C’era una volta un bambino con dei meravigliosi occhi turchesi e i capelli castani. Si chiamava Filippo e viveva a New York insieme a suo padre, poiché i genitori si erano lasciati poco dopo la sua nascita. Filippo era molto bello, ma non di certo stupido. Amava infatti andare a scuola: eseguiva i compiti, studiava molto e partecipava alla lezione. Uno studente modello. Sì certo, ma anche simpatico.
Un bel giorno primaverile Filippo non riusciva a concentrarsi perché aveva un forte dolore alla testa. Lo disse al padre, aggiungendo: ”Non ti preoccupare, passerà”. Il padre però non era molto convinto e disse: “Se non passa proviamo la febbre”. A Filippo non passava e, ogni giorno, si faceva sempre più stanco; aveva un pessimo aspetto e il mal di testa continuava a tormentarlo, sempre più forte, sempre di più.
Un giorno Filippo tornò a casa come sempre: spossato, stanco e con le occhiaie e, mentre mangiava la sua porzione di pasta al sugo, il padre disse, con tono che non ammetteva repliche: “Oggi ti provo la febbre”.
Il termometro, che se ne stava lì nel terzo cassetto dei medicinali, continuava a borbottare:
E l’amuchina ribadiva: “Non rompere! Anche io ho a che fare con mani sudaticce ed umide, ma non mi lamento mica!”. Il cortisone commentava: “Voi due, non mi rompete le scatole, sennò vi butto giù!”.
Le caramelle per la gola stridevano: “Ma che ci devi fare, noi dobbiamo pure convincere i batteri ad andarsene dalla gola! Siamo indebitate fino al collo!”. Il termometro rimbeccava: “Ma se non ce l’hai un collo, cretina!”.
La decisione era stata presa: Filippo doveva provarsi la febbre.
“Ah, guarda! Mi mancava molto sentire la dolce brezzolina delle ascelle di un bambino!” diceva il termometro e mentre lo diceva la sua temperatura arrivava a 42°.
Finito di pranzare il padre provò la febbre Filippo e il termometro fece salire la temperatura a 38° sghignazzando: “Sento odore di vendetta”. L’amuchina gridava: “Ma che stai a fare! Se respiri a pieni polmoni, dovremo operarti di Puzzolentite Acuta!”. Il termometro rispondeva: “Io son genio, io son genio, mai nessun più mi intossicherà trallallero trallallà!”.
Il papà disse: “Corri a letto, devo prepararti il tè caldo” e ripose il termometro nel terzo cassetto del comò ma Filippo piangeva e piangeva: voleva tornare a scuola!
Il padre però non si scompose. Dopo qualche notte insonne, il termometro annunciò: “Basta, basta!”. L’indomani Filippo si provò la febbre, ed il termometro fece scendere la temperatura a 36.4°. Filippo potè così tornare a scuola!
Giorgia