Focus Junior e il Mibact, il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ti invitano in un percorso creato apposta per i bambini in uno dei più bei musei d'Italia. Oggi scopriremo il Museo archeologico nazionale di Cividale del Friuli.
Ti proponiamo una caccia al tesoro. Divertiti a cercare tanti preziosi capolavori esposti al museo. Ti segnaliamo i più particolari e curiosi nell'articolo. E dopo la visita, non dimenticarti di tornare qui a scrivere le tue impressioni tra i commenti alla fine dell'articolo!
Dal 1990, il Museo Archeologico Nazionale di Cividale ha sede nel Palazzo dei Provveditori Veneti, costruito a partire dal 1559 sulle rovine del precedente Palazzo dei Patriarchi. Secondo la tradizione, il disegno dell’edificio cinquecentesco porterebbe la firma di Andrea Palladio.
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QUESTO MUSEO CUSTODISCE DEI TESORI! PERCORRI LE SUE SALE, AGUZZA LA VISTA E SCOPRINE I SEGRETI: TROVERAI OGGETTI INCONSUETI E STRAORDINARI
Il museo è nato nel lontano 1817, per accogliere gli oggetti raccolti dal conte Michele della Torre, canonico cividalese e appassionato studioso di storia e archeologia. Oltre ai numerosi reperti d’epoca romana, il museo ospita una ricca sezione longobarda, con oggetti provenienti dalle necropoli di Cividale e del suo ducato. Nei sotterranei, infine, si nasconde una vasta area archeologica visitabile, che conserva i resti del Palazzo dei Patriarchi, di età alto e basso medievale.
Nei sotterranei del museo sono stati trovate le vestigia del Palazzo Patriarcale: fino al 1238, infatti, Cividale fu la sede principale dei Patriarchi di Aquileia. Tra i reperti, un pavimento a mosaico con motivi geometrici in bianco e nero, molto simile a quello dell’episcopio di Aquileia, del IV - V secolo, fa pensare a una datazione piuttosto antica del palazzo. L’ipotesi è avvalorata anche dal rinvenimento, nel 2008, di due sepolture infantili altomedievali che hanno intaccato il pavimento musivo.
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Questo monumento funebre ricorda Tito Titinio Iuliano, timoniere della Fortuna, una nave romana con quattro ordini di rematori, di stanza nell’alto Adriatico. Dall’iscrizione sappiamo anche che Tito era di origine egiziana e che morì all’età di 42 anni. La stele fa parte della collezione di reperti epigrafici ed archeologici, tra cui bellissimi vasi e manufatti vitrei di epoca magno-greca e romana, messa insieme dal nobile udinese Pietro Cernazai (1804-1858).
Nel museo è presente una copia del IX secolo della storia dei Longobardi scritta da... uno di loro: Paolo di Warnefrido. Era nato a Cividale, da famiglia nobile, e si era formato prima alla corte del re Ratchis e poi alla scuola del monastero di S. Pietro in Ciel d’Oro. Dopo il crollo del regno longobardo, nel 744, passa alla corte di Carlo Magno, come maestro di grammatica.
Questa bellissima testa di divinità decorava... il fondo di una piscina! Si tratta infatti del pavimento a mosaico di una vasca termale, in una lussuosa domus della romana Forum Iulii. Probabilmente raffigura il dio Oceano: lo si capisce dalla coppia di antenne e dalle chele fra i capelli, che richiamano il legame con le creature marine, e dai due delfini che sembrano uscirgli dalle orecchie.
È una tavoletta in avorio, incorniciata da lamine d’argento dorato decorate a sbalzo e da pietre dure e madreperla, che raffigura la scena della Crocifissione. In origine era la copertina di un Vangelo della seconda metà del IX secolo: la scritta ursus dux indica forse il committente. La copertina del libro fu poi staccata e usata come “Pace”, uno strumento liturgico che veniva offerto al bacio dei fedeli prima della comunione. Forse è per questo che il volto di Gesù è quasi del tutto scomparso.
Formelle di marmo come questa abbellivano la facciata del Palazzo Patriarcale nel XII sec. Erano scolpite a bassorilievo con soggetti animali, secondo un’iconografia di derivazione orientale che arrivava da Bisanzio. Qui si vede un cane che azzanna un essere mostruoso, con corpo di bestia e testa umana cornuta: è il diavolo che viene sconfitto dal bene.
Bratteato significa sbalzato a martello: una tecnica orafa abbastanza elementare. Il cavaliere raffigurato nel disco d’oro che devi cercare in una delle sale, è il simbolo stesso del nostro museo: è rappresentato a cavallo, munito di scudo rotondo e di lancia, con la testa protetta dall’elmo, e simboleggia la parte più alta della società longobarda, quella dei capi militari legati ai duchi e alla corte del re. L’ornamento forse decorava una spilla ed è stato realizzato secondo la tradizione germanica, appiattendo una moneta romana su una matrice di bronzo o legno in cui è inciso ad altorilievo il disegno.
Noti niente di strano nella foto sotto? C’è lo scheletro di un cavallo! L’usanza dei Longobardi di seppellire il cavaliere insieme al suo animale è documentata anche in altri luoghi fuori d'Italia. Per la religione germanica, il cavallo serviva al defunto per galoppare verso il Walhalla. Ma se era senza finimenti, come in questo caso, probabilmente era un dono che sottolineava l'importanza del defunto.
Ecco un reperto avvolto nel mistero. Si tratta di una testa d’uomo, rinvenuta nel foro di Iulium Carnicum (oggi Zuglio in Carnia) insieme ad altri elementi bronzei, già preparati per essere fusi. I dettagli sono resi nei minimi particolari (si vede perfino la barba di pochi giorni), ma dell’identità dell’uomo ritratto non sappiamo nulla.
C'è nel museo un corredo funebre molto particolare, proveniente dalla necropoli di S. Stefano. Insieme alle consuete armi, infatti, è stato trovato un set completo di pedine: circolari in corno di cervo per un gioco simile al backgammon, quadrate in osso per un gioco di cui si è persa memoria. C’era anche una coppia di dadi per giochi d’azzardo! Evidentemente, il nobile longobardo a cui appartenevano era un appassionato giocatore.
Nel museo puoi ammirare anche una delle più importanti raccolte di monete di età longobarda (aurei), seconda solo a quella del British Museum di Londra. Comprende 56 tra tremissi e solidi d’oro, alcuni dei quali rarissimi, esposti in ordine cronologico e raggruppati per serie o autorità emittenti. L’insieme dà un quadro completo della monetazione aurea dei Longobardi.
Questo bicchiere è stato realizzato al tornio e poi decorato con stampigliature geometriche. La ceramica longobarda si riconosce facilmente: oggetti come questo, con decorazioni impresse a crudo da punzoni o steccature, costituiscono un sicuro indicatore cronologico, dato che in Italia furono prodotti solo dalla metà del VI secolo alla metà del successivo.
La croce che vedi qui sotto, decorata a sbalzo con il disegno di testine umane e pietre semipreziose, ornava il sudario di un personaggio importante, forse un duca, sepolto in una tomba monumentale. Le croci auree sono state adottate dai Longobardi in Italia, a seguito dell’influenza di tradizioni cristiane, mediterranee e bizantine: erano cucite sul velo che copriva il volto del defunto.
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