due esempi di vasche in argilla, con sedile e incavo per i piedi e bordi sagomati.
Il grande vaso globulare
Le anfore da trasporto
Il frammento di vaso a figure nere
Uno dei modi che abbiamo per conoscere i Greci è osservare le figure che dipingevano sui loro vasi. Sul frammento di vaso a figure nere conservato nel museo è rappresentata una battaglia: soldati a piedi armati di lancia (opliti) che corrono, un auriga (guidatore di carro) e un soldato a terra, sopraffatto da cavalli in corsa. A quei tempi le guerre erano molto frequenti e in genere tutti i cittadini, dai diciotto ai cinquant’anni, erano chiamati alle armi.
L'arula
L'arula è un piccolo altare votivo in argilla, con un rilievo che raffigura due pantere che azzannano un cinghiale. Rappresentazioni zoomorfe come questa avevano un particolare significato allegorico: il felino simboleggia il sovrano dominante che sottomette il nemico, rappresentato dal cinghiale.
I pithoi
I grandi vasi di argilla che i Greci chiamavano pithoi e i Romani dolia, erano realizzati in più pezzi e poi assemblati. Per coprire i loro punti di unione, l’artigiano passava la mano sull’argilla fresca con un movimento orizzontale, a seguito del quale si formavano dei solchi che avevano anche funzione decorativa. Questi vasi venivano interrati per conservare gli alimenti al fresco: nei pithoi si tenevano infatti grano, orzo, legumi, olio e vino. Quelli che vedi nel museo contenevano olio e hanno una capienza di circa mille litri: segno che fin dai tempi più antichi nella Sibaritide c’era una ricca produzione di olio d’oliva.
Il vaso miceneo
Prima della colonizzazione greca della seconda metà dell’VIII sec a.C., parti della Calabria e della Basilicata erano abitate dagli Enotri, gente laboriosa e pacifica che intratteneva rapporti commerciali con popoli che venivano da molto lontano. Dai Micenei, gli Enotri impararono a depurare la ceramica, a usare il tornio per modellare eleganti vasi e a decorarli con fasce di colore rosso o bruno, così come si faceva in Grecia.
Il pendaglio in bronzo
Nel museo sono conservati oggetti di ogni tipo che, resistendo all’usura del tempo, ci parlano di chi li ha fatti e posseduti. Tantissimi anni fa, accessori in bronzo come quello nella foto sono stati indossati da donne enotrie, per abbellire i loro vestiti e le loro cinture. Il bronzo, che si ottiene fondendo insieme rame e stagno, era il metallo ideale per realizzare gioielli particolari e ricercati. Ci sono forme semplici e delicate e oggetti più complessi, come per esempio un pendaglio che ricorda uno xilofono.
La moneta di Sybaris
La moneta di Sybaris porta impresso un toro, simbolo della fertilità del suolo, con la testa rivolta all’indietro. Si tratta di una moneta incusa: cioè, mentre sul dritto la figura del toro è in rilievo, sul rovescio risulta incavata. Le prime monete, che sostituirono il baratto, facilitando così i commerci, apparvero in Asia Minore intorno al 690 a.C. e Sybaris fu una delle prime città della Magna Grecia a coniarne di proprie e a farne largo uso.
Come raggiungere il museo