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La storia della pizza

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Intervista immaginaria alla pizza per scoprire la sua origine

Buongiorno a tutti i focusini,
oggi abbiamo la fortuna di intervistare uno degli alimenti più amati da grandi e piccini e che è uno dei simboli dell’Italia in tutto il mondo: la pizza.

È estremamente semplice, ma gustosissima. È un disco di pasta ottenuto con farina, acqua, olio e lievito, al di sopra del quale possono essere posti diversi ingredienti, prima o dopo la cottura nel forno a legna. Le pizze più tradizionali sono la “marinara”, fatta con pomodoro, olio, basilico e origano e la “margherita” fatta con pomodoro, mozzarella, olio e basilico.
Oggi la pizza è condita davvero con tutto: salumi, salsiccia, tutti i tipi di formaggio, mais, panna, ortaggi, verdure… il limite è, davvero, solo la fantasia. In America ci mettono addirittura l’ananas. Ultimamente è di moda anche la pizza “gourmet”, condita, cioè, con ingredienti e farine particolari e presentata in modo molto elegante. Anche se tutti noi focusini la conosciamo, l’abbiamo mangiata almeno una volta nella vita, conosciamo davvero la sua storia? Oggi abbiano la fortuna di interrogare una pizza margherita che ce la racconterà.

 

D: Grazie di essere qui con noi e di farti conoscere un po' da tutti noi. A quando risale la tua origine?

R: Buongiorno a tutti voi focusini e grazie a voi tutti dell’opportunità di farmi conoscere un po' meglio, oltre che farmi divorare con gusto da tutti voi. Dovete sapere che ho origini antichissime. La mia storia inizia nel lontanissimo neolitico. Sembra difficile da credere, ma è così. Già millenni fa, in quel periodo, nel Vicino Oriente, gli uomini, poco dopo la nascita dell’agricoltura e della coltivazione dei cereali, cominciarono trasformare i chicchi in farina. Impastavano, poi, la farina con acqua per ottenere un disco di polenta di cereali tostati e macinati o di pane azzimo da cuocere sulla pietra. Ero, però, una schiacciata di farina completamente diversa dalla pizza che voi tutti focusini gustate oggi. Ciò che preparavano non era realizzato, infatti, con farina di grano duro, non aveva alcuna lievitazione e la cottura avveniva direttamente sul fuoco o su pietre roventi. Come sapete il mio impasto è, invece oggi, fatto con olio, sale, farina e lievito e sono lievitata.

D: Iniziamo dal lievito. Chi lo scoprì?
R: Il lievito fu scoperto dagli antichi Egizi. Si dice che avvenne per puro caso, grazie a un pezzo di pane ammuffito. Gli antichi Egizi scoprirono che la lievitazione rendeva gli impasti di cereali schiacciati o macinati, dopo la cottura, più morbidi, più leggeri, più gustosi e più digeribili. L’impasto era, però, ancora molto diverso da quello della pizza attuale, poiché mancavano ancora tutti gli altri ingredienti.
D: Quando e da chi è stata scoperta la farina?
R: La farina è stata scoperta dai contadini nell’Antica Roma. Loro cominciarono ad incrociare i diversi tipi di farro conosciuti creando la farina. Il nome farina deriva da “far”, che in latino vuol dire proprio farro. Loro impastarono anche la farina di chicchi di frumento macinati con acqua, erbe aromatiche e sale, creando la prima forma di focaccia. Sempre agli antichi romani si deve la mia forma rotonda. Utilizzavano dei veri e propri dischi di rame per contenere le focacce e farle poi cuocere sulla cenere del focolare. Mancano, però, ancora tantissimi ingredienti, per essere la pizza che conoscete voi e, perciò, la mia storia è ancora lunga. Allora ero solo usata come un piatto da portata mangiabile su cui si mettevano le varie pietanze cucinate. Non ero ancora chiamata neanche pizza. Sapete da dove deriva il mio nome?
D: No. Da dove deriva il nome pizza?
R: Deriva da un antico termine longobardo, del VII dopo Cristo: “bizzo”, ovvero morso. È, però, solo verso l’anno Mille, che si trovano i primi documenti ufficiali col mio nome “pizza”. In alcuni documenti della Curia Romana del 1300, si parla, infatti, di “pizis” e “pissas” riferendosi ad alcuni tipici prodotti da forno, diffusi in quel periodo, nel centro-sud d’Italia. Fino a quel momento ero sempre e solo un disco di cereali macinati lievitati con pizza. In quell’epoca ero solo una schiacciata di farina di frumento impastata e condita con aglio, strutto e sale grosso.
Nel 1535, finalmente, nella sua “Descrizione dei luoghi antichi di Napoli”, il poeta Benedetto Di Falco dice che la “focaccia, in Napoletano è detta “pizza”. Compre, perciò, per la prima volta, il mio nome.
Ora la mia evoluzione si concentra proprio a Napoli. Anche se ho il nome “pizza”, però, sono ancora molto diversa da quella che voi tutti amate. Devo cambiare ancora tanto per essere la pizza che mangiate con gusto voi tutti. Allora ero semplicemente un disco farcito che cuocevo in forno mentre questo raggiungeva le temperature adatte a cucinare pani di grandi dimensioni che potevano sfamare le famiglie. Non avevo ancora l’identità e l’importanza che ho oggi e mi mancava ancora l’olio, il pomodoro e la mozzarella

D: Quando è stato introdotto l’olio di oliva?
R: Nel 1500, l’olio sostituisce lo strutto ed i pizzaioli napoletani ci aggiungono il formaggio e le erbe aromatiche. E così, agli inizi del 1600, fa la sua apparizione la prima antica pizza napoletana: la pizza alla Mastunicola. Ero chiamata così, perché in dialetto significa “maestro Nicola”, dal pizzaiolo che mi inventò. Il nome, ha però anche un altro significato: Mastunicola deriva da Vasinicola, che in dialetto napoletano significa basilico. Contenevo, infatti il basilico che mi rendeva non solo era buonissima, ma anche profumatissima. Mancano, però, ancora alcuni ingredienti. Iniziamo dal pomodoro.
D: Quando viene aggiunto il pomodoro?
R: Nel 1600 questo ingrediente non mi condiva ancora. Ero fatta ancora di pasta per pane cotta in forni a legna. Ero condita con aglio, strutto e sale grosso, oppure, nella versione più “ricca”, con caciocavallo e basilico. È solo quando Cristoforo Colombo scopre l’America che il pomodoro da lì viene portato prima in Europa, poi in Italia ed infine a Napoli. Il pomodoro, quello tondo di Cristoforo Colombo, giunse attraverso la Spagna nel Seicento, ma intorno al 1770 fu sostituita con il pomodoro lungo, proveniente dall’America latina, in dono al Regno di Napoli dal Vicereame del Perù. La coltivazione di questo tipo di pomodoro divenne sempre più diffusa a Napoli, dove la fertilità del terreno vulcanico produsse una saporitissima varietà. Il pomodoro fu dapprima usato solo a scopo ornamentale, successivamente venne usato in cucina come salsa cotta con un po’ di sale e basilico per condire la pasta, mentre solo molto più tardi venne a condirmi. Manca, però, ancora la mozzarella.
D: Quando viene usata la mozzarella?
R: È usata solo nel 1800. La produzione di questo latticino fu stimolata nei laboratori della Reale Industria della Pagliata delle Bufale di Carditello, la tenuta di caccia che Ferdinando IV nel 1780 trasformò in un innovativo laboratorio di circa duemila ettari per l’allevamento di bufali. Ci sono ora tutti gli ingredienti che mi compongono. La prima ricetta in cui compaio come mi conoscete oggi, è presente in un trattato napoletano del 1858, che descrive il modo in cui in quegli anni si prepara la “vera pizza napoletana”. Io nascerò solo qualche anno più tardi.
D: Dove e quando nasci?
R: Nella seconda metà del 1800, a Napoli, sono diffusissima sia tra il popolino, sia tra baroni, principi e re tanto che sono gustata con piacere durante i ricevimenti regali dei Borboni. Dopo che i pizzaioli napoletani avevano diffuso la pizza in molti modi e condimenti tra la popolazione, io Pizza Margherita “nasco ufficialmente” nel 1889, quando i sovrani d’Italia re Umberto I e la regina Margherita vanno a visitare Napoli. Durante la loro passeggiata, i regnanti furono accolti da Raffaele Esposito che era il miglior pizzaiolo dell’epoca della pizzeria “Pietro… e basta così”, fondata nel 1880 da Pietro Colicchio, oggi “antica pizzeria Brandi”, nei pressi di Palazzo Reale. La storia racconta che la sera dell’11 giugno 1889, nelle cucine reali della Reggia di Capodimonte, Esposito avrebbe infornato tre diversi tipi di pizza per omaggiare la visita del re Umberto di Savoia e della regina Margherita, la quale ne avrebbe fatto espressa richiesta. Lui ne realizzò per loro in tre versioni classiche: la pizza alla Mastunicola (strutto, formaggio, basilico), una con pomodoro, aglio, olio, origano ed un’altra con pomodoro, olio, mozzarella, cui la moglie di Esposito, Maria Giovanna Brandi, avrebbe aggiunto una foglia di basilico. La regina piemontese avrebbe gradito quella evocante i colori della bandiera italiana: verde il basilico, bianco la mozzarella e rosso il pomodoro. La sovrana apprezzò così tanto che il pizzaiolo fu diede il nome della regina all apizza: “Pizza Margherita”. Questa è la storia della mia nascita.

D: Quando e perché la pizza si è sviluppata proprio a Napoli?
R: È tra il 1700 e il 1800 che mi lego fortemente alla città di Napoli. In quegli anni Napoli era una città molto popolata, si mangiava in maniera rapida un cibo cotto in pochi istanti, nutriente, semplice da trasportare, ma soprattutto economico. Io ero il cibo per le fasce di popolazione meno ricche e sono diventa pian piano tanto popolare da spingere ad aprire i primi forni dedicati esclusivamente alla cottura di questi dischi di pasta: nascono le prime pizzerie, chiamate inizialmente pizzarie. Dai forni affacciati sulla strada, ero preparata in gran quantità ed ero conservata in stufe di metallo ed ero poi venduta agli angoli delle strade. I napoletani mi mangiavano anche fredda, piegandomi a libretto. I forni mi producevano dalle prime ore della mattina fino a tarda sera per sfamare una città che trovava in me, l’alimento più facilmente consumabile e molto economico. Ben presto, diventai molto famosa anche tra le classi più ricche e nobili e perfino dai re, come vi ho detto. Il mio nome è proprio di una regina, come vi ho raccontato.
D: Come ti sei diffusa da Napoli nel mondo?
R: Tra l’Ottocento ed il Novecento, sono ormai famosissima e diffusissima. Nel tempo sono state prodotte varianti di pizza di qualsiasi genere, per tutti i gusti. La mia larga diffusione in tutta l’Italia e in tutto il mondo si ha dopo la Seconda Guerra Mondiale. Esco dai confini dell’Italia meridionale e arrivo al nord d’Italia con il boom industriale che porta migliaia di contadini del sud ad emigrare al nord in cerca di lavoro. Questi portarono con sé, le loro famiglie, le loro tradizioni e i loro cibi. Portarono anche me con loro e, così, anche nelle città del nord comparvero le prime pizzerie che piacquero ben presto, furono aperte praticamente in tutto il Paese. Inoltre gli Italiani, dopo la Seconda Guerra Mondiale, emigrarono anche in America in cerca fortuna e mi portarono con sé anche lì e si aprirono le prime pizzerie. In realtà i soldati Americani mi avevano già conosciuta e gustata, quando erano venuti in Italia durante la seconda guerra mondiale. In America riscossi un grosso successo in breve tempo, però mi cambiarono molto a loro piacimento sia per il modo di cottura sia per gli ingredienti con cui sono ricoperta, compresa l’ananas. Oggi dalla Cina al Medio Oriente, dall’Europa dell’est all’America del sud, tutti non sanno più fare a meno di me e sono uno degli alimenti più conosciuti al mondo.
D: Hai avuto riconoscimenti?
R: Sì. Ho avuto un grandissimo ed importantissimo riconoscimento. La pizza napoletana, dal 7 dicembre 2010 ha avuto il riconoscimento di  Speciale Tradizione Garantita, in Corea del Sud. Dopo 8 anni e 2 milioni di firme in 50 paesi, nel 2017, il 12° Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, mi ha conferito il riconoscimento di patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Per potersi fregiare di tale marchio, devo essere preparata con ingredienti e metodiche così codificate:
“La «Pizza Napoletana» si presenta come un prodotto da forno tondeggiante, con diametro variabile che non deve superare 35 cm, con il bordo rialzato (cornicione) dorato spesso 1-2 cm. La parte centrale deve essere spessa 0,3 cm e deve presentare una farcitura, dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l'olio e, a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, più o meno scuro per la cottura. La consistenza della Pizza Napoletana deve essere morbida, elastica, facilmente piegabile; il prodotto deve essere morbido al taglio, dal sapore caratteristico, sapido, derivante dal cornicione, che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro, all'aroma, rispettivamente, dell'origano, dell'aglio o del basilico, e al sapore della mozzarella cotta. La pizza, alla fine del processo di cottura, emanerà un odore caratteristico, profumato, fragrante.” Solo così, sono la vera pizza napoletana.
VI ringrazio per l’attenzione. Vi saluto tutti e ora che sapete tutto di me, non vi resta che gustarmi…..

Ringraziamo la pizza margherita per la sua disponibilità e per averci fatto conoscere meglio la sua storia. Come ci ha detto la pizza margherita, ora c’è una sola cosa da fare… corriamo a divorare una squisita pizza margherita. Alla prossima carissimi amici focousini.

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